Galleria Borghese Roma: i Poemi della terra nera di Wangechi Mutu
23-06-2025 07:57 - Arte, cultura, turismo
GD - Roma, 23 giu. 25 - Nella Galleria Borghese di Roma i Poemi della terra nera di Wangechi Mutu.
Poemi della terra nera invita a trascendere le prospettive fisse, spostando il nostro sguardo per consentire la coesistenza di più narrazioni e rivelando il museo non solo come uno spazio di memoria, ma come un luogo di immaginazione e trasformazione. Gli interventi di Wangechi Mutu spingono gli spettatori ad abitare il museo in modo diverso, a guardare non solo ciò che è esposto, ma anche ciò che è stato rimosso, messo a tacere o reso invisibile. La mostra alla Galleria Borghese è esposta fino al 14 settembre 2025.
All'esterno, sulla facciata del museo e nei Giardini Segreti si dispiegano: "The Seated I" e "The Seated IV", due moderne cariatidi realizzate per la facciata del Metropolitan Museum di New York nel 2019 nell'ambito della Facade Commission e che testimoniano un importante momento di confronto dell'artista con un'istituzione pubblica; Nyoka, Heads in a Basket, Musa e Water Woman, che reinterpretano i vasi archetipici come spazi di trasformazione.
Fonte: Carlo Franza
Poemi della terra nera invita a trascendere le prospettive fisse, spostando il nostro sguardo per consentire la coesistenza di più narrazioni e rivelando il museo non solo come uno spazio di memoria, ma come un luogo di immaginazione e trasformazione. Gli interventi di Wangechi Mutu spingono gli spettatori ad abitare il museo in modo diverso, a guardare non solo ciò che è esposto, ma anche ciò che è stato rimosso, messo a tacere o reso invisibile. La mostra alla Galleria Borghese è esposta fino al 14 settembre 2025.
All'esterno, sulla facciata del museo e nei Giardini Segreti si dispiegano: "The Seated I" e "The Seated IV", due moderne cariatidi realizzate per la facciata del Metropolitan Museum di New York nel 2019 nell'ambito della Facade Commission e che testimoniano un importante momento di confronto dell'artista con un'istituzione pubblica; Nyoka, Heads in a Basket, Musa e Water Woman, che reinterpretano i vasi archetipici come spazi di trasformazione.
Con "The End of eating Everything", Mutu espande il proprio linguaggio artistico attraverso il video, aggiungendo una dimensione temporale e immersiva alla sua continua esplorazione del mito.
Queste opere danno vita a nuove forme ibride, in parte umane, in parte mitologiche, in parte contenitori simbolici, attingendo alle tradizioni dell'Africa orientale e alle cosmologie globali, che sembrano emergere da un terreno simbolico. La loro posata presenza nei giardini e sulla facciata, offre un contrappeso all'ordine classico del sito, sfidando la forma idealizzata e la narrazione lineare a favore dell'ambiguità, dell'alterità e della presenza spirituale.
Anche il suono, vero o suggerito, e la sua traccia giocano un ruolo sottile ma pervadente nella mostra: dal ritmo sospeso di "Poems for my great Grandmother I" al testo appoggiato di "Grains of War", tratto dalla canzone "War" di Bob Marley, ispirata ad una figura chiave dei movimenti anticoloniali, l'ultimo imperatore d'Etiopia Haile Selassie (1930-1974), il cui discorso del 1963 alle Nazioni Unite chiedeva la fine dell'ingiustizia razziale. Il linguaggio diventa scultoreo e il suono una forma di memoria.
La mostra prosegue all'American Academy in Rome, dove è esposta "Shavasana I". La figura di bronzo, sdraiata e coperta da una stuoia di paglia intrecciata, è intitolata alla posa yoga "shavasana" (posa del cadavere) e si ispira a un reale fatto di cronaca.
Queste opere danno vita a nuove forme ibride, in parte umane, in parte mitologiche, in parte contenitori simbolici, attingendo alle tradizioni dell'Africa orientale e alle cosmologie globali, che sembrano emergere da un terreno simbolico. La loro posata presenza nei giardini e sulla facciata, offre un contrappeso all'ordine classico del sito, sfidando la forma idealizzata e la narrazione lineare a favore dell'ambiguità, dell'alterità e della presenza spirituale.
Anche il suono, vero o suggerito, e la sua traccia giocano un ruolo sottile ma pervadente nella mostra: dal ritmo sospeso di "Poems for my great Grandmother I" al testo appoggiato di "Grains of War", tratto dalla canzone "War" di Bob Marley, ispirata ad una figura chiave dei movimenti anticoloniali, l'ultimo imperatore d'Etiopia Haile Selassie (1930-1974), il cui discorso del 1963 alle Nazioni Unite chiedeva la fine dell'ingiustizia razziale. Il linguaggio diventa scultoreo e il suono una forma di memoria.
La mostra prosegue all'American Academy in Rome, dove è esposta "Shavasana I". La figura di bronzo, sdraiata e coperta da una stuoia di paglia intrecciata, è intitolata alla posa yoga "shavasana" (posa del cadavere) e si ispira a un reale fatto di cronaca.
La collocazione, nell'atrio dell'Accademia, alla presenza di iscrizioni funerarie romane, fa da cassa di risonanza al concetto di morte, abbandono e dignità del vivere.
Con questa esposizione, la Galleria Borghese continua il suo impegno nell'arte contemporanea, dopo le mostre Gesti Universali di Giuseppe Penone (2023) e Louise Bourgeois.
"L'inconscio della memoria" (2024), proponendo un nuovo modo di vedere lo spazio, rinnovato di connessioni e prospettive attraverso la visione di un'importante artista internazionale.
Carlo Franza
Storico dell’arte moderna e contemporanea
Con questa esposizione, la Galleria Borghese continua il suo impegno nell'arte contemporanea, dopo le mostre Gesti Universali di Giuseppe Penone (2023) e Louise Bourgeois.
"L'inconscio della memoria" (2024), proponendo un nuovo modo di vedere lo spazio, rinnovato di connessioni e prospettive attraverso la visione di un'importante artista internazionale.
Carlo Franza
Storico dell’arte moderna e contemporanea
Fonte: Carlo Franza