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Ucraina: Putin continua a giocare con Trump come il gatto con il topo

22-10-2025 12:35 - Opinioni
GD – Roma, 22 ott. 25 – L’inquilino della Casa Bianca aveva detto che avrebbe risolto il conflitto in Ucraina in 24 ore. In molti ci avevamo sperato pur con molto scetticismo non nei confronti di Donald Trump, ma piuttosto di Vladimir Putin che, in questi tre anni, non ha mai smesso di riaffermare la necessità di portare a termine la cosiddetta “operazione speciale”, cominciata nel febbraio 2022 con l’invasione dell’Ucraina.
Sicuramente ci aveva creduto pure lui e ci sta ancora sperando soprattutto dopo il colloquio telefonico con Putin del 16 ottobre, proprio il giorno prima dell’incontro con Zelensky alla Casa Bianca per discutere del possibile invio dei missili Tomahawk a sostegno di Kyïv.
Dopo il cessate il fuoco in Medio Oriente l’attenzione dei media internazionali è tornata tutta sul conflitto in Ucraina. Lo stesso presidente USA ha riacceso i riflettori durante il suo rientro dall’Egitto.
Trump a bordo dell’Air Force One ha affermato che, ove la guerra in Ucraina dovesse continuare, gli Stati Uniti potrebbero pensare di consegnare a Kyïv i famosi missili Tomahawk che, avendo un raggio lungo fino a 2 500 km, permetterebbero di colpire obiettivi strategici fin dentro il territorio russo. Lo ha ripetuto per giorni, ma avrebbe condizionato la consegna dei missili alla necessità di sapere in anticipo dove e come esattamente sarebbero stati usati.
Le immediate e dure reazioni del Cremlino alle dichiarazioni di Trump hanno riaffermato il principio che, ove la sicurezza del territorio russo fosse messa a rischio, Mosca sarebbe costretta a rivedere i rapporti fra Russia e Stati Uniti, paventando inoltre una grave ulteriore escalation del conflitto in corso. Ed anche se sono tante le perplessità sul fatto che la Russia abbia mai valutato la possibilità di una soluzione diplomatica, obiettivamente dobbiamo considerare condivisibili, in linea di principio, le preoccupazioni di Mosca.
La diplomazia russa ha organizzato in tutta fretta un colloquio telefonico tra Putin e Trump durante il quale i due hanno deciso di incontrarsi di nuovo a Budapest. La strategia di Mosca, riuscita alla perfezione, era quella di creare problemi a Zelenskyj il quale, nell’incontro con Trump, ha rivissuto la stessa situazione di tensione di febbraio e ha dovuto ascoltare che gli americani “hanno bisogno anche di Tomahawk per se stessi” e non possono esaurire le riserve. Di fatto, insomma, il contrario di quanto comunicato nelle settimane precedenti.
Vogliamo credere che la retromarcia di Trump sia dovuta ad una maggiore cautela per evitare l’allargamento del conflitto con il coinvolgimento degli USA e pur essendo certi, oltre ogni ragionevole dubbio, di chi sia la colpa, riteniamo sia un atteggiamento responsabile che lascia uno spiraglio (debole!) per la ricerca della via giusta per arrivare alla pace.
È chiaro che non ci possiamo aspettare niente di tutto questo da parte di Mosca la quale aspira ancora a raggiungere gli obiettivi che si era posta all’inizio dell’invasione nel 2022, in particolare per quanto riguarda la questione dei territori occupati in parte, ma che rivendica per intero.
L’Ucraina, nonostante in questi tre anni abbia resistito grazie all’aiuto degli USA e dell’Europa, si trova tuttora in una posizione molto vulnerabile in uno scenario logorato da lutti, ferite e distruzioni.
Una realtà molto chiara a Zelenskyj il quale, dopo il burrascoso primo incontro avvenuto nella stanza ovale nel mese di febbraio, si è preoccupato prontamente di accettare il cessate il fuoco proposto da Trump. Tuttavia quella decisione non è stata condivisa dal Cremlino che ha continuato a bombardare incessantemente il territorio ucraino.
Il rasserenamento degli altalenanti rapporti tra Zelenskyj e Trump, durante l’incontro avvenuto in Vaticano nel mese di aprile in occasione dei funerali del Papa, aveva convinto il presidente USA a sostenere ancora la causa di Kiev senza però l’invio di armi, ma seguendo la via diplomatica.
Trump, dopo aver tentato inutilmente per cinque mesi di convincere Putin a trattare la pace con Zelenskyj, a metà luglio si è detto molto sfiduciato e deluso dallo Zar e, dopo un bombardamento russo su un ospedale per la maternità, ha minacciato sanzioni severe contro la Russia e tariffe secondarie e fissato una deadline di 50 giorni, termine poi ridotto, per arrivare ad un accordo di pace. Pochi giorni prima della scadenza dell’ultimatum Putin ha incontrato a Mosca l’inviato USA Witkoff con il quale ha fissato il primo incontro tra i leader per il 15 agosto in Alaska. A ferragosto ad Anchorage, Trump ha accolto Putin con tutti gli onori riabilitandolo dopo anni di isolamento, ma senza ottenere impegni concreti verso la pace in Ucraina, deludendo le aspettative della vigilia.
Per comprendere meglio i contenuti dell’incontro e discutere garanzie di sicurezza per l’Ucraina, alcuni leader europei insieme a Zelenskyj si sono recati alla Casa Bianca per un vertice multilaterale durante il quale Trump ha affermato che avrebbe atteso due settimane per vedere se da Mosca fossero arrivati segnali concreti verso la pace o viceversa fosse necessario percorrere un’altra via.
Il tempo è passato inesorabile senza che nulla accadesse da parte del Cremlino. Anzi, la strategia di Trump di allontanare Mosca dalla Cina si è dimostrata inefficace. Alla fine di agosto infatti si è svolto l’incontro annuale dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai tra Russia, Cina, India, Pakistan, Iran ed altri 22 Paesi, durante il quale si è affermata la necessità di costruire un nuovo ordine mondiale alternativo all’Occidente, con grande esultanza di Putin che ha voluto mostrare al mondo il proprio forte legame con XI Jinping.
Trump non ha manifestato il proprio disappunto, ma si è capito che non ha nessuna intenzione di ingoiare il rospo e, preoccupato per la situazione in Medio Oriente, ha lasciato decantare la situazione fino a quando, dopo aver ottenuto il successo (speriamo non temporaneo!) del cessate il fuoco a Gaza, ha lanciato un nuovo avvertimento a Putin.
La nuova minaccia di inviare missili Tomahawk in Ucraina e l’incontro con Zelensky hanno impresso una accelerazione nella strategia diplomatica di Mosca con l’organizzazione della telefonata del 16 ottobre. Nonostante si sia parlato di un prossimo incontro di Trump e Putin, la notizia sta lentamente svanendo e, come traspare dalle comunicazioni, al momento non è stato fissato nemmeno alcun incontro propedeutico tra il ministro degli esteri russo Lavrov ed il Segretario di Stato Rubio. Anzi, a Mosca si è fatto sapere che non hanno intenzione di perdere tempo.
I margini per arrivare alla fine del conflitto sono davvero molto stretti. Il Cremlino, in questi anni, ha eretto un muro davanti ai tentativi di dialogo dell’Unione europea. I canali diplomatici sono tutti ormai nelle mani del presidente USA al quale dobbiamo concedere una ulteriore occasione per capire se Putin abbia veramente intenzione di sedersi al tavolo della pace, dopo aver escluso qualsiasi tentativo di cessate il fuoco.
Trump stesso dovrà capire se quello di Mosca sia l’ennesimo bluff e tentativo di prendere tempo, ma siamo sicuri che, avendo tanta voglia di ottenere un altro buon risultato in politica estera, farà l’impossibile per giungere alla conclusione della guerra che potrebbe essere un buon viatico per sperare nel Premio Nobel per la pace nel 2026.
Nel frattempo l’Unione Europea dovrà continuare a sostenere l’Ucraina e nel contempo esercitare pressioni economiche sulla Russia per spingere Putin a fermarsi e ad accettare il negoziato con gli Stati Uniti.

Franco Torchia
Analista di geopolitica

Fonte: Franco Torchia