Hamas–Israele: svolta nei colloqui, intesa di principio e nodi aperti
09-10-2025 17:27 - Opinioni
GD - Tel Aviv, 9 ott. 25 - Israele e Hamas hanno accettato la prima fase di un’intesa che combina cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi, al termine di colloqui indiretti a Sharm el-Sheikh mediati da Stati Uniti, Qatar ed Egitto, con un ruolo crescente della Turchia. Il pacchetto prevede una tregua iniziale, scambi tra ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi e un alleggerimento graduale della presenza militare israeliana (IDF) nella Striscia.
Fonte: Giampaolo Eleuteri
È il primo passo di un piano sostenuto da Washington; ma restano aperti i nodi su disarmo, governance e sicurezza dei confini.
La tregua scatterà dopo la ratifica in Israele e l’avvio delle prime liberazioni; la tempistica indica rilasci entro 72 ore e un aumento dei corridoi umanitari per carburante, cibo e forniture mediche. È previsto un parziale ritiro di unità israeliane da aree centrali di Gaza, con mantenimento di dispositivi di sicurezza lungo perimetri sensibili.
La tregua scatterà dopo la ratifica in Israele e l’avvio delle prime liberazioni; la tempistica indica rilasci entro 72 ore e un aumento dei corridoi umanitari per carburante, cibo e forniture mediche. È previsto un parziale ritiro di unità israeliane da aree centrali di Gaza, con mantenimento di dispositivi di sicurezza lungo perimetri sensibili.
Feste spontanee si sono subito registrate a Tel Aviv e in città della Striscia, segnale di aspettative elevate e di fragilità potenziale.
Il segretario generale dell’ONU ha definito l’accordo “significativo” verso l’autodeterminazione palestinese e una soluzione a due Stati sollecitando accesso umanitario pieno.
Il segretario generale dell’ONU ha definito l’accordo “significativo” verso l’autodeterminazione palestinese e una soluzione a due Stati sollecitando accesso umanitario pieno.
Le stime più accreditate parlano di oltre 67.000 morti a Gaza dall’inizio della guerra del 2023, 1.200 vittime in Israele e centinaia di ostaggi, parte dei quali non localizzati.
La portata della crisi impone monitoraggio internazionale dell’attuazione e protezione dei civili durante la transizione. Il dispositivo di attuazione include una “task force” di verifica e un meccanismo terzo per gestire contestazioni (luoghi di consegna, liste dei detenuti, regole d’ingaggio). Ankara ha offerto di partecipare al monitoraggio; la dimensione regionale, con Egitto e Qatar in primo piano, resta essenziale per l’esecuzione. La solidità del quadro dipenderà da strumenti anti-sabotaggio credibili e da incentivi coerenti.
L’Unione Europea sostiene la sequenza tregua-ostaggi come via per la de-escalation, chiedendo il rilascio incondizionato dei rapiti e più aiuti, con prospettiva di cessate il fuoco permanente. Alcuni Stati membri legano impegni a passi verificabili su sicurezza e governance a Gaza.
La struttura dell’intesa ruota attorno a tre assi. Sicurezza: Israele chiede garanzie contro il riarmo e il ritorno di capacità offensive, con controllo delle frontiere, interdizione dei tunnel e ispezioni multilaterali.
L’Unione Europea sostiene la sequenza tregua-ostaggi come via per la de-escalation, chiedendo il rilascio incondizionato dei rapiti e più aiuti, con prospettiva di cessate il fuoco permanente. Alcuni Stati membri legano impegni a passi verificabili su sicurezza e governance a Gaza.
La struttura dell’intesa ruota attorno a tre assi. Sicurezza: Israele chiede garanzie contro il riarmo e il ritorno di capacità offensive, con controllo delle frontiere, interdizione dei tunnel e ispezioni multilaterali.
Istituzioni: il “giorno dopo” richiede un’autorità amministrativa funzionale, da gestione tecnica sostenuta da partner arabi a forme di supervisione internazionale limitata.
Sequenza politica: per Hamas la fine della guerra e il ritiro completo sono condizioni chiave; per Israele priorità sono liberazione integrale degli ostaggi e neutralizzazione delle minacce.
Sul terreno l’implementazione seguirà fasi progressive: cessazione delle ostilità, scambi scaglionati, apertura dei valichi e ripristino dei servizi essenziali. Il rischio principale è l’interpretazione divergente di clausole chiave (perimetri di ritiro, libertà di movimento, criteri per gli scambi), con possibili incidenti e accuse reciproche. Per ridurre l’attrito, il meccanismo di verifica dovrà avere tempi certi, accessi garantiti e facoltà di arbitrato tecnico.
Le leve esterne fungono da moltiplicatori di credibilità: gli Stati Uniti concentrano capitale politico sul consolidamento della tregua in cambio di progressi misurabili su ostaggi e aiuti; Qatar ed Egitto mantengono i canali con gli attori chiave; la Turchia prospetta un ruolo operativo. Un coordinamento stretto con l’ONU è necessario per evitare vuoti di enforcement e introdurre correttivi rapidi.
In conclusione, l’intesa non chiude il conflitto ma apre una finestra negoziale. La sua tenuta dipende dalla capacità delle parti di disinnescare sabotaggi, risolvere le dispute applicative e tradurre la tregua in riduzione stabile della violenza. Solo una sequenza realistica come: la tregua, la liberazione completa degli ostaggi e il consolidamento di sicurezza e servizi potranno fungere da iniziale percorso politico con le dovute garanzie internazionali potrà trasformare un cessate il fuoco fragile in un processo di pace.
Nei prossimi giorni la verifica sul campo mostrerà se l’intesa regge.
Sul terreno l’implementazione seguirà fasi progressive: cessazione delle ostilità, scambi scaglionati, apertura dei valichi e ripristino dei servizi essenziali. Il rischio principale è l’interpretazione divergente di clausole chiave (perimetri di ritiro, libertà di movimento, criteri per gli scambi), con possibili incidenti e accuse reciproche. Per ridurre l’attrito, il meccanismo di verifica dovrà avere tempi certi, accessi garantiti e facoltà di arbitrato tecnico.
Le leve esterne fungono da moltiplicatori di credibilità: gli Stati Uniti concentrano capitale politico sul consolidamento della tregua in cambio di progressi misurabili su ostaggi e aiuti; Qatar ed Egitto mantengono i canali con gli attori chiave; la Turchia prospetta un ruolo operativo. Un coordinamento stretto con l’ONU è necessario per evitare vuoti di enforcement e introdurre correttivi rapidi.
In conclusione, l’intesa non chiude il conflitto ma apre una finestra negoziale. La sua tenuta dipende dalla capacità delle parti di disinnescare sabotaggi, risolvere le dispute applicative e tradurre la tregua in riduzione stabile della violenza. Solo una sequenza realistica come: la tregua, la liberazione completa degli ostaggi e il consolidamento di sicurezza e servizi potranno fungere da iniziale percorso politico con le dovute garanzie internazionali potrà trasformare un cessate il fuoco fragile in un processo di pace.
Nei prossimi giorni la verifica sul campo mostrerà se l’intesa regge.
Giampaolo Eleuteri
analista del MENA
Fonte: Giampaolo Eleuteri