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Giordania: le rivalità di un Regno sull’orlo di una crisi?

12-04-2021 15:36 - Opinioni
Michele Marsiglia, presidente Federpetroli Italia Michele Marsiglia, presidente Federpetroli Italia
GD – Roma, 12 apr. 21 - (L'Indro) - Nei miei viaggi in anni passati e durante le mie conversazioni con abitanti di quella parte di mondo chiamata Medio Oriente, in quel di Beirut e principalmente in un Libano sotto la ‘protezione' ONU con il contingente UNIFIL, spesso si udivano frasi del tipo “…è preferibile arrivare in Giordania e lì guardare il futuro”, parole queste pronunciate in una Beirut non lontana, ma di anni recenti, sconvolta ancora per l'assassinio del primo ministro Rafik Hariri.
Stiamo parlando certamente di un Regno del Medio Oriente che per anni è stato considerato, anche se in una superficialità di pensiero, come un Paese calmo e da non creare disturbo: la Giordania. Certamente un limbo di terra non piccolo, circondato da fulcri dominanti di un continente delicato, particolare e di notevole interesse sia culturale che economico. Paesi confinanti come Arabia Saudita, Iraq, Siria ed Israele con un pezzo di terra seppur piccola, ma delle più conosciute a livello mondiale, l'area della West Bank, territori palestinesi in quota alla così poi denominata Cisgiordania. La Giordania, uno dei primi governi arabi a riconoscere la terra di Israele.
Non particolarmente ricca di attività volte alla produzione di idrocarburo, nonostante la sua posizione vicino a Paesi ricchi di olio e gas, ma interessante per le riserve dislocate di Shale-Oil e scisti da sabbie bituminose. Diverse compagnie petrolifere internazionali, come la Royal Ducht Shell, hanno siglato accordi per la fornitura di milioni di metri cubi di gas naturale liquido (LNG) al terminale di Aqaba. Non meno importante le attività esplorative mirate a determinare la consistenza di giacimenti di gas naturale al confine con l'Iraq.
Ma oggi la situazione è diversa, ci troviamo in un Regno dove gli scontri raramente negli anni sono diventati pubblici, se non per chi dall'interno ha vissuto il Paese più direttamente. Un Regno arabo che ha riconosciuto per primo la centralità delle donne nelle diverse iniziative internazionali e che con il tempo hanno inondato quel glamour delle riviste di moda con la consorte del Re, la Regina Rania, donna nata in Kuwait da genitori palestinesi.
Dopo quanto accaduto qualche mese fa alla famiglia regnante saudita, dopo le vicissitudini che già anni fa avevano colpito la Turchia, oggi anche in Giordania si grida al complotto. Un complotto, un colpo di Stato che conferirebbe oggi alla monarchia Hashemita, una delle più antiche del mondo arabo, con a capo Re Abdullah II, una immagine di debolezza nascosta per anni nel silenzio diplomatico.
Per un cenno storico, la famiglia governò la Mecca tra il Decimo secolo e il 1921, e secondo la tradizione discenderebbe direttamente da Maometto: re Abdullah II farebbe parte della 42esima generazione di discendenti.
Siamo in Medio Oriente e, come non mi stancherò mai di ripetere, terra bella ma difficile, dove l'idea di democrazia e potere è ben lontana e diversa dagli usi occidentalizzati di un mondo che si pensa essere moderno. Un fratellastro, il principe Hamzah bin Hussein, accusato di ordire un colpo di Stato ai danni del Sovrano. Non è tanto la piccola vicenda che per alcuni tratti mette in scena mediatica sul piano internazionale una saga tragica, quasi comica, da telenovela, ma bensì come una tale notizia o un meglio non definito membro di corte o di famiglia per discendenza, bisbiglia con persone poco raccomandabili da mettere in serio pericolo un Regno e l'intera famiglia regnante.
Se il rischio di colpo di Stato c'è, dovremmo allora percepire anche un malcontento popolare all'interno del Paese o è tutta una montatura da parte di quel Medio Oriente che reputa il Regno di Giordania ingombrante? Anche qui la trama si infittiste, come in Libia, di leader tribali e terzi che sono parte integrante di una terra mediorientale frammentata nel suo insieme di Stati e Regni. Una terra strategica e di notevole importanza internazionale, intrisa di rivalità familiari che vengono da lontano, forse come dicono in molti, causate da scelte dinastiche del defunto Re Hussein.
Due fratellastri di madri diverse, dove uno è Re e l'altro è dipinto come un carismatico esponente della famiglia reale, in ottimi rapporti con i capi tribali beduini, figure dominanti della dinastia Hashemita che compongono buona parte dell'esercito e dei servizi di sicurezza del Paese.
Qualche giorno fa le ultime parole pubbliche del Re Abdullah II: “La crisi è finita”. Ma forse siamo solo all'inizio.

Michele Marsiglia
Presidente di FederPetroli Italia
con il contributo dell'ambasciatore Massimo Lavezzo Cassinelli

https://lindro.it/giordania-le-rivalita-di-un-regno-sullorlo-di-una-crisi/


Fonte: L'Indro
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