Il possibile cambiamento geopolitico dopo Papa Francesco
22-04-2025 17:55 - Opinioni

GD – Roma, 22 apr. 25 - Papa Francesco ci ha appena lasciati e questo vuoto avrà un forte impatto sul mondo cattolico e sul panorama geopolitico globale, essendo stato il pontefice espressione chiara degli Ultimi e dei sofferenti. È prematuro preconizzare cambiamenti auspicabili, diretti o immediati possibili, come mutamenti nella corsa al riarmo, nello sterminio di Gaza, nell’occupazione della Cisgiordania, nella guerra Russia-Ucraina, negli attriti sanguinosi in Libano, Siria, Congo, Sudan o in tutte le altre regioni del globo dove guerre, interessi politici o imperialistici mietono vittime civili e inermi. E di cui papa Francesco rappresentava un anelito di speranza.
Questo Papa ci ha semplicemente ribadito quanto di più evangelico poteva fare: “porgi l’altra guancia”, “amate i vostri nemici”. Papa Francesco ha sussurrato a tutte le coscienze, senza distinzione tra “buoni” e “cattivi”, che tanta politica ipocritamente si affanna a dichiarare dissimulando gli sporchi traffici alimentati dell’eterna avidità dei potenti.
Papa Francesco è stato una figura chiave nella promozione del disarmo, della diplomazia e del dialogo tra i popoli, una voce etica per la pace. La sua scomparsa lascia temporaneamente un vuoto morale, che solo un uomo che veniva dal Sud del mondo poteva creare in una landa di finti pacifisti, tutti presi dalle loro aspirazioni di egemonia e influenza globale nella comunità internazionale, soprattutto in momenti di tensione (come le guerre in Ucraina e nel Medio Oriente). La sua costante opposizione alla corsa agli armamenti tradizionali e nucleari e ai conflitti potrebbe quindi venire meno nel breve periodo. Alimentando quell’allarme che lanciò quasi inascoltato ben 10 anni fa, della "Terza Guerra mondiale spezzettata".
Quali potrebbero essere la transizione e i posizionamenti geopolitici? Durante il Conclave per l’elezione del nuovo Papa ci saranno inevitabili tentativi di influenza e di ingerenza anche da parte di taluni Stati: alcuni governi (soprattutto potenze regionali o globali) potrebbero cercare di influenzare indirettamente il profilo del futuro Pontefice, in modo da avere un Vaticano più allineato (o meno ostile) alle loro politiche estere, spesso, troppo spesso aggressive. Dissimulando così le reali intenzioni mercantili in spregio a qualsiasi valore etico, morale oltre che religioso di cui la Chiesa Cattolica è portatrice da secoli.
Il Vaticano durante il pontificato di Papa Francesco ha avuto un ruolo attivo in molti negoziati diplomatici. Tra cui quelli fra Cuba e gli Stati Uniti, ma anche e non solo tra Russia e Ucraina. Un cambiamento al vertice del Vaticano potrebbe insomma influenzare la politica estera della Santa Sede: un nuovo Papa meno impegnato diplomaticamente o più schierato potrebbe cambiare l’equilibrio delle alleanze “morbide” tra Stati, condizionando indirettamente pure la sicurezza internazionale.
Papa Francesco ha avuto un’enorme influenza sui movimenti pacifisti e sull’opinione pubblica globale. La sua morte potrebbe indebolire il fronte mondiale contro la militarizzazione, permettendo a certe potenze di avanzare politiche più aggressive senza lo stesso livello di pressione morale internazionale. La sua scomparsa renderà più facile anche la sempre più pressante repressione che le “democrazie” occidentali stanno via via esercitando sul dissenso e non differenziandosi più con le “altre” democrazie, quelle esecrate e definite totalitarie o, peggio, ancora le dittature.
Seppure non ci saranno cambiamenti strutturali nelle alleanze militari (come la NATO) o negli accordi bilaterali, l’assenza di Papa Francesco potrà indebolire la pressione morale e diplomatica contro le guerre e a favore del disarmo. Molto dipenderà dal profilo e dall’agenda che si darà il prossimo Papa.
Un successore sulla scia di Francesco, magari dell’America Latina, dell’Africa o dell’Asia, con forte attenzione alla giustizia sociale, all’ambiente, alla pace e ai diritti umani continuerebbe de facto la linea apertamente gettata contro le violenze, la guerra e i traffici di armi.
Anzi, potrebbe rafforzare il ruolo diplomatico del Vaticano, in particolar modo per quei conflitti “dimenticati”, come quelli in Africa, Asia o nella stessa America latina. Rischierebbe forse una frattura più netta con le potenze occidentali e orientali che più investono nella difesa, come USA, Russia, Cina e Israele. Potrebbe spingere per una revisione etica della difesa europea, incoraggiando più investimenti nella diplomazia e meno sulle armi.
Il ruolo etico-morale del Vaticano proseguirebbe, ma con un potenziale aumento della polarizzazione o multipolarizzazione delle potenze militari globali. Il nuovo Pontefice potrebbe essere europeo o nordamericano, con toni più concilianti verso le istituzioni tradizionali e meno interventista in politica internazionale. Un Papa “cuscinetto” che deprimerebbe ancora di più lo scarso seguito sostanziale dei valori cristiani nel mondo politico. Un’ipotesi di una minore attenzione pubblica ai conflitti e alle ingiustizie globali con una possibile “normalizzazione” del ruolo del Vaticano: meno voci contro la NATO, contro la guerra in Ucraina o a Gaza, ad esempio. Naturalmente meno interferenze su temi come l’energia nucleare militare, che Francesco ha condannato fermamente.
Il Vaticano si ritirerebbe così dal dibattito geopolitico diretto. E, forse, molti ne sarebbero felici. Le potenze militari potrebbero muoversi con più libertà morale e senza sentirsi costretti a una via diplomatica.
Diverso si profilerebbe con l’elezione di un Papa africano o asiatico fortemente carismatico, proveniente da aree del mondo in cui i conflitti sono vissuti in modo diretto e quotidiano. In questo ultimo caso potrebbe portare l’attenzione globale su scontri spesso ignorati (Sudan, Myanmar, RDC), potrebbe schierarsi apertamente contro le politiche delle grandi potenze nelle ex colonie o forse divenire un potenziale alleato del Sud globale nella critica al sistema di difesa dominato dal Nord globale.
Ne conseguirebbe un rafforzamento della voce morale del Sud del mondo. Potrebbe diventare un punto di riferimento per la diplomazia alternativa e anti-militarista.
La figura del Papa non ha un potere esecutivo sulle politiche di difesa, ma ha un’enorme influenza sull’opinione pubblica, sulle diplomazie, e sulle élite culturali e religiose. Il suo ruolo può, quindi, indirettamente stigmatizzare e delegittimare guerre, influenzare le scelte di investimento in armamenti, spingere alla mediazione o alla radicalizzazione dei valori.
Come ultima riflessione ed auspicio l’ipotesi di un nuovo pontefice dalla caratura carismatica, come quella di Karol Woytila, Papa Giovanni Paolo II, che potrebbe fare una certa differenza su tutti i “tavoli” e scacchieri geopolitici. Forse, facendoci capire che il messaggio evangelico non solo esiste ancora, ma forse, mai come adesso, potrebbe rappresentare una voce di confronto di una umanità migliore rispetto a quella che tristemente osserviamo nei leader mondiali.
Fonte: Cristina Di Silvio
Questo Papa ci ha semplicemente ribadito quanto di più evangelico poteva fare: “porgi l’altra guancia”, “amate i vostri nemici”. Papa Francesco ha sussurrato a tutte le coscienze, senza distinzione tra “buoni” e “cattivi”, che tanta politica ipocritamente si affanna a dichiarare dissimulando gli sporchi traffici alimentati dell’eterna avidità dei potenti.
Papa Francesco è stato una figura chiave nella promozione del disarmo, della diplomazia e del dialogo tra i popoli, una voce etica per la pace. La sua scomparsa lascia temporaneamente un vuoto morale, che solo un uomo che veniva dal Sud del mondo poteva creare in una landa di finti pacifisti, tutti presi dalle loro aspirazioni di egemonia e influenza globale nella comunità internazionale, soprattutto in momenti di tensione (come le guerre in Ucraina e nel Medio Oriente). La sua costante opposizione alla corsa agli armamenti tradizionali e nucleari e ai conflitti potrebbe quindi venire meno nel breve periodo. Alimentando quell’allarme che lanciò quasi inascoltato ben 10 anni fa, della "Terza Guerra mondiale spezzettata".
Quali potrebbero essere la transizione e i posizionamenti geopolitici? Durante il Conclave per l’elezione del nuovo Papa ci saranno inevitabili tentativi di influenza e di ingerenza anche da parte di taluni Stati: alcuni governi (soprattutto potenze regionali o globali) potrebbero cercare di influenzare indirettamente il profilo del futuro Pontefice, in modo da avere un Vaticano più allineato (o meno ostile) alle loro politiche estere, spesso, troppo spesso aggressive. Dissimulando così le reali intenzioni mercantili in spregio a qualsiasi valore etico, morale oltre che religioso di cui la Chiesa Cattolica è portatrice da secoli.
Il Vaticano durante il pontificato di Papa Francesco ha avuto un ruolo attivo in molti negoziati diplomatici. Tra cui quelli fra Cuba e gli Stati Uniti, ma anche e non solo tra Russia e Ucraina. Un cambiamento al vertice del Vaticano potrebbe insomma influenzare la politica estera della Santa Sede: un nuovo Papa meno impegnato diplomaticamente o più schierato potrebbe cambiare l’equilibrio delle alleanze “morbide” tra Stati, condizionando indirettamente pure la sicurezza internazionale.
Papa Francesco ha avuto un’enorme influenza sui movimenti pacifisti e sull’opinione pubblica globale. La sua morte potrebbe indebolire il fronte mondiale contro la militarizzazione, permettendo a certe potenze di avanzare politiche più aggressive senza lo stesso livello di pressione morale internazionale. La sua scomparsa renderà più facile anche la sempre più pressante repressione che le “democrazie” occidentali stanno via via esercitando sul dissenso e non differenziandosi più con le “altre” democrazie, quelle esecrate e definite totalitarie o, peggio, ancora le dittature.
Seppure non ci saranno cambiamenti strutturali nelle alleanze militari (come la NATO) o negli accordi bilaterali, l’assenza di Papa Francesco potrà indebolire la pressione morale e diplomatica contro le guerre e a favore del disarmo. Molto dipenderà dal profilo e dall’agenda che si darà il prossimo Papa.
Un successore sulla scia di Francesco, magari dell’America Latina, dell’Africa o dell’Asia, con forte attenzione alla giustizia sociale, all’ambiente, alla pace e ai diritti umani continuerebbe de facto la linea apertamente gettata contro le violenze, la guerra e i traffici di armi.
Anzi, potrebbe rafforzare il ruolo diplomatico del Vaticano, in particolar modo per quei conflitti “dimenticati”, come quelli in Africa, Asia o nella stessa America latina. Rischierebbe forse una frattura più netta con le potenze occidentali e orientali che più investono nella difesa, come USA, Russia, Cina e Israele. Potrebbe spingere per una revisione etica della difesa europea, incoraggiando più investimenti nella diplomazia e meno sulle armi.
Il ruolo etico-morale del Vaticano proseguirebbe, ma con un potenziale aumento della polarizzazione o multipolarizzazione delle potenze militari globali. Il nuovo Pontefice potrebbe essere europeo o nordamericano, con toni più concilianti verso le istituzioni tradizionali e meno interventista in politica internazionale. Un Papa “cuscinetto” che deprimerebbe ancora di più lo scarso seguito sostanziale dei valori cristiani nel mondo politico. Un’ipotesi di una minore attenzione pubblica ai conflitti e alle ingiustizie globali con una possibile “normalizzazione” del ruolo del Vaticano: meno voci contro la NATO, contro la guerra in Ucraina o a Gaza, ad esempio. Naturalmente meno interferenze su temi come l’energia nucleare militare, che Francesco ha condannato fermamente.
Il Vaticano si ritirerebbe così dal dibattito geopolitico diretto. E, forse, molti ne sarebbero felici. Le potenze militari potrebbero muoversi con più libertà morale e senza sentirsi costretti a una via diplomatica.
Diverso si profilerebbe con l’elezione di un Papa africano o asiatico fortemente carismatico, proveniente da aree del mondo in cui i conflitti sono vissuti in modo diretto e quotidiano. In questo ultimo caso potrebbe portare l’attenzione globale su scontri spesso ignorati (Sudan, Myanmar, RDC), potrebbe schierarsi apertamente contro le politiche delle grandi potenze nelle ex colonie o forse divenire un potenziale alleato del Sud globale nella critica al sistema di difesa dominato dal Nord globale.
Ne conseguirebbe un rafforzamento della voce morale del Sud del mondo. Potrebbe diventare un punto di riferimento per la diplomazia alternativa e anti-militarista.
La figura del Papa non ha un potere esecutivo sulle politiche di difesa, ma ha un’enorme influenza sull’opinione pubblica, sulle diplomazie, e sulle élite culturali e religiose. Il suo ruolo può, quindi, indirettamente stigmatizzare e delegittimare guerre, influenzare le scelte di investimento in armamenti, spingere alla mediazione o alla radicalizzazione dei valori.
Come ultima riflessione ed auspicio l’ipotesi di un nuovo pontefice dalla caratura carismatica, come quella di Karol Woytila, Papa Giovanni Paolo II, che potrebbe fare una certa differenza su tutti i “tavoli” e scacchieri geopolitici. Forse, facendoci capire che il messaggio evangelico non solo esiste ancora, ma forse, mai come adesso, potrebbe rappresentare una voce di confronto di una umanità migliore rispetto a quella che tristemente osserviamo nei leader mondiali.
Cristina Di Silvio
Esperta di relazioni internazionali
Esperta di relazioni internazionali
Fonte: Cristina Di Silvio