La politica è gravemente malata e forse la diplomazia è morta!
11-12-2025 10:54 - Opinioni
GD - Roma, 11 dic. 25 - La posizione assunta dal presidente Donald Trump, dal vicepresidente James David Vance e dai loro collaboratori più stretti, nell’evidenziare la “debolezza e le contraddizioni” dell’Europa, è comprensibile dal loro punto di vista, ma non è detto che sia accurata e soprattutto corretta. Certamente è utile evidenziare le cose che hanno bisogno di essere migliorate, come ad esempio la gestione delle migrazioni dal Sud del mondo verso l’Europa, per troppo tempo relegate a problema secondario e di minore importanza. Ma da qui ritenere ed affermare che l’Europa sia “finita” è troppo "semplicistico" e "superficiale".
La “scossa” dell’Amministrazione americana non è rimasta senza effetto, anzi ha già sollecitato un dibattito intenso tra i leader europei. È emersa chiaramente la volontà di snellire e migliorare le capacità decisionali europee e di assumere maggiore consapevolezza dei problemi che devono essere gestiti all’interno dell’Unione, come ad esempio l’autosufficienza nella capacità di difesa del suolo europeo.
È evidente che l’Europa deve essere in grado di gestire senza intermediari o aiuti esterni le varie crisi, che da troppo tempo si stanno trascinando, senza che si arrivi ancora ad intravedere una via d’uscita. I leader europei avrebbero dovuto e potuto sfruttare l’occasione offerta dall’Amministrazione americana per spiegare come mobilitare le diplomazie per gestire la crisi attuale, nel rispetto delle regole stabilite nei trattati internazionali che sono stati calpestati dalla Russia.
Sarebbe stato sufficiente ricordare ai leader americani che per terminare una guerra è fondamentale definire chiaramente le responsabilità e i diritti che devono essere valutati e gestiti in modo puntiglioso e equilibrato, altrimenti - come si insegna nella Scuola di Guerra (per chi l’ha frequentata) - i conflitti non termineranno mai.
Carl von Clausewitz, nel suo capolavoro “Della guerra (Vom Kriege)”, ha illustrato bene i concetti che spiegano perché le ostilità, anche se cessano, sono una condizione quasi permanente del contesto politico. Secondo Clausewitz, infatti, "La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi".
La guerra tra Ucraina e Russia non può finire come credono i negoziatori improvvisati nominati dall’Amministrazione americana, per gestire le trattative con i russi e gli ucraini. I diplomatici e i vertici militari realmente preparati sanno bene che anche se si firmasse un accordo di pace, soprattutto alle condizioni imposte dalla Russia, questo innescherebbe la resistenza degli ucraini che porrebbero in essere tutte le azioni necessarie per proteggersi dai russi in futuro.
La guerra non può finire accogliendo in toto le richieste di Putin. Troppi lutti, troppo dolore, troppa distruzione. Non si potranno cancellare 4 anni di guerra cruenta con una firma su un pezzo di carta. Nel recente passato, sono stati già firmati dei trattati di pace e di tutela dei confini e della sovranità dell’Ucraina, a partire dagli accordi di Budapest firmati il 5 dicembre del 1994. Questi accordi impegnano la Russia a rispettare i confini e la sovranità territoriale dell’Ucraina in cambio della consegna alla Russia delle testate nucleari presenti sul territorio ucraino. Accordi che non sono stati onorati dai russi.
La superficialità diplomatica dell’Amministrazione americana nella gestione della crisi ucraina e quanto affermato finora, vale per tutti i "sette" (o "otto") conflitti che il presidente Trump, nel suo intervento all'Assemblea generale dell'ONU, ha affermato di avere risolto in sette mesi. Qualcuno dovrebbe informare il presidente americano che le cose non stanno esattamente come lui afferma continuamente.
Fonte: Ciro Maddaloni
La “scossa” dell’Amministrazione americana non è rimasta senza effetto, anzi ha già sollecitato un dibattito intenso tra i leader europei. È emersa chiaramente la volontà di snellire e migliorare le capacità decisionali europee e di assumere maggiore consapevolezza dei problemi che devono essere gestiti all’interno dell’Unione, come ad esempio l’autosufficienza nella capacità di difesa del suolo europeo.
È evidente che l’Europa deve essere in grado di gestire senza intermediari o aiuti esterni le varie crisi, che da troppo tempo si stanno trascinando, senza che si arrivi ancora ad intravedere una via d’uscita. I leader europei avrebbero dovuto e potuto sfruttare l’occasione offerta dall’Amministrazione americana per spiegare come mobilitare le diplomazie per gestire la crisi attuale, nel rispetto delle regole stabilite nei trattati internazionali che sono stati calpestati dalla Russia.
Sarebbe stato sufficiente ricordare ai leader americani che per terminare una guerra è fondamentale definire chiaramente le responsabilità e i diritti che devono essere valutati e gestiti in modo puntiglioso e equilibrato, altrimenti - come si insegna nella Scuola di Guerra (per chi l’ha frequentata) - i conflitti non termineranno mai.
Carl von Clausewitz, nel suo capolavoro “Della guerra (Vom Kriege)”, ha illustrato bene i concetti che spiegano perché le ostilità, anche se cessano, sono una condizione quasi permanente del contesto politico. Secondo Clausewitz, infatti, "La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi".
La guerra tra Ucraina e Russia non può finire come credono i negoziatori improvvisati nominati dall’Amministrazione americana, per gestire le trattative con i russi e gli ucraini. I diplomatici e i vertici militari realmente preparati sanno bene che anche se si firmasse un accordo di pace, soprattutto alle condizioni imposte dalla Russia, questo innescherebbe la resistenza degli ucraini che porrebbero in essere tutte le azioni necessarie per proteggersi dai russi in futuro.
La guerra non può finire accogliendo in toto le richieste di Putin. Troppi lutti, troppo dolore, troppa distruzione. Non si potranno cancellare 4 anni di guerra cruenta con una firma su un pezzo di carta. Nel recente passato, sono stati già firmati dei trattati di pace e di tutela dei confini e della sovranità dell’Ucraina, a partire dagli accordi di Budapest firmati il 5 dicembre del 1994. Questi accordi impegnano la Russia a rispettare i confini e la sovranità territoriale dell’Ucraina in cambio della consegna alla Russia delle testate nucleari presenti sul territorio ucraino. Accordi che non sono stati onorati dai russi.
La superficialità diplomatica dell’Amministrazione americana nella gestione della crisi ucraina e quanto affermato finora, vale per tutti i "sette" (o "otto") conflitti che il presidente Trump, nel suo intervento all'Assemblea generale dell'ONU, ha affermato di avere risolto in sette mesi. Qualcuno dovrebbe informare il presidente americano che le cose non stanno esattamente come lui afferma continuamente.
Ad esempio, la guerra per la disputa di confine tra Thailandia e Cambogia, guerra che si trascina dal 1962 e per la quale sono stati firmati diversi accordi di pace non è affatto “conclusa”. L'ultimo accordo di pace firmato il 26 ottobre durante il vertice ASEAN a Kuala Lumpur, mediato (in parte) dagli Stati Uniti, per la de-escalation della disputa di confine e il rilascio dei prigionieri è già saltato, e il conflitto è ora appena riesploso in tutta la sua virulenza.
Lo stesso dicasi per la tanto decantata “pace” raggiunta tra Hamas e Israele, dove in realtà, i combattimenti non si sono mai fermati. Unico obiettivo raggiunto finora è la restituzione degli ostaggi sequestrati dai terroristi di Hamas il 7 ottobre del 2023, in cambio del rilascio di migliaia di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, molti dei quali responsabili di crimini efferati verso la popolazione civile di Israele. Certamente un risultato eccellente, ma che è ben lontano dal poter dire che la guerra nella Striscia di Gaza sia finita o che finirà a breve.
Per queste ragioni è fondamentale riprendere un dialogo costruttivo, fattivo e senza tentennamenti con la Russia. Dialogo guidato dai paesi europei in prima linea (Paesi Baltici, Scandinavi, Polonia e chiunque voglia aderire) non dagli Stati Uniti, che possono essere osservatori ma non negoziatori perché non sono direttamente coinvolti.
Lo stesso dicasi per la tanto decantata “pace” raggiunta tra Hamas e Israele, dove in realtà, i combattimenti non si sono mai fermati. Unico obiettivo raggiunto finora è la restituzione degli ostaggi sequestrati dai terroristi di Hamas il 7 ottobre del 2023, in cambio del rilascio di migliaia di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, molti dei quali responsabili di crimini efferati verso la popolazione civile di Israele. Certamente un risultato eccellente, ma che è ben lontano dal poter dire che la guerra nella Striscia di Gaza sia finita o che finirà a breve.
Per queste ragioni è fondamentale riprendere un dialogo costruttivo, fattivo e senza tentennamenti con la Russia. Dialogo guidato dai paesi europei in prima linea (Paesi Baltici, Scandinavi, Polonia e chiunque voglia aderire) non dagli Stati Uniti, che possono essere osservatori ma non negoziatori perché non sono direttamente coinvolti.
Le diplomazie e i vertici militari dei Paesi europei, devono superare le opposizioni di coloro che all’interno della UE hanno interessi diversi, per imporre alla Russia la cessazione immediata delle ostilità, con la trattativa e in alternativa con la forza.
Altrimenti la guerra in Ucraina durerà per sempre, come ha giustamente evidenziato la Commissaria europea Kaja Kallas, che conosce bene i russi per essere cresciuta sotto quella dittatura e per aver visto i suoi familiari deportati in Siberia.
Altrimenti la guerra in Ucraina durerà per sempre, come ha giustamente evidenziato la Commissaria europea Kaja Kallas, che conosce bene i russi per essere cresciuta sotto quella dittatura e per aver visto i suoi familiari deportati in Siberia.
Ciro Maddaloni
Esperto di eGovenment internazionale
Fonte: Ciro Maddaloni














