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Foreign fighters e conflitto ucraino: un nuovo approccio?

23-09-2022 17:02 - Opinioni
GD - Roma, 23 set. 22 - Nonostante la sua lunga storia, quella dei “foreign fighters” (FF) è una categoria che ha ricevuto, negli ultimi anni, crescente interesse da parte della letteratura e dalla stampa circa le origini, le caratteristiche e le conseguenze di questo fenomeno, in particolare nelle dinamiche terroristiche di matrice Jihadista. Contrariamente a quanto spesso creduto, è possibile riscontare esempi di FF nella Guerra civile spagnola e nello scontro Arabo-Israeliano del 1948, delineando quindi un fenomeno che precede e trascende la dimensione islamica. Tra i principali motori del rinnovato interesse verso i Foreign Fighters, vi sono certamente le risposte dei governi nello scorso decennio, mirate a mitigare il rischio che i combattenti di ritorno da zone di conflitto potessero diventare a loro volta responsabili di attacchi terroristici nei propri Stati di appartenenza o trasferire le conoscenze acquisite.
Così come per il fenomeno stesso del terrorismo, anche per i Foreign fighters non è presente una definizione unica e condivisa né a livello accademico né tantomeno a livello governativo. Questa assenza rende l’identificazione e la risposta a questo fenomeno frammentata a livello globale ed europeo, a seconda delle diverse interpretazioni delle azioni compiute da questi attori e ciò che esse rappresentano per la sicurezza nazionale degli stati coinvolti. Nonostante la difficoltà di questa operazione, nel 2016 l’International Centre for Counter-Terrorism (ICCT) ha stilato un report sul fenomeno dei Foreign Fighters all’interno dell’Unione Europea. Ciò che è emerso dal lavoro è che nel 2016 vi erano tra i 3.922 e i 4.294 FF sul suolo europeo, un numero stimato a partire da informazioni open-source e dalle risposte date da 9 stati membri ad un questionario realizzato dal centro di ricerca olandese. Ad oggi, rimane rilevante la definizione offerta nel 2014 dalla Risoluzione 2178 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che descrive i Foreign fighters come individui che si spostano verso un Paese diverso dal loro per compiere atti terroristici o ricevere particolari forme di addestramento al combattimento.
Le testimonianze raccolte negli ultimi mesi da diversi reporter ed esperti hanno rilevato la presenza dei Foreign fighters nello scontro in Ucraina fin dalle prime fasi dell’invasione. Osservando i recenti sviluppi e le risposte al fenomeno dei combattenti stranieri in arrivo a Kyiv, è stato sottolineato un atteggiamento diametralmente opposto rispetto a quello adottato dagli Stati europei nei confronti dei Foreign fighters appartenenti allo Stato Islamico (IS). Sembrerebbe, infatti, che in questo caso siano stati gli stessi governi europei, riecheggiando la chiamata alle armi del presidente Zelensky, non solo ad accettare ma ad incoraggiare la presenza di combattenti stranieri sul suolo ucraino. L’esempio più evidente – ma non il solo - del sopracitato atteggiamento è stato riscontrato da parte del governo inglese nelle parole dell’exsegretario di stato per gli affari esteri e del Commonwealth Liz Truss (ora primo ministro), che ha espresso supporto nei confronti dei Foreign fighters inglesi diretti verso l’Ucraina per combattere le truppe russe.
Lo stesso Zelensky ha offerto una stima, di cui rimangono ignote le fonti, del numero dei foreign fighters presenti sul suolo ucraino come parte della “legione internazionale”, che comprenderebbe circa 16.000 combattenti internazionali, provenienti in larga parte da Stati post-sovietici, ma anche da Paesi occidentali e asiatici.
Come hanno sottolineato da diversi analisti, tra cui Byman, Marone e Taneja, la guerra in Ucraina potrebbe quindi diventare teatro di un nuovo approccio verso il fenomeno dei Foreign fighters, un nuovo atteggiamento che, in quanto tale, necessita di un’attenta osservazione per monitorare in che modo questi combattenti stranieri, incoraggiati – per la prima volta- dai loro stessi governi, verranno giudicati qualora coinvolti in istanze di crimini di guerra o contestualmente come verrà gestita la loro reintegrazione nelle società di appartenenza. In particolare, si dovrà prestare molta attenzione all’eventuale presenza di legami estremisti di questi individui nel loro Paese di origine, con il rischio di ritrovarsi con dei veri e propri combattenti organizzati all’interno dei confini statali.
È necessario dunque domandarsi se il conflitto in Ucraina rappresenta un nuovo approccio alla questione dei combattenti stranieri o se si tratti di un double-standard occidentale, influenzato dallo stretto coinvolgimento nel conflitto e forse dall’assenza della natura islamica del fenomeno.

Laura Salvemini
Mondo Internazionale Post


Fonte: Laura Salvemini
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