Geopolitica della solidarietà: BRICS e alternativa a imperialismo finanziario
19-09-2025 16:08 - Opinioni
GD - Roma, 19 set. 25 - Oltre la diplomazia e al di là delle guerre, un conflitto invisibile ma decisivo sta ridisegnando gli equilibri globali: è lo scontro tra due modelli di sviluppo. Da un lato, il sistema finanziario occidentale, dominato da logiche speculative e da una crescente concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi; dall’altro, l’emergente paradigma economico dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), che si propone come alternativa fondata sull’economia reale, sulla cooperazione tra Stati aderenti e su un ordine multipolare.
Fonte: L’Eurispes
Negli ultimi decenni, l’economia occidentale ha visto l’ascesa incontrastata della finanza rispetto all’economia reale. A partire dagli anni ’80, con la deregolamentazione dei mercati finanziari e l’esplosione del neoliberismo, si è consolidato un modello in cui la rendita finanziaria ha superato, per peso e influenza, la produzione di beni e servizi. Secondo uno studio del McKinsey Global Institute, oggi, il valore degli asset finanziari globali supera di oltre tre volte il Pil mondiale, con una parte crescente di questi asset concentrata nelle mani dell’1% della popolazione.
Nel 2022, mentre il conflitto in Ucraina portava in primo piano la questione del grano, i fondi speculativi hanno moltiplicato i rincari. Questo squilibrio ha alimentato forme sempre più aggressive di speculazione, che non si limitano ai titoli azionari, ma penetrano anche nei mercati delle materie prime.
Nel 2022, mentre il conflitto in Ucraina portava in primo piano la questione del grano, i fondi speculativi hanno moltiplicato i rincari. Questo squilibrio ha alimentato forme sempre più aggressive di speculazione, che non si limitano ai titoli azionari, ma penetrano anche nei mercati delle materie prime.
Un caso emblematico è quello di BlackRock – il più grande gestore patrimoniale al mondo, con asset per oltre 10.000 miliardi di dollari – il cui ruolo negli Exchange Traded Funds (ETF) sulle commodities alimentari ha generato malumori e aspre critiche. Nel 2022, mentre il conflitto in Ucraina portava in primo piano la questione del grano, i fondi speculativi hanno moltiplicato i rincari: secondo Oxfam, il prezzo del grano è più che raddoppiato, nel giro di pochi mesi, non per carenze effettive, ma per dinamiche speculative. L’effetto? Fame in molte aree del mondo e aumento del costo della vita anche nei paesi sviluppati. La Banca Mondiale ha confermato che nel biennio 2021-2022 l’aumento dei prezzi energetici e alimentari ha spinto oltre 70 milioni di persone in povertà estrema. Un numero che ci pone un interrogativo sulla legittimità morale e politica di un sistema che antepone il profitto immediato alla sicurezza collettiva.
I BRICS si propongono di restituire centralità all’economia reale, rafforzare la sovranità degli Stati e costruire un ordine multipolareI BRICS – nati come semplice acronimo economico coniato nel 2001 da Jim O’Neill, economista di Goldman Sachs, nella sua nota ricerca intitolata “Building Better Global Economic BRICs” – si stanno trasformando in una piattaforma geopolitica e ideologica. I vertici più recenti – da San Pietroburgo fino ad Rio de Janeiro – hanno evidenziato una linea comune: restituire centralità all’economia reale, rafforzare la sovranità degli Stati e costruire un ordine multipolare. Nel documento redatto all’esito del vertice di Rio de Janeiro, i leader dei paesi emergenti hanno ribadito il rifiuto di un ordine mondiale dominato da un unico polo finanziario e militare. Di converso, hanno promosso la collaborazione economica tra Stati sovrani; il primato della crescita produttiva (infrastrutture, manifattura, agricoltura); il supporto attivo ai paesi in difficoltà, soprattutto nel Sud globale. La novità più dirompente è di certo la proposta di creare una borsa separata per il commercio delle merci alimentari, svincolata dalle logiche speculative dei mercati occidentali. L’obiettivo è duplice: garantire la sovranità alimentare e prevenire impennate artificiali dei prezzi. In tal modo, il blocco BRICS si propone come “difensore” delle materie prime essenziali, opponendosi alla finanziarizzazione del cibo.
Nel modello occidentale la finanza è strumento di dominio globale, un sistema in cui il debito è arma, la speculazione leva politica e l’instabilità un’opportunità di profitto. Nel modello occidentale, la finanza è divenuta uno strumento di dominio globale. Il sistema dei pagamenti SWIFT, le agenzie di rating (tutte con base in paesi NATO), la centralità del dollaro come valuta di riserva: tutto concorre a mantenere l’egemonia economica di Washington e delle sue élite. È ciò che molti osservatori, da Joseph Stiglitz a Michael Hudson, definiscono “finanza imperialista”: un sistema in cui il debito è arma, la speculazione è leva politica e l’instabilità diventa un’opportunità di profitto. A questo si oppone una visione, ancora in costruzione, che vede nella de-dollarizzazione e nella creazione di nuove valute digitali sovrane (come la CBDC del Brasile o il rublo digitale) strumenti per affrancarsi da tale dipendenza. Come evidenziato dal Fondo Monetario Internazionale, nel 2024, oltre il 40% dei prestiti e degli scambi commerciali tra paesi emergenti nell’ultimo biennio è avvenuto in valute diverse dal dollaro, grazie ad accordi bilaterali tra paesi BRICS. Tuttavia, non si può ignorare che anche il modello proposto dai BRICS presenta delle criticità.
Siamo di fronte a uno scontro paradigmatico tra un ordine fondato sulla centralità della finanza, e un ordine emergente che rivendica la centralità dell’economia reale. La Cina, ad esempio, pur investendo massicciamente nell’economia reale (come mostrano i dati della Belt and Road Initiative), ha un sistema bancario fortemente centralizzato e poco trasparente. La Russia, sotto sanzioni occidentali, ha puntato su un’economia di guerra. L’India, nonostante una crescita sostenuta, convive con profonde disuguaglianze interne. Eppure, ciò che distingue i BRICS non è la perfezione, ma l’intenzione strategica: costruire un sistema meno dipendente dalla speculazione e più orientato alla cooperazione produttiva. A testimoniarlo è la significativa assenza, dal vertice di Rio, di ogni riferimento a politiche protezionistiche o a dazi, in netto contrasto con la guerra commerciale intrapresa da Donald Trump e dagli Stati Uniti negli ultimi tempi. In conclusione, siamo di fronte a uno scontro paradigmatico: da una parte, un ordine fondato sulla centralità della finanza, della speculazione e della disuguaglianza crescente; dall’altra, un ordine emergente che rivendica la centralità dell’economia reale, della sovranità alimentare, della cooperazione tra Stati.
L’ascesa dei BRICS dimostra che il mondo sta cercando alternative a un sistema percepito come iniquo, instabile e non più tollerabileI BRICS, in questa visione, non sono solo un “club economico” ma l’embrione di un nuovo ordine mondiale. Non è un caso che tra il 2023 e il 2025, oltre 20 paesi abbiano formalmente chiesto di entrare nel blocco BRICS, tra cui Argentina, Egitto, Arabia Saudita ed Etiopia. È la dimostrazione che il mondo sta cercando alternative a un sistema percepito come iniquo, instabile e non più tollerabile. La sfida non è solo tra potenze, ma tra modelli di sviluppo, idee di giustizia sociale, economica e futuri possibili. E nel tempo della transizione multipolare, sarà sempre più difficile nascondere che la vera guerra in corso è quella tra speculazione e solidarietà, tra rendita e produzione, tra imperi finanziari e comunità sovrane. In fondo, nello scontro tra BRICS e sistema finanziario occidentale non si cela soltanto una divergenza economica o valutaria, ma una frattura culturale e giuridica molto più profonda, che riguarda il modello di convivenza sciale globale.
L’Occidente neoliberale ha progressivamente disarticolato i legami di solidarietà politica, economica e sociale, riducendoli a mere retoriche di coesione e finta inclusione. L’Occidente neoliberale ha progressivamente disarticolato i legami di solidarietà politica, economica e sociale, riducendoli a mere retoriche di coesione e finta inclusione, mentre praticava un modello fondato sulla finanziarizzazione dell’economia e sull’accumulazione predatoria ed efferata, come dimostrano le speculazioni sui beni alimentari e le diseguaglianze indotte dai grandi fondi di investimento globali (vedi, tra tutte, la crisi del grano). Di contro, l’orientamento dei BRICS — come emerge dalla Dichiarazione di Rio 2025 e dalla proposta di una borsa separata per le materie prime alimentari — mira a recuperare un principio ordinatore alternativo, centrato sull’economia reale e sulla cooperazione tra popoli. In questo senso, la solidarietà, da principio costituzionale (art. 2 Cost. italiana), si proietta come architrave possibile di un nuovo diritto globale inclusivo. Secondo il giurista Guido Alpa, la solidarietà è un principio che, ispirando l’intero ordinamento, supera la mera filantropia per incidere su settori concreti come il lavoro, la responsabilità civile, la tutela dei deboli. Allo stesso modo, Stefano Rodotà vedeva nella solidarietà la condizione per rendere effettivi i diritti, per trasformare la libertà individuale in responsabilità collettiva, e per costruire democrazie fondate sulla giustizia sostanziale.
I BRICS non sono solo un “club economico” ma l’embrione di un nuovo ordine mondiale. L’azione dei BRICS — con la promozione di strumenti finanziari alternativi, lo sviluppo di infrastrutture sostenibili e la revisione della governance globale — può allora essere letta come una traduzione geopolitica del principio di solidarietà: non più un’enunciazione astratta, ma un’ingegneria istituzionale multilaterale, orientata alla redistribuzione del potere economico e alla riqualificazione dell’interdipendenza globale. In questa prospettiva, il contrasto non è solo tra monete o mercati, ma tra due idee di ordine mondiale: una che concentra la ricchezza nelle mani di quei pochi che hanno accesso ai circuiti speculativi, e un’altra che — sulla scorta di un’etica pubblica della solidarietà — rivendica diritti, ridistribuzione e giustizia sociale. Resta ora da vedere quale direzione avrà la forza di imporsi, se quella dell’accentramento finanziario o quella di un nuovo equilibrio fondato sulla cooperazione tra popoli.
I BRICS si propongono di restituire centralità all’economia reale, rafforzare la sovranità degli Stati e costruire un ordine multipolareI BRICS – nati come semplice acronimo economico coniato nel 2001 da Jim O’Neill, economista di Goldman Sachs, nella sua nota ricerca intitolata “Building Better Global Economic BRICs” – si stanno trasformando in una piattaforma geopolitica e ideologica. I vertici più recenti – da San Pietroburgo fino ad Rio de Janeiro – hanno evidenziato una linea comune: restituire centralità all’economia reale, rafforzare la sovranità degli Stati e costruire un ordine multipolare. Nel documento redatto all’esito del vertice di Rio de Janeiro, i leader dei paesi emergenti hanno ribadito il rifiuto di un ordine mondiale dominato da un unico polo finanziario e militare. Di converso, hanno promosso la collaborazione economica tra Stati sovrani; il primato della crescita produttiva (infrastrutture, manifattura, agricoltura); il supporto attivo ai paesi in difficoltà, soprattutto nel Sud globale. La novità più dirompente è di certo la proposta di creare una borsa separata per il commercio delle merci alimentari, svincolata dalle logiche speculative dei mercati occidentali. L’obiettivo è duplice: garantire la sovranità alimentare e prevenire impennate artificiali dei prezzi. In tal modo, il blocco BRICS si propone come “difensore” delle materie prime essenziali, opponendosi alla finanziarizzazione del cibo.
Nel modello occidentale la finanza è strumento di dominio globale, un sistema in cui il debito è arma, la speculazione leva politica e l’instabilità un’opportunità di profitto. Nel modello occidentale, la finanza è divenuta uno strumento di dominio globale. Il sistema dei pagamenti SWIFT, le agenzie di rating (tutte con base in paesi NATO), la centralità del dollaro come valuta di riserva: tutto concorre a mantenere l’egemonia economica di Washington e delle sue élite. È ciò che molti osservatori, da Joseph Stiglitz a Michael Hudson, definiscono “finanza imperialista”: un sistema in cui il debito è arma, la speculazione è leva politica e l’instabilità diventa un’opportunità di profitto. A questo si oppone una visione, ancora in costruzione, che vede nella de-dollarizzazione e nella creazione di nuove valute digitali sovrane (come la CBDC del Brasile o il rublo digitale) strumenti per affrancarsi da tale dipendenza. Come evidenziato dal Fondo Monetario Internazionale, nel 2024, oltre il 40% dei prestiti e degli scambi commerciali tra paesi emergenti nell’ultimo biennio è avvenuto in valute diverse dal dollaro, grazie ad accordi bilaterali tra paesi BRICS. Tuttavia, non si può ignorare che anche il modello proposto dai BRICS presenta delle criticità.
Siamo di fronte a uno scontro paradigmatico tra un ordine fondato sulla centralità della finanza, e un ordine emergente che rivendica la centralità dell’economia reale. La Cina, ad esempio, pur investendo massicciamente nell’economia reale (come mostrano i dati della Belt and Road Initiative), ha un sistema bancario fortemente centralizzato e poco trasparente. La Russia, sotto sanzioni occidentali, ha puntato su un’economia di guerra. L’India, nonostante una crescita sostenuta, convive con profonde disuguaglianze interne. Eppure, ciò che distingue i BRICS non è la perfezione, ma l’intenzione strategica: costruire un sistema meno dipendente dalla speculazione e più orientato alla cooperazione produttiva. A testimoniarlo è la significativa assenza, dal vertice di Rio, di ogni riferimento a politiche protezionistiche o a dazi, in netto contrasto con la guerra commerciale intrapresa da Donald Trump e dagli Stati Uniti negli ultimi tempi. In conclusione, siamo di fronte a uno scontro paradigmatico: da una parte, un ordine fondato sulla centralità della finanza, della speculazione e della disuguaglianza crescente; dall’altra, un ordine emergente che rivendica la centralità dell’economia reale, della sovranità alimentare, della cooperazione tra Stati.
L’ascesa dei BRICS dimostra che il mondo sta cercando alternative a un sistema percepito come iniquo, instabile e non più tollerabileI BRICS, in questa visione, non sono solo un “club economico” ma l’embrione di un nuovo ordine mondiale. Non è un caso che tra il 2023 e il 2025, oltre 20 paesi abbiano formalmente chiesto di entrare nel blocco BRICS, tra cui Argentina, Egitto, Arabia Saudita ed Etiopia. È la dimostrazione che il mondo sta cercando alternative a un sistema percepito come iniquo, instabile e non più tollerabile. La sfida non è solo tra potenze, ma tra modelli di sviluppo, idee di giustizia sociale, economica e futuri possibili. E nel tempo della transizione multipolare, sarà sempre più difficile nascondere che la vera guerra in corso è quella tra speculazione e solidarietà, tra rendita e produzione, tra imperi finanziari e comunità sovrane. In fondo, nello scontro tra BRICS e sistema finanziario occidentale non si cela soltanto una divergenza economica o valutaria, ma una frattura culturale e giuridica molto più profonda, che riguarda il modello di convivenza sciale globale.
L’Occidente neoliberale ha progressivamente disarticolato i legami di solidarietà politica, economica e sociale, riducendoli a mere retoriche di coesione e finta inclusione. L’Occidente neoliberale ha progressivamente disarticolato i legami di solidarietà politica, economica e sociale, riducendoli a mere retoriche di coesione e finta inclusione, mentre praticava un modello fondato sulla finanziarizzazione dell’economia e sull’accumulazione predatoria ed efferata, come dimostrano le speculazioni sui beni alimentari e le diseguaglianze indotte dai grandi fondi di investimento globali (vedi, tra tutte, la crisi del grano). Di contro, l’orientamento dei BRICS — come emerge dalla Dichiarazione di Rio 2025 e dalla proposta di una borsa separata per le materie prime alimentari — mira a recuperare un principio ordinatore alternativo, centrato sull’economia reale e sulla cooperazione tra popoli. In questo senso, la solidarietà, da principio costituzionale (art. 2 Cost. italiana), si proietta come architrave possibile di un nuovo diritto globale inclusivo. Secondo il giurista Guido Alpa, la solidarietà è un principio che, ispirando l’intero ordinamento, supera la mera filantropia per incidere su settori concreti come il lavoro, la responsabilità civile, la tutela dei deboli. Allo stesso modo, Stefano Rodotà vedeva nella solidarietà la condizione per rendere effettivi i diritti, per trasformare la libertà individuale in responsabilità collettiva, e per costruire democrazie fondate sulla giustizia sostanziale.
I BRICS non sono solo un “club economico” ma l’embrione di un nuovo ordine mondiale. L’azione dei BRICS — con la promozione di strumenti finanziari alternativi, lo sviluppo di infrastrutture sostenibili e la revisione della governance globale — può allora essere letta come una traduzione geopolitica del principio di solidarietà: non più un’enunciazione astratta, ma un’ingegneria istituzionale multilaterale, orientata alla redistribuzione del potere economico e alla riqualificazione dell’interdipendenza globale. In questa prospettiva, il contrasto non è solo tra monete o mercati, ma tra due idee di ordine mondiale: una che concentra la ricchezza nelle mani di quei pochi che hanno accesso ai circuiti speculativi, e un’altra che — sulla scorta di un’etica pubblica della solidarietà — rivendica diritti, ridistribuzione e giustizia sociale. Resta ora da vedere quale direzione avrà la forza di imporsi, se quella dell’accentramento finanziario o quella di un nuovo equilibrio fondato sulla cooperazione tra popoli.
Gabriele Cicerchia
Fonte: L’Eurispes