Trattativa Ucraina-Russia: Putin sta solo cercando di guadagnare tempo
26-03-2025 09:58 - Opinioni
GD - Roma, 26 mar. 25 - Si è chiuso senza una dichiarazione congiunta finale (la Russia non l'ha voluta) il primo round di trattative ‘per la pace' in Ucraina, processo che ha preso avvio con il fallimentare incontro nello studio Ovale a Washington e si è concluso con la cosiddetta ‘diplomazia della navetta' dispiegatasi a Riad, in Arabia Saudita, in cui le delegazioni russa e ucraina avanzavano le loro condizioni per una possibile tregua unicamente attraverso la mediazione dei delegati statunitensi.
Da quanto successo finora, una cosa emerge in modo chiaro: dall'impostazione iniziale delle trattative, incentrate sul raggiungimento di una tregua temporanea che potesse poi condurre alla pace, con un processo di progressiva ‘complicazione' si è arrivati a mettere sul tavolo, oltre all'aspetto militare del conflitto e a quello della sicurezza delle varie infrastrutture, una tale pluralità di questioni (dal Medio Oriente alle politiche iraniane, dalle possibilità di investimenti diretti degli Stati Uniti in Ucraina al lancio di progetti economici russo-americani), che era assolutamente impossibile che se ne potesse dirimere anche una parte minima nei tempi preconizzati dalla leadership degli Stati Uniti.
Fonte: Stefania Jaconis
Da quanto successo finora, una cosa emerge in modo chiaro: dall'impostazione iniziale delle trattative, incentrate sul raggiungimento di una tregua temporanea che potesse poi condurre alla pace, con un processo di progressiva ‘complicazione' si è arrivati a mettere sul tavolo, oltre all'aspetto militare del conflitto e a quello della sicurezza delle varie infrastrutture, una tale pluralità di questioni (dal Medio Oriente alle politiche iraniane, dalle possibilità di investimenti diretti degli Stati Uniti in Ucraina al lancio di progetti economici russo-americani), che era assolutamente impossibile che se ne potesse dirimere anche una parte minima nei tempi preconizzati dalla leadership degli Stati Uniti.
Basti qui ricordare le roboanti affermazioni preelettorali di Donald Trump, che si proponeva come portatore di pace istantanea, ma anche le parole del generale Keith Kellogg, inizialmente inviato speciale per l'Ucraina, il quale il 17 dicembre affermava baldanzosamente che la questione si poteva risolvere ‘per la fine dell'anno'. (Ovviamente il 2024.)
In realtà, bastava riflettere anche solo sulla risposta russa alla proposta di trattative di pace avanzata da Trump: Putin, si ricorderà, si disse immediatamente d'accordo…notando però che c'erano dei dettagli, delle ‘nuances' da cui non si poteva prescindere per poter avviare qualunque negoziato.
Molti, soprattutto in Occidente, forse al momento non si sono resi conto della pesantezza di queste parole, ma era sufficiente considerare il fatto che tra questi ‘dettagli' il presidente russo faceva rientrare ‘le cause iniziali della operazione speciale in Ucraina' (e cioè la volontà di demilitarizzarla, distruggerne l'autonomia statuale con una neutralità imposta dall'esterno e dar corso a un cambio di leadership politica) per capire che le ‘trattative di pace' russe presupponevano in realtà una sola condizionalità, la capitolazione del Paese.
L'inizio delle trattative, con la vistosa sperequazione a vantaggio della Russia da parte della delegazione americana, sembrava in qualche modo portare in questa direzione, con primi passi segnati da una parzialità resa più grave dall' incompetenza dei delegati statunitensi…Nella ormai celeberrima intervista di Steve Witkoff a Tucker Carlson il miliardario americano (appena dirottato dalla questione mediorientale a quella ucraina) non usa mai il termine ‘occupate' a proposito delle quattro regioni oggi richieste dalla Russia, e si dice convinto della correttezza dei referendum tenuti sotto occupazione in non si sa bene quali villaggi delle oblast' in questione...
Si tratta di uno dei tanti episodi che fanno da sfondo all'avvio dei negoziati, la cui progressiva ‘complicazione' non ha fatto altro che giocare a favore di Putin, molto abile nel confondere gli avversari inserendo nel dibattito temi sempre nuovi e spesso inattesi. La scarsa capacità diplomatica della parte americana è stata ben colta da Michael McFaul, docente alla Stanford University ed ex ambasciatore degli USA nella Federazione Russa, il quale commentando i primi passi delle interlocuzioni ha fatto notare come in una trattativa non si giochino subito le carte più importanti, e cioè la questione dei territori e l'ingresso dell'Ucraina nella NATO, addirittura prima dell'inizio formale dei negoziati! In realtà, le due questioni dovevano costituire il cuore delle ‘concessioni' da richiedere alla parte russa! Pessima strategia di negoziazione, a dir poco…
Che il risultato dei tanti colloqui e negoziati si sarebbe concluso con un nulla di fatto è provato da un dettaglio aneddotico che traiamo da un account russo su Telegram: ancora prima delle telefonate con Trump, in un incontro privato con l'Associazione degli imprenditori e industriali russi Putin avrebbe esortato i partecipanti all' incontro a non tenere assolutamente conto nei loro piani dei negoziati imminenti, in quanto una soluzione del problema era ben lontana dall'essere in vista!
Il fallimento oggi evidente delle trattative confermerebbe dunque la tesi di molti secondo cui Putin non vuole né una tregua nei combattimenti né tanto meno che venga perseguito l'obiettivo della pace, ma sta solo cercando di guadagnare tempo.
In realtà, bastava riflettere anche solo sulla risposta russa alla proposta di trattative di pace avanzata da Trump: Putin, si ricorderà, si disse immediatamente d'accordo…notando però che c'erano dei dettagli, delle ‘nuances' da cui non si poteva prescindere per poter avviare qualunque negoziato.
Molti, soprattutto in Occidente, forse al momento non si sono resi conto della pesantezza di queste parole, ma era sufficiente considerare il fatto che tra questi ‘dettagli' il presidente russo faceva rientrare ‘le cause iniziali della operazione speciale in Ucraina' (e cioè la volontà di demilitarizzarla, distruggerne l'autonomia statuale con una neutralità imposta dall'esterno e dar corso a un cambio di leadership politica) per capire che le ‘trattative di pace' russe presupponevano in realtà una sola condizionalità, la capitolazione del Paese.
L'inizio delle trattative, con la vistosa sperequazione a vantaggio della Russia da parte della delegazione americana, sembrava in qualche modo portare in questa direzione, con primi passi segnati da una parzialità resa più grave dall' incompetenza dei delegati statunitensi…Nella ormai celeberrima intervista di Steve Witkoff a Tucker Carlson il miliardario americano (appena dirottato dalla questione mediorientale a quella ucraina) non usa mai il termine ‘occupate' a proposito delle quattro regioni oggi richieste dalla Russia, e si dice convinto della correttezza dei referendum tenuti sotto occupazione in non si sa bene quali villaggi delle oblast' in questione...
Si tratta di uno dei tanti episodi che fanno da sfondo all'avvio dei negoziati, la cui progressiva ‘complicazione' non ha fatto altro che giocare a favore di Putin, molto abile nel confondere gli avversari inserendo nel dibattito temi sempre nuovi e spesso inattesi. La scarsa capacità diplomatica della parte americana è stata ben colta da Michael McFaul, docente alla Stanford University ed ex ambasciatore degli USA nella Federazione Russa, il quale commentando i primi passi delle interlocuzioni ha fatto notare come in una trattativa non si giochino subito le carte più importanti, e cioè la questione dei territori e l'ingresso dell'Ucraina nella NATO, addirittura prima dell'inizio formale dei negoziati! In realtà, le due questioni dovevano costituire il cuore delle ‘concessioni' da richiedere alla parte russa! Pessima strategia di negoziazione, a dir poco…
Che il risultato dei tanti colloqui e negoziati si sarebbe concluso con un nulla di fatto è provato da un dettaglio aneddotico che traiamo da un account russo su Telegram: ancora prima delle telefonate con Trump, in un incontro privato con l'Associazione degli imprenditori e industriali russi Putin avrebbe esortato i partecipanti all' incontro a non tenere assolutamente conto nei loro piani dei negoziati imminenti, in quanto una soluzione del problema era ben lontana dall'essere in vista!
Il fallimento oggi evidente delle trattative confermerebbe dunque la tesi di molti secondo cui Putin non vuole né una tregua nei combattimenti né tanto meno che venga perseguito l'obiettivo della pace, ma sta solo cercando di guadagnare tempo.
Secondo l'esperto militare russo Yurii Fedorov, già accademico e oggi in Europa, in questo sarebbe appoggiato dalla casta dei generali, che il presidente Putin ha sempre fatto attenzione a non urtare. In quest'ottica, i bellicisti ad oltranza aspettano il disgelo di primavera, verso fine aprile-inizio maggio, per partire con una nuova campagna di attacco sul terreno ucraino nella parte sudorientale del paese. In tutto questo, però, la leadership russa sarebbe anche molto attenta a non deludere l'amico Trump, e quindi avrebbe continuato a dare l'illusione di impegnarsi in trattative sempre più fumose, in cui a ogni giorno si aggiungevano temi e problemi.
Tranne, si è tentati di osservare, quello della ‘pace', di fatto negata dai bombardamenti russi che si susseguono ogni giorno più intensi: sono ormai circa 200 le vittime dell'ondata di attacchi aerei scatenata dall'inizio dei colloqui.
Si tratta, in ogni caso, di un fallimento non solo prevedibile ma di proporzioni gigantesche, quanto meno se rapportato alle ambizioni iniziali di Trump. Secondo Vladimir Milov, ex viceministro dell'energia ora all'opposizione e in esilio, ‘...al momento non c'è nessuna base per negoziare un accordo di pace: la differenza nelle posizioni delle parti è profonda come non mai; a ben vedere, siamo più lontani oggi dalla pace di quanto non lo fossimo il 20 gennaio' (giorno di inizio del mandato di Trump).
A molti osservatori occidentali (evidentemente non filotrumpiani) la cosa appare assolutamente spiegabile, soprattutto in considerazione della evidente disparità di trattamento riservata nel corso dei colloqui alle due parti in causa. Tanto che John Bolton, già consigliere USA per la sicurezza nazionale e già ambasciatore all'ONU, ha osservato che, data la totale assenza di condizioni di sicurezza previste per l'Ucraina, lui consiglierebbe a Zelenskii di non accettare le condizioni eventualmente proposte, neppure per una tregua temporanea. Ciò anche in quanto la ‘condizione' dello stop all'invio di armi all' Ucraina non prevede quella, simmetrica, della cessazione da parte russa di ricevere rifornimenti bellici dall'Iran e dalla Corea del Nord.
Tranne, si è tentati di osservare, quello della ‘pace', di fatto negata dai bombardamenti russi che si susseguono ogni giorno più intensi: sono ormai circa 200 le vittime dell'ondata di attacchi aerei scatenata dall'inizio dei colloqui.
Si tratta, in ogni caso, di un fallimento non solo prevedibile ma di proporzioni gigantesche, quanto meno se rapportato alle ambizioni iniziali di Trump. Secondo Vladimir Milov, ex viceministro dell'energia ora all'opposizione e in esilio, ‘...al momento non c'è nessuna base per negoziare un accordo di pace: la differenza nelle posizioni delle parti è profonda come non mai; a ben vedere, siamo più lontani oggi dalla pace di quanto non lo fossimo il 20 gennaio' (giorno di inizio del mandato di Trump).
A molti osservatori occidentali (evidentemente non filotrumpiani) la cosa appare assolutamente spiegabile, soprattutto in considerazione della evidente disparità di trattamento riservata nel corso dei colloqui alle due parti in causa. Tanto che John Bolton, già consigliere USA per la sicurezza nazionale e già ambasciatore all'ONU, ha osservato che, data la totale assenza di condizioni di sicurezza previste per l'Ucraina, lui consiglierebbe a Zelenskii di non accettare le condizioni eventualmente proposte, neppure per una tregua temporanea. Ciò anche in quanto la ‘condizione' dello stop all'invio di armi all' Ucraina non prevede quella, simmetrica, della cessazione da parte russa di ricevere rifornimenti bellici dall'Iran e dalla Corea del Nord.
Come altri osservatori, Bolton ritiene infatti che qualunque forma 'morbida' di sospensione delle ostilità servirà alla Russia solo per riorganizzarsi sul piano logistico e rimpolpare le fila di un esercito che accusa ormai problemi di uomini, in modo da prepararsi alla terza invasione militare dell' Ucraina.
In generale, secondo Milov, Putin sta diventando sempre più audace nelle sue pretese. E prova di questo sarebbero la sua pertinacia nel voler annettere le quattro oblast' per l'interezza dei loro territori, cioè anche per le parti non conquistate militarmente.
In tutto questo restano nebulosi i risultati dei tentativi trumpiani di inserire elementi di business nelle trattative, sia con l'Ucraina (si è parlato di un possibile accordo per alcuni metalli e terre rare, ma pare ci sia poi stata una retromarcia) che con la Russia, con la quale sarebbero in corso scambi di vedute su possibili progetti congiunti.
Il documento che gli americani hanno reso noto oggi, quindi, rappresenta la misera e degna conclusione di quelli che Lavrov ha definito giustamente negoziati ‘tecnici', e si incentra sulle infrastrutture energetiche e sull'area del Mar Nero: le parti si impegnano a cessare qualunque tipo di attacco alle centrali e a garantire la sicurezza di tutti i mezzi navali sul Mar Nero, commerciali e non.
In generale, secondo Milov, Putin sta diventando sempre più audace nelle sue pretese. E prova di questo sarebbero la sua pertinacia nel voler annettere le quattro oblast' per l'interezza dei loro territori, cioè anche per le parti non conquistate militarmente.
In tutto questo restano nebulosi i risultati dei tentativi trumpiani di inserire elementi di business nelle trattative, sia con l'Ucraina (si è parlato di un possibile accordo per alcuni metalli e terre rare, ma pare ci sia poi stata una retromarcia) che con la Russia, con la quale sarebbero in corso scambi di vedute su possibili progetti congiunti.
Il documento che gli americani hanno reso noto oggi, quindi, rappresenta la misera e degna conclusione di quelli che Lavrov ha definito giustamente negoziati ‘tecnici', e si incentra sulle infrastrutture energetiche e sull'area del Mar Nero: le parti si impegnano a cessare qualunque tipo di attacco alle centrali e a garantire la sicurezza di tutti i mezzi navali sul Mar Nero, commerciali e non.
In particolare, le navi commerciali non dovranno essere usate a fini bellici. C'è poi il discorso delle infrastrutture portuali, che ovviamente riguarda soprattutto Odessa, uno degli esempi di una crescente ‘spudoratezza' della Russia. Per il momento, la leadership putiniana si limita a preconizzare una situazione in cui gli Stati Uniti potrebbero essere presenti in quanto ‘garanti' della sicurezza, almeno in un primo momento, mentre in seguito…
In ogni caso, gli accordi relativi al Mar Nero permetteranno all'Ucraina di esportare via mare il grano di cui è sempre stata ricca, mentre alla Russia garantirebbero il trasporto in sicurezza di derrate alimentari e fertilizzanti. Si tratta, a ben vedere, di problematiche minori, la cui soluzione avvantaggia in ogni caso la Russia più che l'Ucraina, che per le esportazioni di grano ha già provveduto a trovare vie alternative come il passaggio attraverso il Danubio.
A questo punto, non vogliamo però diminuite la tensione della narrativa, che rischiava di scemare a causa della pochezza dei risultati dei lunghi colloqui fra i tre Paesi, e riportiamo l'ultima fase (l'elemento ‘sorpresa' di marca putiniana) e l'ultimo, inatteso atto della saga.
Dopo attenta valutazione dei documenti, infatti, la Russia si è dichiarata disposta ad accettare la tregua sul Mar Nero…ma solo alla condizione di una parziale cancellazione delle sanzioni! Nel documento reso noto in serata si elencano le misure sanzionatorie di cui si chiede il ritiro, e cioè misure che colpiscono banche, produttori e compagnie di assicurazione i cui servizi sono destinati al settore agroalimentare, nonché la cancellazione di quelle che prevedono il divieto di vendere alla Russia macchinari e componenti usati nella produzione di beni agricoli.
Vedremo ora quali saranno le reazioni americane e ucraine a quest' ultima condizione di Putin, l'ultima ‘complicazione' in quel processo che, nella visione del mondo impaziente e semplicistica di Donald Trump, dovrebbe in qualche modo portare alla pace.
In ogni caso, gli accordi relativi al Mar Nero permetteranno all'Ucraina di esportare via mare il grano di cui è sempre stata ricca, mentre alla Russia garantirebbero il trasporto in sicurezza di derrate alimentari e fertilizzanti. Si tratta, a ben vedere, di problematiche minori, la cui soluzione avvantaggia in ogni caso la Russia più che l'Ucraina, che per le esportazioni di grano ha già provveduto a trovare vie alternative come il passaggio attraverso il Danubio.
A questo punto, non vogliamo però diminuite la tensione della narrativa, che rischiava di scemare a causa della pochezza dei risultati dei lunghi colloqui fra i tre Paesi, e riportiamo l'ultima fase (l'elemento ‘sorpresa' di marca putiniana) e l'ultimo, inatteso atto della saga.
Dopo attenta valutazione dei documenti, infatti, la Russia si è dichiarata disposta ad accettare la tregua sul Mar Nero…ma solo alla condizione di una parziale cancellazione delle sanzioni! Nel documento reso noto in serata si elencano le misure sanzionatorie di cui si chiede il ritiro, e cioè misure che colpiscono banche, produttori e compagnie di assicurazione i cui servizi sono destinati al settore agroalimentare, nonché la cancellazione di quelle che prevedono il divieto di vendere alla Russia macchinari e componenti usati nella produzione di beni agricoli.
Vedremo ora quali saranno le reazioni americane e ucraine a quest' ultima condizione di Putin, l'ultima ‘complicazione' in quel processo che, nella visione del mondo impaziente e semplicistica di Donald Trump, dovrebbe in qualche modo portare alla pace.
Prof. Stefania Jaconis
Docente di Sistemi Economici Comparati
Fonte: Stefania Jaconis