Referendum: Odoguardi, “Riforma voto all’estero ormai improcrastinabile”
13-06-2025 16:49 - Opinioni
GD - Roma, 13 giu. 25 - Partendo dal referendum che da poco si è svolto, Vincenzo Odoguardi, vicepresidente del Movimento Associativo Italiani all’Estero MAIE, è intervenuto sull'esigenza di una riforma ormai improcrastinabile del voto degli italiani all'estero.
Fonte: MAIE
Archiviato l’appuntamento referendario, è possibile leggere e interpretare alcuni dati, che secondo noi ci dicono molto circa la volontà degli italiani nel mondo di partecipare alla vita politica e sociale del Paese. È vero, in occasione dei referendum su cittadinanza e lavoro, gli elettori all’estero, in media, hanno votato meno (un’affluenza del 23,8 per cento, inferiore alla media nazionale del 30,6 per cento), ma bisogna considerare che il meccanismo elettorale che regola il voto degli italiani nel mondo è spesso farraginoso e complicato, sia per l’elettore sia per le autorità e le istituzioni preposte all’organizzazione delle elezioni.
Non solo: le recenti novità in tema di cittadinanza approvate dal Parlamento, con una legge che taglia pesantemente lo ius sanguinis, di sicuro hanno influito sul desiderio di partecipazione.
In America Meridionale, dove la botta alla trasmissione della cittadinanza inflitta da Governo e Parlamento è stata accusata in maniera maggiore, ha votato il 34,6% degli aventi diritto (circa 1,6 milioni di elettori), mentre in Nord America, per esempio, su 465 mila elettori ha votato il 16,5%.
Gli italiani dell’America Latina, dunque, hanno voluto farsi sentire con forza, lanciando all’Italia un messaggio chiaro: siamo italiani anche noi che viviamo oltre confine e, a dispetto di quanto possano pensare i governanti, sentiamo la necessità di partecipare. In America Settentrionale, invece, dove la questione cittadinanza probabilmente non è così sentita come in alcuni Paesi latinoamericani (pensiamo al Brasile e all’Argentina), sono stati molti di meno coloro che hanno deciso di partecipare al voto.
Resta il fatto che anche questa volta, come ad ogni tornata elettorale, da tutto il mondo sono arrivate segnalazioni di irregolarità e difficoltà nella gestione del processo elettorale: schede mai arrivate oppure giunte a destinazioni sbagliate, connazionali obbligati a percorrere enormi distanze per poter ritirare il plico perché non l’avevano ricevuto a domicilio, poste e corrieri privati non in grado di garantire una corretta e puntuale distribuzione delle schede elettorali.
È importante sottolineare che la stragrande maggioranza degli italiani nel mondo, pur vivendo lontano dalla Madre Patria, è ancora attaccata al proprio Paese, con un cordone ombelicale fatto di lingua, cultura, tradizioni. Votare, per un cittadino italiano, dovunque sia nel mondo, è un diritto. Certo, deve essere messo nelle condizioni di farlo, senza il rischio che il suo voto possa venire a mancare non per colpa sua, ma a causa di un meccanismo che non garantisce sicurezza né trasparenza.
Ci auguriamo che in occasione dell’Assemblea Plenaria del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, che si terrà a Roma a partire dalla prossima settimana, venga messa sul tavolo dei lavori la questione del voto all’estero e di una ormai sua improcrastinabile riforma. L’esercizio democratico deve essere garantito a tutti, agli italiani d’Italia come ai connazionali nel mondo. Tocca alla politica e al governo prendere il toro per le corna una volta per tutte e modificare, in meglio, un voto all’estero che nel corso degli anni ha sempre dimostrato di fare acqua da tutte le parti.
In America Meridionale, dove la botta alla trasmissione della cittadinanza inflitta da Governo e Parlamento è stata accusata in maniera maggiore, ha votato il 34,6% degli aventi diritto (circa 1,6 milioni di elettori), mentre in Nord America, per esempio, su 465 mila elettori ha votato il 16,5%.
Gli italiani dell’America Latina, dunque, hanno voluto farsi sentire con forza, lanciando all’Italia un messaggio chiaro: siamo italiani anche noi che viviamo oltre confine e, a dispetto di quanto possano pensare i governanti, sentiamo la necessità di partecipare. In America Settentrionale, invece, dove la questione cittadinanza probabilmente non è così sentita come in alcuni Paesi latinoamericani (pensiamo al Brasile e all’Argentina), sono stati molti di meno coloro che hanno deciso di partecipare al voto.
Resta il fatto che anche questa volta, come ad ogni tornata elettorale, da tutto il mondo sono arrivate segnalazioni di irregolarità e difficoltà nella gestione del processo elettorale: schede mai arrivate oppure giunte a destinazioni sbagliate, connazionali obbligati a percorrere enormi distanze per poter ritirare il plico perché non l’avevano ricevuto a domicilio, poste e corrieri privati non in grado di garantire una corretta e puntuale distribuzione delle schede elettorali.
È importante sottolineare che la stragrande maggioranza degli italiani nel mondo, pur vivendo lontano dalla Madre Patria, è ancora attaccata al proprio Paese, con un cordone ombelicale fatto di lingua, cultura, tradizioni. Votare, per un cittadino italiano, dovunque sia nel mondo, è un diritto. Certo, deve essere messo nelle condizioni di farlo, senza il rischio che il suo voto possa venire a mancare non per colpa sua, ma a causa di un meccanismo che non garantisce sicurezza né trasparenza.
Ci auguriamo che in occasione dell’Assemblea Plenaria del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, che si terrà a Roma a partire dalla prossima settimana, venga messa sul tavolo dei lavori la questione del voto all’estero e di una ormai sua improcrastinabile riforma. L’esercizio democratico deve essere garantito a tutti, agli italiani d’Italia come ai connazionali nel mondo. Tocca alla politica e al governo prendere il toro per le corna una volta per tutte e modificare, in meglio, un voto all’estero che nel corso degli anni ha sempre dimostrato di fare acqua da tutte le parti.
Vincenzo Odoguardi
vicepresidente del Movimento Associativo Italiani all’Estero MAIE
Fonte: MAIE