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XII Rapporto annuale "Cina 2021. Scenari e prospettive per le imprese"

20-07-2021 12:11 - Economia
GD - Milano, 20 lug. 21 - Una Cina che continua a puntare sui consumi interni, dove crescono gli investimenti stranieri e che fa registrare all'export Made in Italy un balzo del 55% nel primo quadrimestre del 2021. È il ritratto che emerge dal XII Rapporto annuale "Cina 2021. Scenari e prospettive per le imprese", pubblicato e presentato oggi dalla Fondazione Italia Cina. La guida, elaborata dal Centro Studi per l'Impresa della Fondazione Italia Cina CeSIF, presenta gli scenari politici, economici e di accesso al business in Cina, con un approfondimento dei settori di maggior interesse per le imprese italiane e delle opportunità di investimento per le imprese cinesi in Italia.
Dopo un difficile 2020, la persistente emergenza sanitaria rende ancora oggi estremamente complicato viaggiare e lavorare in Cina. Questa situazione rafforza la spinta verso i consumi interni, sponsorizzata anche per questioni strategiche dal governo di Pechino, che pur continua a tenere d'occhio gli scambi con il resto del mondo, come previsto dalla strategia della Dual Circulation. Considerate la continua crescita degli acquisti cinesi in patria e la contingente difficoltà di spostamento delle persone, diventa un imperativo per le aziende italiane - soprattutto per le PMI - raggiungere i consumatori cinesi nel loro Paese e riuscire a distribuire i propri prodotti in Cina.
"La Cina è già, e lo sarà ancor più nei prossimi anni, uno dei grandi protagonisti della ripresa post Covid-19", come si legge nella prefazione firmata dal presidente della Fondazione Italia Cina, Mario Boselli. "Sappiamo bene che quanto accade lì ha effetti immediati e profondi anche sugli altri Paesi e siamo sicuri che la ripartenza cinese sarà ben presto seguita da una ripartenza a livello mondiale. Abbiamo bisogno di essere pronti per quanto accadrà a breve termine, quando ripartiranno quelle iniziative e quegli eventi che ci permetteranno di interagire di nuovo con un mercato così promettente".
L'edizione 2021 del "Rapporto annuale" è composta da 296 pagine, 188 grafici e 25 tabelle. La pubblicazione prevede sette sezioni: le prime cinque riportano un'analisi di rischio Paese da un punto di vista politico, macroeconomico e di business environment. La sesta espone le principali implicazioni e opportunità settoriali per le imprese estere in Cina, con particolare riferimento a quelle italiane. Nello specifico sono analizzati 10 settori: alimenti e bevande, sanitario, retail, beni di lusso, protezione ambientale, prodotti chimici, macchinari, automotive, media e intrattenimento, arredamento. L'ultimo capitolo presenta i temi del turismo cinese e dell'incoming di studenti dalla Cina.
La Fondazione Italia Cina (http://www.fondazioneitaliacina.it/) è un'organizzazione no profit che supporta istituzioni e imprese con l'obiettivo di promuovere gli scambi economici, politici e culturali tra Italia e Cina. Lavora per creare un migliore contesto economico per le imprese italiane che operano con la Cina e un ambiente più ricettivo per le imprese cinesi in Italia. Fornisce informazioni e analisi sulla Cina attraverso il Centro Studi CeSIF e forma studenti e professionisti con i corsi della Scuola di Formazione Permanente.
Il CeSIF Centro Studi per l'Impresa della Fondazione Italia Cina è nato nel 2010 per rispondere all'esigenza delle imprese di poter disporre di informazioni affidabili e aggiornate sull'economia e sul mercato cinese. Il CeSIF è un centro permanente di informazione e d'aggiornamento statistico-economico che promuove studi, analisi, convegni e pubblicazioni sul mercato cinese a vantaggio dei soci della Fondazione e del sistema imprenditoriale italiano ma anche di analisti, economisti, giornalisti e studenti.
HIGHLIGHTS EDIZIONE 2021
- Panoramica: Cina vs USA - Se nel 2019 il tema del contesto esterno come fattore condizionante delle scelte politiche cinesi stava emergendo, ma non era ancora ben delineato, nel 2020, con l'avvio della presidenza Biden, il clima da competizione strategica tra Cina e Stati Uniti si è definitivamente affermato. Nel 2020, infatti, l'esigenza da parte di Pechino e Washington DC di ridurre la reciproca dipendenza per ragioni di carattere strategico è diventata esplicita e in Cina ha preso forza la Strategia della Doppia Circolazione (Dual Circulation Strategy, DCS). Gli obiettivi sono in continuità con il New Normal, che da circa un lustro prescrive la rimessa in discussione del modello di sviluppo economico dei decenni passati in favore di una maggiore attenzione per la qualità in sostituzione della quantità, una riduzione della dipendenza dalle esportazioni e dagli investimenti a debito e una maggiore attenzione ai consumi interni. La novità della DCS rispetto al New Normal è che alle motivazioni di carattere economico, per favorire un tipo di crescita fondato sul mercato interno e sull'innovazione, si aggiungono le considerazioni di tipo strategico nel confronto con gli Stati Uniti. Con il 2020 le discussioni sul decoupling sono passate dall'ipotesi al caso reale. Tuttavia, l'effettiva realizzazione del "disaccoppiamento" tra economia cinese e americana non potrà che essere parziale e su tempi lunghi in ragione della forte interdipendenza tra le due economie. La linea di sviluppo sarà, allora, lungo il crinale tra dipendenza o interdipendenza in specifici settori, con Stati Uniti e Cina che cercheranno di accrescere il valore strategico delle relazioni commerciali riducendo la propria dipendenza dal partner in termini di catene di fornitura o di vendita, eventualmente acquisendo un vantaggio strategico in questo senso. Il confronto sulla tecnologia è oggi una nuova dinamica di tipo strutturale che condizionerà le relazioni con la Cina per i prossimi anni.
- La Cina oggi - Nel 2020 quella cinese è risultata l'unica grande economia ad espandersi e a riportare una crescita del 2,3% sul Pil, rispetto al 2% previsto e in netto contrasto con le contrazioni mai registrate dalle economie più industrializzate dai tempi della Grande Depressione: - 4,2% del Pil globale e - 7,5% per l'Eurozona secondo i dati OCSE; - 3,4% per gli USA secondo i dati della Federal Reserve.
- Il nuovo modello economico cinese - A fronte di problemi economici dati dalla sovraccapacità industriale e dall'elevato indebitamento statale, il modello economico cinese si vuole sempre meno trainato dagli investimenti governativi e sempre più dai consumi interni. Il 2020, dal punto di vista dei consumi, è stato un anno molto complesso a causa delle chiusure forzate, dell'incertezza sanitaria e del cambiamento delle abitudini dei consumatori.
Nonostante ciò, è rimasto valido l'obiettivo della leadership cinese di aumentare i consumi privati: la spesa per consumi, infatti, rappresenta ancora oggi la fonte di maggiore contributo alla crescita del Pil. Nel 2020 il contributo della spesa per consumi finali sul Pil ha registrato una decrescita dello 0,51% rispetto al 2019 e la quota dei consumi finali sul Pil è passata dal 58,6% del 2019 al - 22,0%. Il peso degli investimenti fissi lordi ha avuto un enorme rialzo nel 2020, tanto da passare dal 28,9 al 94,1% e cresce il contributo delle esportazioni dal 12,60% del 2019 al 28% del 2020.
- La Cina e il reso del mondo: interscambio - L'export cinese nel mondo ha registrato nel 2020 una crescita del 3,6% con un valore di 2.590,645 miliardi di dollari. Un tasso di crescita delle esportazioni in netto aumento rispetto alla crescita del 2019 che si fermava allo 0,5% a causa dell'attuazione dei dazi americani entrati in vigore a metà 2018. Tale aumento è collegato alla crescente domanda estera di beni che ha portato a un'accelerazione della produzione nazionale cinese.
La crescita dell'export cinese nel 2020, inoltre, risulta essere in controtendenza rispetto all'export di altre macroaree commerciali come l'Unione Europea (-9,2%) e gli Stati Uniti (-0,4%), dove la pandemia ha avuto e sta continuando a destare più preoccupazioni. Al contrario, le importazioni verso Pechino hanno registrato un ulteriore calo (-1,1%) rispetto al 2019, raggiungendo la quota di 2.055,611 miliardi di dollari. Nonostante le ripercussioni economiche dovute alla crisi economico-sanitaria, l'interscambio cinese è tornato a crescere assestandosi nel 2020 a 4.646,257 miliardi di dollari (+1,5% rispetto l'anno precedente).
La bilancia commerciale cinese si riconferma in surplus, con un avanzo di 535.033 miliardi di dollari, registrando un tasso di crescita positivo (+26,8%) rispetto al 2019, dopo tre anni di crescita negativa: -14% nel 2016, -17,4% nel 2017 (il più significativo dal 2009), -16,5% nel 2018. Il surplus della bilancia commerciale non è solamente una conseguenza dell'aumento delle esportazioni nel 2020 a causa della riapertura differita del sistema produttivo cinese rispetto al resto del mondo, ma è una conseguenza anche della contrazione delle importazioni.
- Cina e Italia - Per quanto riguarda le relazioni commerciali, oltre a ragionare sui valori dell'interscambio e sull'evoluzione della bilancia commerciale, è opportuno, in un'ottica di lungo periodo, osservare l'andamento delle quote italiane nelle principali voci di esportazioni verso la Cina dopo un anno di crisi sanitaria ed economica. Una tale analisi permette, in primo luogo, di comprendere come precise nicchie di mercato abbiano reagito alle restrizioni imposte con il lockdown e se si stiano raccogliendo tutte le opportunità presenti, tenendo conto che la Cina rappresenta ancora la nona destinazione per l'export italiano con una quota, in crescita nel 2020, del 3,0%. In un confronto fra il 2011 e il 2020 emerge come, nell'ambito delle esportazioni europee verso la Cina, l'Italia sia cresciuta rispetto agli altri Paesi membri nel tessile, negli articoli in pelle e cuoio, ovvero le due voci di cui rappresenta il principale partner della Cina nella UE, con oltre un terzo degli scambi. Sempre in ambito europeo, nel 2020 la quota italiana è cresciuta nei prodotti chimici, negli articoli in metallo, nella tecnologia nucleare e, in minima parte, nei mezzi di trasporto.
Il deficit commerciale dell'Italia ha mostrato nel 2020 un'ulteriore riduzione, passando da 12,15 miliardi di dollari nel 2018 a 11,9 miliardi nel 2019 e a 10,7 miliardi nel 2020. Esiste tuttavia una forte differenza tra i dati delle Dogane cinesi e le rilevazioni dell'Istat per quanto riguarda i valori di interscambio tra Cina e Italia. Secondo la fonte italiana, per l'anno 2020 si segnalano un valore di 12,8 miliardi di euro dal lato delle esportazioni italiane verso la Cina e di 32,1 miliardi di euro per le importazioni.
Sempre secondo i dati delle Dogane cinesi, l'interscambio commerciale tra Italia e Cina ha subito forti ripercussioni durante il primo trimestre del 2020, con un calo dell'import italiano di prodotti cinesi, rispetto al 2019, del 17,5% e un calo del 9,7% per quanto riguarda l'export italiano verso la Cina. Nel dettaglio, l'import italiano ha registrato il calo più drastico tra gennaio e febbraio, passando da 3,1 miliardi di dollari a 950 milioni. L'export italiano in Cina, invece, dopo un calo più moderato nel primo trimestre, ha registrato nel secondo semestre un calo del 16,0% rispetto al 2019.
Nonostante la crescita negativa dei primi due trimestri, a partire da giugno l'interscambio ha ripreso a crescere a ritmi elevati. L'import italiano, infatti, ha raggiunto il primo picco di 3,2 miliardi a luglio 2020 e di 3,4 miliardi a gennaio 2021, con un tasso di crescita nel quarto trimestre del 9,72% rispetto allo stesso periodo del 2019. Anche l'export italiano in Cina ha avuto una notevole ripresa con tassi di crescita del 14,3% nel terzo trimestre e del 25,2% nel quarto, mentre il picco di prodotti Made in Italy è stato raggiunto a settembre per un valore di 2,5 miliardi di dollari.
- Investimenti diretti esteri italiani Cina - Si può stimare che a fine 2019 le imprese cinesi a partecipazione italiana fossero circa 1.700, con 170 mila addetti e un giro d'affari riferito a quell'anno di circa 27,5 miliardi di euro. Si contano inoltre poco meno di 500 imprese a capitale italiano domiciliate ad Hong Kong, con quasi 20 mila addetti e un giro d'affari di 9,5 miliardi di euro. Bisogna sottolineare come una parte non trascurabile di questo fatturato derivi da attività di trading da e verso consociate cinesi; non è tuttavia possibile scorporare dal totale la parte di fatturato intercompany. Tenendo conto che alcune imprese (per lo più di medio-grandi e grandi dimensioni) contano più imprese partecipate, si può stimare che il numero di imprese italiane direttamente presenti in Cina o a Hong Kong con joint venture o WFOE si avvicini alle 2 mila unità.
- Gli investimenti diretti cinesi in Italia - A fine 2020 risultano direttamente presenti in Italia, attraverso almeno un'impresa partecipata, 320 gruppi cinesi e 228 di Hong Kong. Il riferimento è all'investitore ultimo. Dunque, nel caso non infrequente di partecipazioni detenute da gruppi cinesi attraverso società di Hong Kong, l'investimento è attribuito alla casa-madre cinese. Le imprese italiane partecipate da tali gruppi sono in tutto 906, con circa 43.400 dipendenti complessivi e un giro d'affari (riferito al 2019) di 28 miliardi di euro. In particolare, le 620 imprese italiane a partecipazione cinese occupano oltre 31.100 dipendenti, mentre il loro giro d'affari supera i 19 miliardi di euro; le 286 imprese partecipate da multinazionali di Hong Kong occupano invece quasi 12.300 dipendenti e il loro giro d'affari sfiora i 9 miliardi di euro.
Per contestualizzare il peso delle imprese a partecipazione cinese sul totale delle partecipazioni estere in Italia, si può ricordare che, secondo il rapporto "Italia Multinazionale 2019", alla fine del 2017 le imprese a partecipazione cinese rappresentavano il 3% di tutte le imprese italiane a partecipazione estera, mentre la loro incidenza con riferimento al numero dei dipendenti delle imprese partecipate era pari al 2,1%; l'incidenza delle partecipazioni attribuibili a Hong Kong era invece pari allo 0,8% per entrambi gli indicatori. Tale incidenza si è stabilizzata negli anni più recenti, dopo la forte crescita registrata a partire dalla metà dello scorso decennio.


Fonte: Redazione
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