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Gaza City assediata: Israele accelera, Europa divisa sulla Palestina

21-09-2025 11:59 - Opinioni
GD - Tel Aviv, 21 set. 25 – L’offensiva di Israele su Gaza City ha raggiunto un nuovo elevato livello di intensità. Nelle ultime ventiquattro ore i raid aerei e l’artiglieria hanno colpito quartieri residenziali e infrastrutture strategiche, causando – secondo il ministero della Salute della Striscia – oltre sessanta morti e più di duecento feriti. Fonti israeliane parlano di operazioni mirate contro le postazioni di Hamas, mentre fonti palestinesi denunciano l’impatto crescente sui civili.
Secondo osservatori indipendenti, più di mezzo milione di abitanti ha già lasciato la città, che prima della guerra contava circa un milione di residenti. L’IDF sostiene di avere neutralizzato parte della rete di tunnel e di avere eliminato comandanti locali di Hamas. Tuttavia ammette che la resistenza resta forte, soprattutto nei distretti di Shuja’iyya e Sabra.
Sul fronte umanitario l’ONU avverte che il nord della Striscia è sull’orlo della carestia. La chiusura del valico di Zikim da parte di Israele ha ridotto drasticamente l’afflusso di aiuti e carburante. L’IDF ribadisce che solo gli ospedali della zona settentrionale saranno considerati siti protetti, escludendo altri centri che potrebbero essere colpiti se ritenuti collegati a Hamas.
La dimensione politica internazionale riflette queste tensioni. A Londra il Governo di Keir Starmer si prepara a un annuncio sul riconoscimento dello Stato di Palestina. Il Portogallo ha confermato che formalizzerà il riconoscimento a New York, alla presenza del presidente Marcelo Rebelo de Sousa e del ministro degli Esteri Paulo Rangel. Queste mosse aprono un fronte di divisione nell’Unione Europea, tra chi invoca un segnale politico e chi teme di compromettere i rapporti con Israele e con gli Stati uniti.
L’Iran, attraverso i Guardiani della rivoluzione, ha dichiarato che ogni nuova aggressione da parte di Israele o di Washington riceverà una risposta letale. Il messaggio si inserisce in un ciclo di minacce reciproche seguito alla guerra di giugno e al ripristino delle sanzioni promosso da Francia, Germania e Regno Unito in sede ONU. Un’escalation regionale resta concreta, alla luce delle tensioni tra Teheran e Tel Aviv.
Altri attori regionali osservano con attenzione. L’Egitto ha rafforzato i controlli al valico di Rafah e ha avvertito del rischio di flussi incontrollati di rifugiati verso il Sinai. La Turchia ha convocato l’ambasciatore israeliano ad Ankara e propone una riunione urgente dell’Organizzazione per la cooperazione islamica. Entrambi i governi intendono preservare un ruolo di mediazione, ma la pressione dell’opinione pubblica interna li spinge verso posizioni più dure.
Gli Stati uniti, pur ribadendo il sostegno alla sicurezza di Israele, hanno espresso preoccupazione per le vittime civili. Il Dipartimento di Stato di Washington DC ha invitato il Governo di Benjamin Netanyahu a garantire corridoi umanitari sicuri e a rispettare il diritto internazionale. Secondo fonti diplomatiche, la Casa Bianca teme che l’offensiva, se protratta senza un piano politico, possa minare gli sforzi di mediazione con gli alleati arabi.
Al confine settentrionale resta alta la tensione con il Libano. Hezbollah non ha aperto un fronte diretto ma intensifica attività e schieramenti lungo la linea blu, segnalando la possibilità di un coinvolgimento qualora le operazioni a Gaza proseguissero senza limiti. La missione Unifil monitora la situazione, ma la fragilità politica libanese rende difficile contenere un’eventuale escalation.
In Israele le autorità hanno arrestato l’ex deputata Hanin Zoabi con l’accusa di incitamento al terrorismo per dichiarazioni del 2024. L’episodio mostra come, in tempo di guerra, la dialettica politica interna venga compressa entro confini più rigidi, accentuando fratture sociali e istituzionali.
L’insieme degli sviluppi intreccia tre piani: l’offensiva militare a Gaza, la ridefinizione delle posizioni europee sulla Palestina e la proiezione delle potenze regionali. Nel breve termine l’assedio appare destinato a proseguire, con l’obiettivo di indebolire le capacità di Hamas. Nel medio periodo la possibilità di stabilizzazione dipenderà dall’allineamento tra pressioni diplomatiche e costi operativi, dalla protezione dei civili e dall’apertura di corridoi umanitari stabili.

Giampaolo Eleuteri
Analista di geopolitica ed esperto area MENA


Fonte: Giampaolo Eleuteri