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Sudan: una lunga guerra troppo dimenticata

08-11-2025 14:50 - Opinioni
GD - Khartum, 8 nov. 25 - Come affermava il generale prussiano Carl von Clausewitz nella sua opera fondamentale Vom Kriege (Della Guerra), "I risultati delle guerre non sono mai definitivi". E in Europa per moltissimi anni ci siamo “dimenticati” di questi insegnamenti. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con la dichiarazione di Robert Schuman, del 9 maggio 1950, a cui ha fatto seguito la creazione della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA), si sono poste le basi per l'atto di integrazione europea, e la creazione Unione Europea.
Da allora ci siamo illusi che nel mondo fossero finite per sempre le guerre. Sappiamo che non è andata così, e oggi si parla nuovamente di corsa al riarmo. Oggi ci sono nel mondo circa 56 conflitti attivi. Alcuni riscuotono visibilità, come la guerra a Gaza; altri conflitti sono praticamente ignorati dall'opinione pubblica europea. Uno di questi conflitti cruenti, che dura da decenni, è quello in Sudan.
Un conflitto interno al Paese, iniziato da anni e che aveva portato alla convocazione di un referendum per riconoscere l'indipendenza della parte sud del Paese.
Il risultato del Referendum, che si è tenuto tra il 9 e il 15 gennaio 2011, ha portato alla dichiarazione di Indipendenza (9 luglio 2011) e la proclamazione ufficiale del “nuovo Stato della Repubblica del Sud Sudan”.
Questa secessione del Sud Sudan non ha placato il conflitto fra le due parti del Paese, anzi lo ha esacerbato. La ACLED Armed Conflict Location & Event Data Project stima che le vittime totali nel periodo da gennaio 2023 ad agosto 2024 siano almeno 25.500.
Le Nazioni Unite hanno stimato per lo stesso periodo un numero di vittime superiore a 20.000, ma avvertono che il bilancio potrebbe aggravarsi a causa di carestie ed epidemie perché il conflitto ha generato una crisi umanitaria gravissima, con oltre 12 milioni di sfollati (interni e rifugiati nei Paesi vicini).
Si registrano anche morti per fame e malattie legate all'assedio e al collasso del sistema sanitario, in particolare in aree come El Fasher e il Darfur. In questi giorni sono state mosse accuse gravissime dai sudanesi contro gli Emirati Arabi Uniti, sospettati di aver fornito dei droni utilizzati dai ribelli per colpire la popolazione civile. L'alto diplomatico degli Emirati Arabi Uniti, Anwar Gargash, ha risposto alle affermazioni negative dei media sul Sudan dichiarando che "si deve giungere al più presto a un cessate il fuoco e una rapida transizione verso un governo civile", delineando la posizione degli Emirati su diversi fronti chiave e dando priorità alle questioni umanitarie.
Parlando a margine della settima edizione delle riunioni annuali del governo degli Emirati Arabi Uniti, Gargash ha sottolineato che la politica degli Emirati Arabi Uniti deve essere distinta dal "rumore" e dalle "fake news" che circondano il coinvolgimento degli Emirati in Sudan.
Gargash ha posto in evidenza la grave situazione umanitaria in Sudan, dove 30 milioni di persone hanno bisogno di assistenza nutrizionale e alimentare e 12 milioni sono state sfollate. Il diplomatico degli Emirati Arabi Uniti ha condannato con forza tutte le atrocità commesse ad Al-Fashir e in tutto il Sudan, comprese le accuse di uso di armi chimiche contro i cittadini sudanesi ed ha sollecitato che questi fatti vengano debitamente accertati e verificati per assicurare i responsabili alla giustizia".
Sul fronte politico, Gargash ha chiarito che gli Emirati Arabi Uniti considerano sia le Forze Armate Sudanesi (SAF), guidate dal leader de facto del Paese, il generale Abdel Fattah al-Burhan (alla guida dell'esercito regolare), che le Forze di Supporto Rapido (RSF) guidate da Mohamed Hamdan Dagalo (noto come Hemedti), un gruppo paramilitare ed erede dei miliziani Janjaweed, come parti in conflitto nella guerra civile.
In Sudan la situazione è molto fluida e frammentata, ci sono almeno 30 milizie coinvolte nel conflitto, con l'emergere di nuove fazioni e l'azione di milizie etniche e gruppi armati locali guidati da propri obiettivi interni. "Si tratta di un quadro molto complicato", ha ammesso, sottolineando al contempo la preoccupazione degli Emirati Arabi Uniti per l'unità del Sudan.
Il diplomatico ha indicato la Dichiarazione Quad - raggiunta nel settembre 2025 dagli Stati Uniti, Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi Uniti - come il quadro fondamentale per risolvere la crisi. "Questa dichiarazione, credo, è oggi la nostra via verso una soluzione in Sudan", ha affermato Gargash.
La Dichiarazione Quad sottolinea tre elementi fondamentali: un cessate il fuoco umanitario di tre mesi, negoziati tra le parti in conflitto e una transizione di nove mesi verso un governo civile. Ha ricordato infine che la rivoluzione sudanese del 2019, quando la popolazione ha rovesciato il regime militare, ha portato come risultato ad una dittatura militare sanguinaria che non è certamente la soluzione auspicabile per i due Paesi.
Quello che serve, quindi, è un cessate il fuoco per evitare di continuare a ripetere all'infinito gli stessi errori del passato.

Ciro Maddaloni
Esperto di eGovernment internazionale


Fonte: Ciro Maddaloni