Seminario Fondazione Banco Napoli, “USA come Paese in via di sviluppo”
23-11-2024 20:42 - Opinioni
GD - Napoli, 23 nov. 24 – Quali sviluppi aspettarsi tra Europa e Stati uniti nell'era del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca? Ne hanno parlato oggi nello storico Palazzo Ricca di Napoli esperti della politica, della finanza e della diplomazia nel Seminario di Geopolitica organizzato dalla Fondazione Banco di Napoli. L'evento, intitolato “Le elezioni americane e il nuovo equilibrio globale”, ha riunito esperti di alto livello per analizzare le implicazioni della rielezione di Donald Trump, con un focus sul futuro dell'Europa, dell'Italia e delle relazioni transatlantiche.
I lavori sono stati introdotti da Orazio Abbamonte, Presidente della Fondazione Banco di Napoli, e da Giuseppe Castagna, Amministratore Delegato del Banco BPM, che hanno sottolineato l'importanza del seminario nel favorire una riflessione approfondita su temi cruciali per il futuro geopolitico ed economico del nostro Paese e del continente europeo.
Le discussioni sono state moderate da autorevoli figure del panorama giornalistico e accademico: Antonio Polito, editorialista del “Corriere della Sera” e scrittore; Marta Dassù, analista di politica internazionale; Bill Emmott, esperto di economia globale e già direttore de “The Economist”.
Ad aprire i lavori è stato il viceministro degli Affari Esteri, Edmondo Cirielli, che ha descritto le nuove dinamiche transatlantiche come una sfida ma anche un'opportunità: “Gli Stati Uniti richiameranno l'Europa alle sue responsabilità politiche, economiche e militari. Dopo 70 anni in cui l'Occidente ha vissuto sulle spalle della spesa militare americana, ora è giusto che l'Europa faccia la sua parte”. Cirielli ha inoltre posto l'attenzione sul rischio di una crescente polarizzazione globale tra democrazie occidentali e autocrazie: “Non possiamo lasciare alle generazioni future un mondo diviso in blocchi contrapposti. È nostro dovere disinnescare queste tensioni con diplomazia, dialogo e fermezza”.
Da parte sua l'ex premier Mario Monti, senatore a vita, ha offerto un'analisi critica sul declino della democrazia liberale e sul futuro delle relazioni transatlantiche, esprimendo un forte monito all'Europa. Ha descritto la rielezione di Trump come un'ulteriore evidenza del deterioramento democratico globale: “Negli Stati Uniti, questa elezione è stata impeccabilmente democratica, ma segnala anche il declino della domanda di democrazia liberale, fenomeno che si osserva anche in Europa. La democrazia liberale è in agonia non solo per una restrizione dell'offerta in Paesi autoritari, ma anche per un affievolimento della domanda nei Paesi democratici”.
Il sen. Monti ha poi sottolineato i rischi della crescente volatilità della politica estera americana: “Con tutta l'ammirazione che conserviamo per gli Stati Uniti d'America e, malgrado tutto, per la loro forma di democrazia, credo che stiano diventando, almeno per quanto riguarda la politica estera, come un Paese in via di sviluppo. Anche se gli Stati Uniti ci offrissero, sempre a costo zero, la loro protezione, non credo che sarebbe nel nostro interesse accettarla”.
L’ex premier Monti ha concluso ribadendo la necessità di un'Europa più coesa e autonoma nella difesa, preparandosi a un contesto globale più frammentato e instabile.
L'ex direttore de “The Economist”, Bill Emmott, ha analizzato le conseguenze economiche della politica protezionistica americana: “Per Trump, ‘dazi' è la parola più bella del mondo. Questo rappresenta una sfida seria per l'Europa e per Paesi come l'Italia, il cui modello economico si basa fortemente sulle esportazioni”. Emmott ha avvertito che l'introduzione di dazi fino al 20% su scala globale e del 60% contro la Cina potrebbe destabilizzare il commercio globale, penalizzando sia le esportazioni europee verso gli Stati Uniti, sia la competizione con i prodotti cinesi dirottati sul mercato europeo.
Anthony Gardner, già ambasciatore USA nell'Unione Europea, ha evidenziato i rischi che il secondo mandato di Trump pone per l'alleanza transatlantica. Ha poi sottolineato come Trump, con il controllo di Senato, Camera e Corte Suprema, potrà attuare un'agenda politica più incisiva e potenzialmente destabilizzante. Gardner ha spiegato che Trump potrebbe trasformare le relazioni con l'Europa in una trattativa continua, subordinando ogni concessione americana a benefici immediati per Washington.
Tuttavia, Gardner ha avvertito che il rischio più grave sarebbe una rottura unilaterale dell'alleanza, con un indebolimento della garanzia di sicurezza americana verso l'Europa.
Ha inoltre indicato che l'introduzione di dazi globali non solo colpirebbe le esportazioni europee, ma causerebbe una frammentazione delle catene di approvvigionamento globali, alimentando l'inflazione e aumentando i costi di produzione.
Nel su intervento Peter Mandelson, già Commissario europeo per il Commercio, ha messo in luce la fragilità dell'Europa in un contesto geopolitico sempre più competitivo. Ha criticato la mancanza di investimenti in produttività e difesa, evidenziando che l'Unione Europea non ha ancora posto basi solide per costruire una vera autonomia strategica.
Mandelson ha inoltre collegato questa debolezza interna ai rischi delle politiche protezionistiche americane, che potrebbero destabilizzare ulteriormente il commercio globale, aumentando i costi per le economie europee. “L'Europa deve dimostrare di essere all'altezza delle sfide globali, rafforzando la propria coesione interna e la competitività economica”.
Il seminario ha visto anche gli interventi di altri illustri relatori, tra cui Charles Grant, Dr. Gerlinde Niehus, Rahul Roy-Chaudhury, il politologo Mario Giro, l’amb. Pierre Levy e il prof. Roberto Nisticò, che hanno arricchito il dibattito con analisi su temi quali le sanzioni economiche, le relazioni tra grandi potenze e il futuro della sicurezza europea.
Fonte: DIRE
I lavori sono stati introdotti da Orazio Abbamonte, Presidente della Fondazione Banco di Napoli, e da Giuseppe Castagna, Amministratore Delegato del Banco BPM, che hanno sottolineato l'importanza del seminario nel favorire una riflessione approfondita su temi cruciali per il futuro geopolitico ed economico del nostro Paese e del continente europeo.
Le discussioni sono state moderate da autorevoli figure del panorama giornalistico e accademico: Antonio Polito, editorialista del “Corriere della Sera” e scrittore; Marta Dassù, analista di politica internazionale; Bill Emmott, esperto di economia globale e già direttore de “The Economist”.
Ad aprire i lavori è stato il viceministro degli Affari Esteri, Edmondo Cirielli, che ha descritto le nuove dinamiche transatlantiche come una sfida ma anche un'opportunità: “Gli Stati Uniti richiameranno l'Europa alle sue responsabilità politiche, economiche e militari. Dopo 70 anni in cui l'Occidente ha vissuto sulle spalle della spesa militare americana, ora è giusto che l'Europa faccia la sua parte”. Cirielli ha inoltre posto l'attenzione sul rischio di una crescente polarizzazione globale tra democrazie occidentali e autocrazie: “Non possiamo lasciare alle generazioni future un mondo diviso in blocchi contrapposti. È nostro dovere disinnescare queste tensioni con diplomazia, dialogo e fermezza”.
Da parte sua l'ex premier Mario Monti, senatore a vita, ha offerto un'analisi critica sul declino della democrazia liberale e sul futuro delle relazioni transatlantiche, esprimendo un forte monito all'Europa. Ha descritto la rielezione di Trump come un'ulteriore evidenza del deterioramento democratico globale: “Negli Stati Uniti, questa elezione è stata impeccabilmente democratica, ma segnala anche il declino della domanda di democrazia liberale, fenomeno che si osserva anche in Europa. La democrazia liberale è in agonia non solo per una restrizione dell'offerta in Paesi autoritari, ma anche per un affievolimento della domanda nei Paesi democratici”.
Il sen. Monti ha poi sottolineato i rischi della crescente volatilità della politica estera americana: “Con tutta l'ammirazione che conserviamo per gli Stati Uniti d'America e, malgrado tutto, per la loro forma di democrazia, credo che stiano diventando, almeno per quanto riguarda la politica estera, come un Paese in via di sviluppo. Anche se gli Stati Uniti ci offrissero, sempre a costo zero, la loro protezione, non credo che sarebbe nel nostro interesse accettarla”.
L’ex premier Monti ha concluso ribadendo la necessità di un'Europa più coesa e autonoma nella difesa, preparandosi a un contesto globale più frammentato e instabile.
L'ex direttore de “The Economist”, Bill Emmott, ha analizzato le conseguenze economiche della politica protezionistica americana: “Per Trump, ‘dazi' è la parola più bella del mondo. Questo rappresenta una sfida seria per l'Europa e per Paesi come l'Italia, il cui modello economico si basa fortemente sulle esportazioni”. Emmott ha avvertito che l'introduzione di dazi fino al 20% su scala globale e del 60% contro la Cina potrebbe destabilizzare il commercio globale, penalizzando sia le esportazioni europee verso gli Stati Uniti, sia la competizione con i prodotti cinesi dirottati sul mercato europeo.
Anthony Gardner, già ambasciatore USA nell'Unione Europea, ha evidenziato i rischi che il secondo mandato di Trump pone per l'alleanza transatlantica. Ha poi sottolineato come Trump, con il controllo di Senato, Camera e Corte Suprema, potrà attuare un'agenda politica più incisiva e potenzialmente destabilizzante. Gardner ha spiegato che Trump potrebbe trasformare le relazioni con l'Europa in una trattativa continua, subordinando ogni concessione americana a benefici immediati per Washington.
Tuttavia, Gardner ha avvertito che il rischio più grave sarebbe una rottura unilaterale dell'alleanza, con un indebolimento della garanzia di sicurezza americana verso l'Europa.
Ha inoltre indicato che l'introduzione di dazi globali non solo colpirebbe le esportazioni europee, ma causerebbe una frammentazione delle catene di approvvigionamento globali, alimentando l'inflazione e aumentando i costi di produzione.
Nel su intervento Peter Mandelson, già Commissario europeo per il Commercio, ha messo in luce la fragilità dell'Europa in un contesto geopolitico sempre più competitivo. Ha criticato la mancanza di investimenti in produttività e difesa, evidenziando che l'Unione Europea non ha ancora posto basi solide per costruire una vera autonomia strategica.
Mandelson ha inoltre collegato questa debolezza interna ai rischi delle politiche protezionistiche americane, che potrebbero destabilizzare ulteriormente il commercio globale, aumentando i costi per le economie europee. “L'Europa deve dimostrare di essere all'altezza delle sfide globali, rafforzando la propria coesione interna e la competitività economica”.
Il seminario ha visto anche gli interventi di altri illustri relatori, tra cui Charles Grant, Dr. Gerlinde Niehus, Rahul Roy-Chaudhury, il politologo Mario Giro, l’amb. Pierre Levy e il prof. Roberto Nisticò, che hanno arricchito il dibattito con analisi su temi quali le sanzioni economiche, le relazioni tra grandi potenze e il futuro della sicurezza europea.
Fonte: DIRE