Il riconoscimento dimenticato: perché l’Italia già riconosce la Palestina
27-09-2025 08:41 - Opinioni
GD - Roma, 27 set. 25 - Il 27 luglio scorso un gruppo di 34 ambasciatori di grado, a riposo, vale a dire in pensione, coordinati, a quanto si apprende dalla stampa, da Pasquale Ferrara, negli ultimi quattro anni direttore generale degli Affari politici e di Sicurezza della Farnesina, cessato dal servizio il 1° luglio di quest’anno, hanno diffuso una lettera aperta al presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nell’ambito della quale, rammentando «i lunghi anni spesi nel servizio diplomatico, tenendo fede alla causa della pace e del dialogo, nello spirito dell’articolo 11 della Costituzione repubblicana», hanno sollecitato «l’immediato riconoscimento nazionale dello Stato di Palestina, dopo la Conferenza internazionale sull’attuazione della soluzione a due Stati, e in vista dell’ottantesima Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che si tiene a New York nel settembre del 2025». In proposito, hanno ritenuto che una tale iniziativa «da assumere con urgenza, [è] di altissimo significato politico e tutt’altro che meramente simbolica». Hanno aggiunto che la «decisione confermerebbe che da parte italiana la prospettiva di ‘due popoli, due Stati’ non è solo uno slogan privo di senso compiuto e di qualunque credibilità, ma che si tratta di un percorso negoziale da riprendere immediatamente».
Ai 34 ambasciatori, nel frattempo, altri se ne sono aggiunti, tanto da registrare ad oggi il cospicuo numero di 72 diplomatici.
L’appello è divenuto una petizione sul sito Change.org, di cui si è fatto promotore il medesimo Pasquale Ferrara, che ha raccolto ben 78.000 firme.
Sempre dalla stampa si è pure recentemente venuti a sapere che più di 500 funzionari e dipendenti della Farnesina, di ruolo e contrattisti, hanno scritto una lettera aperta ad Antonio Tajani, ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nella quale, dopo aver manifestato «il loro profondo disagio etico e professionale», hanno chiesto un deciso mutamento di rotta nella posizione dell’Italia di fronte al conflitto in atto, compreso il riconoscimento dello Stato di Palestina.
Anche il Coordinamento Esteri della FP-CGIL si è rivolto al Ministro con analoghe richieste, formulate nelle lettere del 31 luglio e 23 settembre 2025.
Come noto, in questa settimana, ulteriori 11 Stati hanno proceduto al riconoscimento dello Stato di Palestina, che oggi ne conta dunque 157 da parte dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite, tra cui quattro dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (salvo, ovviamente, gli Stati Uniti), più quello risalente al 2015 della Santa Sede.
Come noto, in questa settimana, ulteriori 11 Stati hanno proceduto al riconoscimento dello Stato di Palestina, che oggi ne conta dunque 157 da parte dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite, tra cui quattro dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (salvo, ovviamente, gli Stati Uniti), più quello risalente al 2015 della Santa Sede.
Significativamente, i detti riconoscimenti si avvicinano molto a quelli ricevuti dallo Stato di Israele (164 Stati membri delle Nazioni Unite, oltre alla Santa Sede).
Il 24 settembre scorso, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che può avvalersi sia di un ufficio del consigliere diplomatico presso il quale sono distaccati dalla Farnesina diversi funzionari sia di consiglieri giuridici di notoria competenza, ha formalizzato la posizione del governo sul riconoscimento della Palestina nell’intervento tenuto davanti all’80ª sessione
Il 24 settembre scorso, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che può avvalersi sia di un ufficio del consigliere diplomatico presso il quale sono distaccati dalla Farnesina diversi funzionari sia di consiglieri giuridici di notoria competenza, ha formalizzato la posizione del governo sul riconoscimento della Palestina nell’intervento tenuto davanti all’80ª sessione
dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Al riguardo ha annunciato che «il riconoscimento della Palestina debba avere due precondizioni irrinunciabili: il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani e la rinuncia da parte di Hamas ad avere qualsiasi ruolo nel governo della Palestina».
Poco prima in un punto stampa aveva affermato che la maggioranza presenterà alle Camere una mozione, confidando che un’operazione del genere possa trovare il consenso dell’opposizione.
Ha risposto, a stretto giro, l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, presidente del MoVimento 5 Stelle, incidentalmente professore ordinario di diritto privato all’Università di Firenze, in aspettativa per mandato parlamentare, rilevando in un post su Instagram che «il riconoscimento ‘condizionato’ dello Stato della Palestina, l’ultima ‘trovata’ di Meloni, è un misero espediente che conferma l’ignavia del nostro Governo. Il riconoscimento di uno Stato è un atto formale, che in questo caso ha anche un alto valore simbolico oltreché politico».
Ora, gli studiosi del diritto diplomatico, che è un settore del diritto internazionale, ben sanno che la forma del riconoscimento non è tipizzata. Oltre che essere espresso, cioè risultare da una formale dichiarazione, cioè da un atto unilaterale internazionale, consegnato ad una nota verbale, come pure ad un comunicato stampa, il riconoscimento sia di Stato sia di governo può essere anche tacito o implicito ed essere desunto da comportamenti concludenti dello Stato che lo effettua, che consistono, in genere, nello stabilimento di relazioni diplomatiche, nell’accreditamento e nella ricezione di organi diplomatici, nell’invio e nella ricezione di consoli, con concessione di exequatur, nonché nella conclusione di accordi bilaterali che regolano nel loro complesso le relazioni fra le parti.
Ha risposto, a stretto giro, l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, presidente del MoVimento 5 Stelle, incidentalmente professore ordinario di diritto privato all’Università di Firenze, in aspettativa per mandato parlamentare, rilevando in un post su Instagram che «il riconoscimento ‘condizionato’ dello Stato della Palestina, l’ultima ‘trovata’ di Meloni, è un misero espediente che conferma l’ignavia del nostro Governo. Il riconoscimento di uno Stato è un atto formale, che in questo caso ha anche un alto valore simbolico oltreché politico».
Ora, gli studiosi del diritto diplomatico, che è un settore del diritto internazionale, ben sanno che la forma del riconoscimento non è tipizzata. Oltre che essere espresso, cioè risultare da una formale dichiarazione, cioè da un atto unilaterale internazionale, consegnato ad una nota verbale, come pure ad un comunicato stampa, il riconoscimento sia di Stato sia di governo può essere anche tacito o implicito ed essere desunto da comportamenti concludenti dello Stato che lo effettua, che consistono, in genere, nello stabilimento di relazioni diplomatiche, nell’accreditamento e nella ricezione di organi diplomatici, nell’invio e nella ricezione di consoli, con concessione di exequatur, nonché nella conclusione di accordi bilaterali che regolano nel loro complesso le relazioni fra le parti.
Solitamente il riconoscimento dipende da una decisione del governo (o del Capo dello Stato nei sistemi presidenziali o semipresidenziali), talvolta, benché raramente, successiva ad un’autorizzazione parlamentare.
Ebbene, per quanto riguarda la Palestina, lasciano stupefatti gli appelli di professionisti della diplomazia, i pareri sicuramente espressi da uffici a supporto del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri e la posizione di un ex capo del governo in possesso di confermate competenze giuridiche.
Invero, l’Italia, già da più di due lustri, ha proceduto al riconoscimento implicito dello Stato di Palestina avendo formalmente accreditato la persona indicata per guidare la relativa ambasciata. Lo provano, incontrovertibilmente, la ricezione, il 16 ottobre 2013, al Quirinale, da parte del presidente Napolitano,delle lettere credenziali dell’allora ambasciatrice Mai Al Kaila, la ricezione, il 25 ottobre 2019, da parte del presidente Mattarella, delle lettere credenziali dell’ambasciatrice Abeer Hodeh nonché la ricezione, il 25 settembre scorso, da parte del presidente Mattarella dell’attuale ambasciatrice dello Stato di Palestina Mona Abuamara.
Le relazioni diplomatiche, peraltro, non sono simmetriche. La Palestina ha una propria ambasciata presso il Quirinale, con sede a Roma, in un palazzetto di viale Guido Baccelli, nel quartiere di San Saba (posto sotto la protezione delle Forze di Polizia, supportate da un presidio dell’Esercito Italiano nell’ambito dell’Operazione Strade Sicure) e, come tale, puntualmente indicata nella Lista diplomatica tenuta dal Cerimoniale diplomatico della Repubblica, tra le «ambasciate estere in Italia».
Ebbene, per quanto riguarda la Palestina, lasciano stupefatti gli appelli di professionisti della diplomazia, i pareri sicuramente espressi da uffici a supporto del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri e la posizione di un ex capo del governo in possesso di confermate competenze giuridiche.
Invero, l’Italia, già da più di due lustri, ha proceduto al riconoscimento implicito dello Stato di Palestina avendo formalmente accreditato la persona indicata per guidare la relativa ambasciata. Lo provano, incontrovertibilmente, la ricezione, il 16 ottobre 2013, al Quirinale, da parte del presidente Napolitano,delle lettere credenziali dell’allora ambasciatrice Mai Al Kaila, la ricezione, il 25 ottobre 2019, da parte del presidente Mattarella, delle lettere credenziali dell’ambasciatrice Abeer Hodeh nonché la ricezione, il 25 settembre scorso, da parte del presidente Mattarella dell’attuale ambasciatrice dello Stato di Palestina Mona Abuamara.
Le relazioni diplomatiche, peraltro, non sono simmetriche. La Palestina ha una propria ambasciata presso il Quirinale, con sede a Roma, in un palazzetto di viale Guido Baccelli, nel quartiere di San Saba (posto sotto la protezione delle Forze di Polizia, supportate da un presidio dell’Esercito Italiano nell’ambito dell’Operazione Strade Sicure) e, come tale, puntualmente indicata nella Lista diplomatica tenuta dal Cerimoniale diplomatico della Repubblica, tra le «ambasciate estere in Italia».
L’Italia, invece, non ha un proprio ambasciatore presso lo Stato di Palestina, nemmeno in accreditamento multiplo o non residente e le relazioni con le autorità palestinesi sono curate dal Consolato generale a Gerusalemme, il cui titolare, a quanto risulta, non presenta lettere patenti per i territori palestinesi, ma procede soltanto, per motivi di cortesia, alla notifica di lettere di presentazione.
Pertanto, considerato che il riconoscimento è avvenuto da tempo e che relazioni diplomatiche sono in corso da oltre un decennio, l’unico reale segnale di attenzione allo Stato di Palestina che il governo di Roma potrebbe dare potrebbe consistere nell’iniziare la procedura volta all’accreditamento del proprio ambasciatore.
Pertanto, considerato che il riconoscimento è avvenuto da tempo e che relazioni diplomatiche sono in corso da oltre un decennio, l’unico reale segnale di attenzione allo Stato di Palestina che il governo di Roma potrebbe dare potrebbe consistere nell’iniziare la procedura volta all’accreditamento del proprio ambasciatore.
Una eventuale dichiarazione espressa, volta al formale riconoscimento della Palestina, quale quella richiesta con insistenza dall’opposizione governativa, non comporterebbe invece alcun effetto giuridico ma, al più, avrebbe soltanto una valenza mediatica.
Quindi, senza voler minimamente sottacere la tragedia alla quale assistiamo quotidianamente per la morte di incolpevoli civili, in buona parte donne e bambini – dopo il vile attacco del 7 ottobre 2023 di Hamas ad Israele e la reazione di quest’ultimo, inizialmente legittima ma ora assolutamente sproporzionata e del tutto inaccettabile non solo alla luce delle regole del diritto internazionale umanitario ma anche secondo elementari criteri di civiltà – il dibattito sul riconoscimento della Palestina, che si è prodotto in questi mesi, tra appelli e dichiarazioni, appare lunare e non supportato da un qualsivoglia elemento apprezzabile sotto il profilo giuridico.
Al riguardo del tutto impropria sarebbe una discussione alle Camere di mozioni contrapposte sul riconoscimento della Palestina, suscettibile, al contrario, di esacerbare inutilmente i toni su una questione a dire il vero inesistente.
Per colui che ha speso una vita intera nella ricerca scientifica, nello studio e nell’insegnamento del diritto internazionale è un dovere professionale, oltre che morale, fornire una rappresentazione autentica della realtà fattuale: tacere significherebbe abdicare al proprio ruolo di divulgatore della conoscenza. Chi scrive sostiene da tempo la posizione sopra espressa (Italia e Stato di Palestina, le contraddizioni (politiche) che è meglio evitare, in ilsussidiario.net 27 maggio 2024), peraltro con voce ferma ma inascoltata. Mai come ora appare più che valida la locuzione latina repetita iuvant, d’incerta origine ma di grande saggezza, che significa «le cose ripetute giovano».
Per colui che ha speso una vita intera nella ricerca scientifica, nello studio e nell’insegnamento del diritto internazionale è un dovere professionale, oltre che morale, fornire una rappresentazione autentica della realtà fattuale: tacere significherebbe abdicare al proprio ruolo di divulgatore della conoscenza. Chi scrive sostiene da tempo la posizione sopra espressa (Italia e Stato di Palestina, le contraddizioni (politiche) che è meglio evitare, in ilsussidiario.net 27 maggio 2024), peraltro con voce ferma ma inascoltata. Mai come ora appare più che valida la locuzione latina repetita iuvant, d’incerta origine ma di grande saggezza, che significa «le cose ripetute giovano».
Si ritiene, dunque, che la reiterazione dei concetti ne agevoli la comprensione. Dinanzi all’acceso dibattito di queste ore, che involge nozioni e procedure giuridiche di una certa complessità, le quali non dovrebbero essere svilite da una propaganda politica spesso esalante sgradevoli note di tornaconto elettorale, la ripetizione aiuta a sedimentarne il significato e la portata, oltre a raggiungere un pubblico più vasto.
Carlo Curti Gialdino
Professore di Diritto diplomatico-consolare internazionale ed europeo, Sapienza Università di Roma
Vicepresidente dell’Istituto Diplomatico Internazionale
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Carlo Curti Gialdino
Professore di Diritto diplomatico-consolare internazionale ed europeo, Sapienza Università di Roma
Vicepresidente dell’Istituto Diplomatico Internazionale
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