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Ucraina: Ambasciatore Russia querela «La Stampa» per istigazione a delinquere

25-03-2022 11:52 - Ambasciate
L'amb Sergey Razov nella conferenza stampa all'aperto davanti la cittadella della giustizia L'amb Sergey Razov nella conferenza stampa all'aperto davanti la cittadella della giustizia
Amb. Sergey Razov Amb. Sergey Razov
GD - Roma, 25 mar. 22 - L'ambasciatore russo in Italia Sergey Razov ha presento in Procura della Repubblica a Roma un esposto per istigazione a delinquere ed apologia di reato in relazione ad un articolo pubblicato il 22 marzo scorso su 'La Stampa”. «Nel titolo si considera la possibile uccisione di Putin . Questo è fuori etica, morale e regole del giornalismo. Chiedo alla magistratura Italiana di esaminare questo caso, confido nella giustizia di questo Paese», ha detto il diplomatico di Mosca, intessendo poi una serie di dichiarazioni alla stampa, convocata di buonora alla cittadella giudiziaria di Roma, senza però la possibilità dei giornalisti di fare domande. Insomma un monologo, se non addirittura uno show. Ignorando quello che ci sottopongo le immagini di diverse fonti non omologate, come è tradizione della nostra seppure traballante democrazia, ove vige uno pluralismo di opinioni e informazioni.
L'amb. Razov ha confutato quello che è sotto gli occhi di tutti. Ne è eloquente testimonianza una frase affidata dall'amb. Razov ai cronisti: «La Russia non sta attaccando i civili nella città ucraina di Mariupol o in altre località, ma seguendo le indicazioni del presidente Vladimir Putin di colpire solo siti militari». Ed ancora: «È necessario valutare con molta attenzione quanto sta accadendo a Mariupol. Per quel che riguarda la popolazione che è presente a Mariupol e nelle altre città, i militari russi stanno proponendo di aprire dei corridoi umanitari per consentire a queste persone delle aree. Dovreste sentire ambedue le parti e non seguire solo i messaggi propagandistici della parte ucraina». Dimenticando di dire che i corridoi umanitari sono solo verso la Russia! E proprio mentre parlava liberamente con la stampa italiana a Mariupol le truppe russe bombardavano con missili l'ospedale di Mariupol causando molti morti tra i ricoverati.
Frammischiando toni severi e concilianti, a proposito dei rapporti tra Italia e Russia il diplomatico ha sostenuto che «le crisi vanno e vengono, gli interessi nazionali restano. L'interesse è mantenere rapporti normali e lavoriamo per questo obiettivo. In questi anni io e miei colleghi abbiamo fatto di tutto per costruire ponti, ma adesso con rammarico viene rivoltato quello che è stato fatto».
Poi, ignorando che sono state le armate russe a valicare i confini con l'Ucraina e invadere e distruggere il Paese, il diplomatico ha sostenuti che «l'operazione finirà quando saranno raggiunti gli obiettivi definiti dal presidente Putin prima dell'avvio». Anzi, l'amb. Razov, ha lamentato le «drastiche le sanzioni imposte alla Russia per lo scoppio della guerra. Dal 2014 esse sono state oltre 5.000 contro la Russia, impossibili da calcolare. La logica non corrisponde a nessuna analisi».
E poi ancora un segnale all'Italia: «Ci preoccupa che gli armamenti italiani saranno utilizzati per uccidere cittadini russi», ha affermato l'ambasciatore russo in Italia, ricordando poi che il «Parlamento italiano ha preso la decisione di inviare armi all'Ucraina nel giorno del primo round di trattative a Gomel». Ed ha quindi evidenziato che «in Ucraina vengono distribuite migliaia e migliaia di armi ai cittadini e non si sa come saranno usate».
Non poteva mancare un accenno, ovviamente di parte, sulla questione dell'eventuale ricorso russo all'armamento nucleare: «Non ho visto nessuna minaccia in questa dichiarazione, soltanto una riflessione di scenari possibili in caso di minacce per la sicurezza nazionale russa».
Infine l'amb. Razov ha voluto dire la sua sulla questione della nutrita e ora discussa missione “sanitaria” russa in Italia durante il Covid. «Al popolo italiano è stata offerta la mano d'aiuto e se qualcuno morde questa mano non gli fa onore», ha dichiarato Razov. Sulle polemiche degli ultimi giorni, l'ambasciatore ha affermato che sono riemerse «per motivi di politica interna, ma noi non interferiamo negli affari di un Paese», non nascondendo «vergogna e rammarico per questa caccia alle streghe». La missione, ha precisato ancora, «ha agito a Bergamo e Brescia ed i russi che ne facevano parte hanno fatto soltanto quello che gli è stato detto di fare. La missione sin dall'inizio da parte nostra è stata annunciata come assolutamente gratuita e se ricordo bene sono arrivati in Italia 16 o 17 cargo militari e più di 100 persone tra medici ed esperti».
Da parte sua Massimo Giannini, direttore responsabile del quotidiano torinese "La Stampa", ha replicato all'esposto dell'amb. Razov: «Respingiamo con forza la lezione dell'ambasciatore russo Razov perché siamo sereni su quello che pensiamo e scriviamo, siamo un giornale libero che cerca di raccontare i nudi fatti. Un giornale che ha anche le sue idee e le propugna, le idee della liberal democrazia contro tutte le autocrazie».
Ed ha aggiunto: «Solo nel mondo alla rovescia di Santa Madre Russia, quella che piace a Putin, può accadere che un ambasciatore di un Paese che ha decretato la più sporca guerra contro una democrazia liberale possa intentare una causa contro un giornale, responsabile solo di raccontare quello che sta succedendo in quel Paese, dove appunto la Russia di Putin ha lanciato un'offensiva, 'operazione militare speciale' come la chiamano loro, che in realtà è una guerra vera che sta facendo vittime soprattutto tra i civili, sta distruggendo città, bombardando ospedali, scuole, aziende, palazzi qualunque cosa ci sia nell'orizzonte nefasto che secondo Putin va ricondotto a unità, come è successo a Grozny o ad Aleppo».
Giannini ha poi ricordato i due episodi dei giorni scorsi: la prima pagina con la foto che ritraeva una strage in Donbass con il titolo”'La carneficina”, «che non attribuivamo a nessuno, perché ci sta a cuore dimostrare la mostruosità della guerra», e poi l'articolo di Domenico Quirico «che raccontava una tesi ricorrente su tutti gli organi di informazione occidentali e non, e anche in molte cancellerie, secondo cui forse la cosa migliore sarebbe uccidere il tiranno, assassinare Putin. Ma Quirico articolava questa tesi», ha spiegato il direttore del 'La Stampa', «e concludeva: chi la sostiene si illude, perché se anche si potesse uccidere il tiranno, le cose peggiorerebbero ancora. Eppure questo è bastato per far dire a Razov che abbiamo aizzato a uccidere Putin, l'esatto contrario di quello che avevamo scritto». Giannini ha scritto ancora: «Questa è la Russia di oggi, guidata da un autocrate che chiude giornali e radio, che non possiamo dire faccia uccidere, ma succede, i giornalisti scomodi al regime. Un Paese in cui la libertà di informazione è declinata nella chiave utile sempre e soltanto alla verità del regime».
Giannini chiude il suo editoriale leggendo un brano del libro 'La Russia di Putin' di Anna Politkovskaja, «grande giornalista che ha avuto il coraggio di raccontare le malefatte del regime e ha pagato con la vita. 'Vogliamo essere liberi, perché amiamo la libertà', scrive. Anche noi la amiamo e continueremo a difenderla nonostante tutte le minacce e le intimidazioni, perché sappiamo di stare dalla parte giusta della storia».
«Consiglio all’ambasciatore russo di scegliere un traduttore di qualità migliore», ha detto Domenico Quirico, il giornalista autore dell’articolo incriminato, parlando con l’agenzia LaPresse. «È evidente che c’è stato un errore di traduzione o di comprensione dell’articolo», ha continuato il giornalista che poi ironizza: «Spero che quando la Russia scriverà trattati diplomatici si affiderà ad un traduttore migliore».
Le dichiarazioni dell'amb. Razov hanno sollevato numerose reazioni critiche e in difesa della libertà di stampa. Da parte sua il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha dichiarato: «La Stampa, come tutti i nostri organi di informazione, fa il suo mestiere: raccontare quello che succede, comprese le atrocità della guerra in Ucraina. In Italia la libertà di stampa è intoccabile. Avanti senza censure. Solidarietà a Massimo Giannini e alla sua redazione».


Fonte: Redazione
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