Eurispes: presentato 36° Rapporto Italia, l’Italia al bivio
24-05-2024 12:15 - Opinioni
GD – Roma, 24 mag. 24 – Puntuale e autorevole l'Eurispes ha presentato oggi il “Rapporto Italia 2024”, giunto alla 36ª edizione, che ci conferma che l'Italia è al bivio. La dettagliata indagine ruota attorno a 6 capitoli, ciascuno dei quali offre una lettura dicotomica della realtà esaminata. Ogni capitolo è illustrato attraverso 6 saggi e 60 schede fenomenologiche. Vengono affrontati, quindi, attraverso una lettura duale della realtà, temi che l'Eurispes ritiene rappresentativi della attualità politica, economica e sociale del nostro Paese.
Fonte: Eurispes
Le dicotomie tematiche individuate per il Rapporto Italia 2024 sono: Certezza/Incertezza • Costruzione/Manutenzione • Legalità/Illegalità • Identità/Smarrimento • Severità/Permissività • Memoria/Oblio.
Nella autorevole cornice della Biblioteca Nazionale Centrale, il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara, ha illustrato le considerazioni generali che aprono il Rapporto Italia e tratteggiano la situazione del Paese offrendo una lettura di alcuni dei processi di cambiamento in atto.
Nella autorevole cornice della Biblioteca Nazionale Centrale, il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara, ha illustrato le considerazioni generali che aprono il Rapporto Italia e tratteggiano la situazione del Paese offrendo una lettura di alcuni dei processi di cambiamento in atto.
«Nel Rapporto dello scorso anno avevamo richiamato l'attenzione sul fatto che stavamo vivendo un periodo di tempi straordinari e che questa situazione, per molti aspetti inattesa e imprevedibile, richiedeva a tutti uno sforzo di adeguamento culturale, innanzitutto, quindi politico, economico e sociale. I tempi straordinari, dunque, ai quali facciamo riferimento da alcuni anni nelle nostre analisi, stanno determinando una situazione nella quale l'incertezza e l'instabilità sono diventate una norma, in grado di condizionare ogni nostra possibilità di ulteriore sviluppo. Abbiamo compreso che il mondo è interconnesso e siamo informati di ogni accadimento negativo in tempo reale: il punto di novità risiede, a nostro avviso, nello iato crescente fra la mole della nostra consapevolezza informata su ciò che accade nel mondo e la nostra capacità di ridurre tutte queste informazioni a dimensioni cognitivamente gestibili». ha detto Fara.
«L'Italia è al bivio in riferimento alle scelte culturali, politiche ed economiche da compiere. Serve coraggio. Non ci stancheremo mai di ripetere che la prima risposta possibile sta nel “coraggio di avere coraggio”. Accompagniamo il nostro ragionamento con una semplice metafora. Fate uno sforzo di immaginazione e ponete di fronte ai vostri occhi una lunga strada. Una strada piena di buche: grandi e piccole, superficiali e profonde, regolari e non. Si presentano di fronte a voi due precise opzioni alternative: tappare le buche? Oppure rifare una strada nuova, magari orientandola diversamente da quella attuale, così da evitare gli ostacoli delle radici degli alberi e altri elementi naturali che alterano la sua superficie? Insomma, è preferibile l'adattamento o la trasformazione? È preferibile orientarsi verso una politica che tenta di porre un argine alle emergenze con interventi anche adatti, ma non risolutivi, oppure una riforma profonda, faticosa anche complessa, che ristrutturi in modo lungimirante e funzionale un intero sistema?».
«Nella risposta che diamo c'è anche la nostra idea di futuro. Non vi è dubbio, infatti, che quando operiamo sulla linea dell'adattamento stiamo cercando di migliorare, aggiustare situazioni, consolidate nel tempo, nelle quali siamo abituati ad operare, per cercare di armonizzarle alle nuove condizioni di crescita e progresso. Ben diverso è l'approccio della trasformazione. Quando il sentiero che stiamo percorrendo ci porta di fronte ad un bivio e ci obbliga a fare delle scelte di fondo: quale direzione prendere? Quale progetto elaborare e perseguire? Quale futuro costruire? Siamo, dunque, arrivati ad un bivio, dobbiamo scegliere: adattamento o trasformazione? Patto per la conservazione, o patto per il futuro?»
«Ampliamento, Varietà e Mutazione: sono tre forze della natura scatenate dalla globalizzazione moderna che nel complesso stanno generando un quadro della realtà sempre più difficile da rappresentare, capire, analizzare. Ci troviamo dunque a dover fare fronte ad una complessità multidimensionale. Circostanza, questa, da segnalare, a nostro avviso, perché spiega molti fenomeni che caratterizzano la nostra epoca straordinaria, e contribuiscono a sostenere la necessità di progettare una strada nuova piuttosto che rappezzare quella vecchia. Le crisi obbligano alla scelta e alla decisione e in tempi normali possono avere anche un effetto benefico, ma quella di oggi non ammette alternative. Non si tratta più di optare per una soluzione emergenziale o un'altra, per tattiche diverse; il percorso possibile è uno e uno solo: trasformazione, più precisamente trasformazione sistemica, indicativa della capacità di un sistema di rigenerarsi, bloccando ed evitando per tempo ogni possibile processo involutivo di regresso».
«Del resto, l'Italia ha già vissuto in passato una simile situazione di rigenerazione sistemica quando dopo il periodo della ricostruzione, seguito alla fine della Seconda guerra mondiale, visse il cosiddetto “miracolo economico” che cambiò radicalmente la struttura del Paese. Non si può non ricordare, a questo proposito, il grande valore orientativo delle politiche codificate in precisi documenti pubblici di programmazione a medio e lungo termine, piani aziendali e accordi sindacali di ampio respiro, cioè in atti costruiti da forze politiche e attori privati di sviluppo, i quali, pur in situazioni di forte contrapposizione ideologica e politica, si dimostrarono decisi e capaci nel promuovere la trasformazione sistemica dell'Italia, ancorandola a precisi valori di equità sociale diffusa».
«Si è operato invece affidandosi esclusivamente al presente, al giorno per giorno, con risposte parziali, spesso improvvisate, con misure utili al massimo a tamponare qualche falla. Il nostro ormai è diventato un Paese incardinato sul presente e il “presentismo” è diventato la nostra filosofia di vita. Tuttavia, l'Italia, nonostante le sue gravi difficoltà, ha le risorse umane, culturali ed economiche per uscire da una crisi sempre più sistemica e multidimensionale. Si tratta semplicemente di superare ‒ come già scrivevamo più di dieci anni fa ‒ la subcultura del “presentismo” e proiettarsi nel futuro».
«Il bivio che ci presentano i processi di trasformazione riguarda anche l'impatto dei cambiamenti climatici sul nostro Paese, la riorganizzazione del sistema di welfare per affrontare al meglio, con una efficace e lungimirante azione di co-progettazione e co-programmazione tra Stato-Imprese-Comunità, gli effetti di medio e lungo periodo dei cambiamenti demografici, dei flussi migratori, dell'inclusione sociale, delle modifiche strutturali che si stanno registrando con sempre maggiore intensità nel mondo del lavoro e dell'istruzione».
«Il bivio della trasformazione riguarda anche il contributo che il nostro Paese può dare a livello internazionale per la costruzione di un nuovo ordine multilaterale che corregga la evidente usura del sistema attuale per formarne uno più valido nella composizione dei conflitti e nella imposizione della pace. Ripeto: il dovere, la volontà e la capacità di imporre la pace, quindi, ancora, nella riduzione delle tensioni diffuse nel mondo, nel recepire e risolvere le esigenze di quelle Comunità che maggiormente soffrono dei grandi squilibri che caratterizzano le attuali dinamiche di sviluppo».
«È, dunque, una volta arrivati al bivio delle trasformazioni che si possono riaffermare il primato e la capacità di programmazione e di visione della politica, dell'etica, della scienza, della cultura, in una stretta e rinnovata sinergia».
«In conclusione, tra le innumerevoli possibilità di scelta che affollano il nostro orizzonte, vogliamo mettere l'accento su tre possibili vie d'uscita. La prima, ritornare alla centralità dell'uomo. Oggi, si parla in filosofia di nuovo umanesimo di fronte alla potenza delle tecnologie e alle accresciute incertezze del futuro che ci attende. Di fronte alla complessità odierna, vogliamo dare, attraverso le parole del sociologo Edgar Morin, un'indicazione chiara, al pari di un imperativo categorico: "Per l'uomo è tempo di ritrovare se stesso". Si tratta dell'agire umano che si fa condiviso, riscopre l'etica, la solidarietà, la responsabilità, la corresponsabilità planetaria nella salvaguardia dell'ambiente, delle risorse disponibili, dei popoli».
«La seconda, ripensare i sistemi avanzati secondo criteri di redistribuzione della ricchezza. Per la creazione di un sistema più equo delle risorse e del benessere all'interno delle nazioni, dove chi ha già molto, senza perdere quel molto, può reimmettere nel circuito condiviso, nelle economie, parte della propria ricchezza senza intaccare in modo considerevole il livello di prosperità raggiunto. Una tassa del 2% sui super-ricchi ridurrebbe le disuguaglianze e raccoglierebbe risorse fondamentali per la crescita delle nazioni».
«Terzo, ma non trascurabile fattore: collocare l'educazione, insieme all'educazione ai media e alle nuove tecnologie, come elemento portante delle economie in termini di capacità di produzione di ricchezza».
«In ultimo, un appello, forse ambizioso – o che alcuni giudicheranno utopico – ma possibile, alla comunità di studiosi, scienziati, filosofi, economisti, teologi, storici, tecnologi, insomma al nostro sistema dei saperi, insieme alla politica e ai cittadini, di contribuire ad una riflessione collettiva e condivisa, trasversale e multidisciplinare, per immaginare e stilare un nuovo “Patto per il Futuro” che veda protagonista della trasformazione la società nella sua interezza».
«A ben vedere, in questo senso, vale la pena di richiamare proprio il concetto di utopia. Ritornare, insomma, a qualcosa che somigli alla religione o alla politica ma che le superi adeguandosi ai nostri tempi. Ritornare ai disegni impossibili, alle mete ardue da raggiungere, ai progetti complessi e difficili da realizzare. Non a caso, anche se in termini mistici, Kierkegaard parlava di una necessaria tensione dell'“io reale” verso l'“io ideale” come termine ultimo di una evoluzione inarrestabile e ineludibile.
Perché l'uomo per progredire da sempre ha bisogno, prima di ogni altro elemento, della convinzione di potercela fare, di avere un obiettivo da raggiungere».
«Torniamo, infine, all'idea di uomo come potenza generatrice positiva e alla necessità di costruire una nuova etica condivisa. E si può andare verso il futuro anche attingendo al passato».
Ad arricchire il Rapporto, oltre alle schede tematiche di approfondimento su diverse fenomenologie, le indagini campionarie che, nell'edizione di quest'anno, hanno sondato alcuni dei temi tradizionalmente osservati dall'Eurispes, tra i quali: la fiducia nelle Istituzioni; i conflitti internazionali e la crisi energetica; la situazione economica delle famiglie; il conflitto israelo-palestinese; l'Intelligenza Artificiale e i Social; l'opinione sui temi etici; i nuovi stili alimentari; il rapporto con il mondo animale e numerosi altri contenuti di stretta attualità.
La maggior parte degli italiani (55,5%) ritiene che la situazione economica del Paese abbia subìto un peggioramento nel corso dell'ultimo anno, per il 18,6% la situazione è rimasta stabile, mentre solo un italiano su dieci (10%) ha indicato segnali di miglioramento. Il 15,6% non sa o non ha voluto fornire alcuna risposta. Guardando al futuro, i cittadini sono invece cauti: per il 33,2% la situazione economica italiana resterà stabile nei prossimi dodici mesi. I pessimisti, che attendono un peggioramento, sono il 31,6%, mentre il 10,8% prospetta un periodo di crescita economica. Il 40,9% dei cittadini afferma però che la situazione economica personale e familiare negli ultimi 12 mesi è rimasta stabile. Anche se con diversa intensità, complessivamente il 35,4% degli italiani denuncia un peggioramento della propria condizione economica, mentre il 14,2% parla di un miglioramento.
Poco più di uno su quattro riesce a risparmiare (28,3%), il 36,8% attinge ai risparmi per arrivare a fine mese.
Nelle difficoltà economiche alcuni sono ricorsi al sostegno di amici, colleghi e altri parenti (17,2%); il 16% ha richiesto un prestito in banca, mentre il 13,6% ha dovuto chiedere soldi in prestito a privati (non amici o parenti) con il pericolo di scivolare nelle maglie dell'usura. Diffusa la vendita online di beni e oggetti (27,5%). Il 37,6% degli italiani ha dovuto rinunciare alla baby sitter e il 24,3% alla badante. Il 15,3% ha dovuto vendere o ha perso beni come la casa o l'attività commerciale/imprenditoriale.
Si acquista molto a rate (42,7%), spesso su piattaforme online a interessi zero (21,3%). Il 14,6% ha noleggiato abiti e accessori in occasione di feste o cerimonie, e l'11,7% è tornato a vivere in casa con la famiglia d'origine. Poiché far fronte alle spese mediche mette in difficoltà nel 28,3% dei casi, le rinunce toccano anche la salute e si fa a meno di visite specialistiche per disturbi o patologie specifiche (23,1%), a terapie/interventi medici (17,3%), all'acquisto di medicinali (15,9%).
Come Istituto continuiamo a caldeggiare, così come facciamo da orami vent'anni, l'introduzione del quoziente familiare come sostegno al reddito delle famiglie italiane. Il quoziente familiare, a differenza di quanto avviene oggi in Italia, dove la tassazione ha una base individuale che, a parità di reddito, penalizza le famiglie monoreddito e quelle con figli a carico, favorirebbe una riduzione delle tasse. In sostanza, ribalterebbe il sistema attuale di tassazione, basato sui redditi individuali. Questo sistema avvantaggerebbe le famiglie con figli, diventando così, seppur indirettamente, un incentivo alla natalità. L'imposizione fiscale cadrebbe, quindi, sul reddito medio pro capite, piuttosto che su quello familiare unitario. Introdurre anche in Italia il quoziente familiare secondo il modello francese potrebbe senz'altro comportare per le famiglie un risparmio medio annuo di imposta, che andrebbe ad aumentare al crescere del reddito e del numero dei componenti delle famiglie. I vantaggi sono assicurati dal fatto che le aliquote progressive verrebbero applicate sul reddito medio pro capite (per definizione inferiore) e non sul reddito di ogni componente familiare.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, raccoglie un largo consenso in termini di fiducia espressa dai cittadini nei suoi confronti (60,8%; +8,6% rispetto al 2023).
Il Parlamento fa registrare un lieve aumento di fiducia (dal 30% del 2023 al 33,6% del 2024), ma i cittadini delusi restano la maggioranza (58%). I cittadini sono divisi sul giudizio nei confronti della Magistratura: il 47% si dice fiducioso contro il 44% degli sfiduciati e sui Presidenti di Regione (apprezzati dal 41,2% e “bocciati” nel 47,4% dei casi).
Esprimono consenso nei confronti del Governo poco più di un terzo degli italiani (36,2%), ma gli sfiduciati restano la maggioranza (55,4%).
Nel 2024, troviamo molto in alto, nella graduatoria delle Forze dell'ordine, l'Arma dei Carabinieri che, raggiungendo il 68,8% del consenso accordato dagli italiani, riprende, rispetto al 2023, ben 16 punti percentuali e torna a risultati più vicini a quelli del 2019 e del 2020. Cresce anche la Guardia di finanza: dal 55,1% dei consensi del 2023 al 66,1% del 2024 (+10%). In maniera similare, la Polizia di Stato ottiene il 10,7% in più dei consensi, passando dal 52,8% del 2023 al 63,5% del 2024.
Per quanto riguarda la Difesa, l'apprezzamento degli italiani per l'Esercito Italiano passa dal 64,3% del 2023 al 69,4% del 2024 (+5,1%). L'Aeronautica Militare cresce di quasi 10 punti (dal 64% al 73,7%), la Marina Militare di 6,4% (dal 67,5% al 73,9%). La nostra Intelligence raccoglie un consenso pari al 62,8% delle risposte e si spinge in avanti di 7,3 punti percentuali rispetto al 2023.
Per quanto riguarda gli altri Corpi, entrati più recentemente a far parte della rilevazione, troviamo in alto i Vigili del Fuoco con un larghissimo tasso di fiducia (84,1%). La Guardia Costiera arriva al 71,8% dei consensi. Torna a crescere anche la fiducia nei confronti della Polizia penitenziaria dal 53,4% dei consensi del 2023 al 59,5% del 2024. Mentre per la Polizia locale si evidenzia un aumento contenuto: dal 53,2% al 54,3%.
Tra le altre Istituzioni, pubbliche e private, che crescono nel grado di fiducia da un anno all'altro troviamo: la Chiesa Cattolica (52,1%), la Scuola (66%), il Sistema sanitario (58,3%). Aumentano i fiduciosi nelle Associazioni dei consumatori (dal 46% al 48,1%) senza tuttavia arrivare alla metà dei giudizi positivi come pure accade per la Pubblica amministrazione (dal 39,6% al 44,4%) e per le Associazioni degli imprenditori (dal 39% al 46%). Il balzo in avanti più deciso lo si registra per la Protezione civile con il 78,5% (69,9% nel 2023). Interessante anche il risultato ottenuto dall'Università (dal 64,9% al 71,8%), e dalle Associazioni che operano nel Volontariato (dal 60,6% al 68,7%).
Sono soltanto tre le Istituzioni che subiscono un calo dei consensi rispetto al 2023: i partiti, che passano da una fiducia del 32,5% al 29,8%; i sindacati, che diminuiscono lievemente dal 43,1% al 42,7%; le altre confessioni religiose diverse da quella cattolica (dal 38% al 34,5%).
L'indagine dell'Eurispes su antisemitismo e conflitto israelo-palestinese ha messo in luce i giudizi degli italiani rispetto ad alcuni temi particolari. La maggioranza, il 60,7%, non mette in discussione il diritto dello Stato d'Israele ad esistere; ma, all'interno di questa percentuale, il 32,1% sottolinea anche come ciò debba essere accanto al riconoscimento di uno Stato palestinese. Il 18,8% nega, invece, in modo netto, il diritto di esistenza dello Stato israeliano. Un quinto del campione (20,5%) non sa esprimersi in merito. Rispetto a quanto emerso nel 2004 rivolgendo la stessa domanda ai cittadini italiani, si osservano differenze non trascurabili: in particolare, solo il 2,8% negava tale diritto.
Il terrorismo islamico è indicato come l'elemento più pericoloso per una pacificazione del conflitto nella regione mediorientale (21,7%). Al secondo posto si collocano la politica del Governo guidato dal Primo Ministro di Israele, Benjamin Netanyahu (12,8%) e la politica degli Stati Uniti in Medio Oriente (12,5%), segue il conflitto tra moderati e fondamentalisti all'interno di alcuni paesi arabi (10,9%).
I sostenitori della necessità di aiuti (economici, strategici, nella fornitura di armi, ecc.) ad Israele sono una minoranza (15,9%), mentre esattamente la metà (50,1%) si dice contrario. Ben un terzo del campione (33,9%), invece, non sa o preferisce non dare una risposta a questa domanda.
Un terzo del campione (33,4%) concorda con l'affermazione secondo cui gli ebrei controllerebbero il potere economico e finanziario; 3 su 10 sono convinti che controllino i media e il 27,5% sostiene la tesi secondo cui gli ebrei determinano le scelte politiche occidentali.
Il 15,9% degli italiani sminuisce la portata della Shoah (non avrebbe prodotto così tante vittime), il 14,1% la nega.
Il 54% degli italiani giudica gli episodi di antisemitismo come indice reale di un problema e il 55,4% ritiene che siano la conseguenza della diffusione di un linguaggio basato su odio e razzismo.
«L'Italia è al bivio in riferimento alle scelte culturali, politiche ed economiche da compiere. Serve coraggio. Non ci stancheremo mai di ripetere che la prima risposta possibile sta nel “coraggio di avere coraggio”. Accompagniamo il nostro ragionamento con una semplice metafora. Fate uno sforzo di immaginazione e ponete di fronte ai vostri occhi una lunga strada. Una strada piena di buche: grandi e piccole, superficiali e profonde, regolari e non. Si presentano di fronte a voi due precise opzioni alternative: tappare le buche? Oppure rifare una strada nuova, magari orientandola diversamente da quella attuale, così da evitare gli ostacoli delle radici degli alberi e altri elementi naturali che alterano la sua superficie? Insomma, è preferibile l'adattamento o la trasformazione? È preferibile orientarsi verso una politica che tenta di porre un argine alle emergenze con interventi anche adatti, ma non risolutivi, oppure una riforma profonda, faticosa anche complessa, che ristrutturi in modo lungimirante e funzionale un intero sistema?».
«Nella risposta che diamo c'è anche la nostra idea di futuro. Non vi è dubbio, infatti, che quando operiamo sulla linea dell'adattamento stiamo cercando di migliorare, aggiustare situazioni, consolidate nel tempo, nelle quali siamo abituati ad operare, per cercare di armonizzarle alle nuove condizioni di crescita e progresso. Ben diverso è l'approccio della trasformazione. Quando il sentiero che stiamo percorrendo ci porta di fronte ad un bivio e ci obbliga a fare delle scelte di fondo: quale direzione prendere? Quale progetto elaborare e perseguire? Quale futuro costruire? Siamo, dunque, arrivati ad un bivio, dobbiamo scegliere: adattamento o trasformazione? Patto per la conservazione, o patto per il futuro?»
«Ampliamento, Varietà e Mutazione: sono tre forze della natura scatenate dalla globalizzazione moderna che nel complesso stanno generando un quadro della realtà sempre più difficile da rappresentare, capire, analizzare. Ci troviamo dunque a dover fare fronte ad una complessità multidimensionale. Circostanza, questa, da segnalare, a nostro avviso, perché spiega molti fenomeni che caratterizzano la nostra epoca straordinaria, e contribuiscono a sostenere la necessità di progettare una strada nuova piuttosto che rappezzare quella vecchia. Le crisi obbligano alla scelta e alla decisione e in tempi normali possono avere anche un effetto benefico, ma quella di oggi non ammette alternative. Non si tratta più di optare per una soluzione emergenziale o un'altra, per tattiche diverse; il percorso possibile è uno e uno solo: trasformazione, più precisamente trasformazione sistemica, indicativa della capacità di un sistema di rigenerarsi, bloccando ed evitando per tempo ogni possibile processo involutivo di regresso».
«Del resto, l'Italia ha già vissuto in passato una simile situazione di rigenerazione sistemica quando dopo il periodo della ricostruzione, seguito alla fine della Seconda guerra mondiale, visse il cosiddetto “miracolo economico” che cambiò radicalmente la struttura del Paese. Non si può non ricordare, a questo proposito, il grande valore orientativo delle politiche codificate in precisi documenti pubblici di programmazione a medio e lungo termine, piani aziendali e accordi sindacali di ampio respiro, cioè in atti costruiti da forze politiche e attori privati di sviluppo, i quali, pur in situazioni di forte contrapposizione ideologica e politica, si dimostrarono decisi e capaci nel promuovere la trasformazione sistemica dell'Italia, ancorandola a precisi valori di equità sociale diffusa».
«Si è operato invece affidandosi esclusivamente al presente, al giorno per giorno, con risposte parziali, spesso improvvisate, con misure utili al massimo a tamponare qualche falla. Il nostro ormai è diventato un Paese incardinato sul presente e il “presentismo” è diventato la nostra filosofia di vita. Tuttavia, l'Italia, nonostante le sue gravi difficoltà, ha le risorse umane, culturali ed economiche per uscire da una crisi sempre più sistemica e multidimensionale. Si tratta semplicemente di superare ‒ come già scrivevamo più di dieci anni fa ‒ la subcultura del “presentismo” e proiettarsi nel futuro».
«Il bivio che ci presentano i processi di trasformazione riguarda anche l'impatto dei cambiamenti climatici sul nostro Paese, la riorganizzazione del sistema di welfare per affrontare al meglio, con una efficace e lungimirante azione di co-progettazione e co-programmazione tra Stato-Imprese-Comunità, gli effetti di medio e lungo periodo dei cambiamenti demografici, dei flussi migratori, dell'inclusione sociale, delle modifiche strutturali che si stanno registrando con sempre maggiore intensità nel mondo del lavoro e dell'istruzione».
«Il bivio della trasformazione riguarda anche il contributo che il nostro Paese può dare a livello internazionale per la costruzione di un nuovo ordine multilaterale che corregga la evidente usura del sistema attuale per formarne uno più valido nella composizione dei conflitti e nella imposizione della pace. Ripeto: il dovere, la volontà e la capacità di imporre la pace, quindi, ancora, nella riduzione delle tensioni diffuse nel mondo, nel recepire e risolvere le esigenze di quelle Comunità che maggiormente soffrono dei grandi squilibri che caratterizzano le attuali dinamiche di sviluppo».
«È, dunque, una volta arrivati al bivio delle trasformazioni che si possono riaffermare il primato e la capacità di programmazione e di visione della politica, dell'etica, della scienza, della cultura, in una stretta e rinnovata sinergia».
«In conclusione, tra le innumerevoli possibilità di scelta che affollano il nostro orizzonte, vogliamo mettere l'accento su tre possibili vie d'uscita. La prima, ritornare alla centralità dell'uomo. Oggi, si parla in filosofia di nuovo umanesimo di fronte alla potenza delle tecnologie e alle accresciute incertezze del futuro che ci attende. Di fronte alla complessità odierna, vogliamo dare, attraverso le parole del sociologo Edgar Morin, un'indicazione chiara, al pari di un imperativo categorico: "Per l'uomo è tempo di ritrovare se stesso". Si tratta dell'agire umano che si fa condiviso, riscopre l'etica, la solidarietà, la responsabilità, la corresponsabilità planetaria nella salvaguardia dell'ambiente, delle risorse disponibili, dei popoli».
«La seconda, ripensare i sistemi avanzati secondo criteri di redistribuzione della ricchezza. Per la creazione di un sistema più equo delle risorse e del benessere all'interno delle nazioni, dove chi ha già molto, senza perdere quel molto, può reimmettere nel circuito condiviso, nelle economie, parte della propria ricchezza senza intaccare in modo considerevole il livello di prosperità raggiunto. Una tassa del 2% sui super-ricchi ridurrebbe le disuguaglianze e raccoglierebbe risorse fondamentali per la crescita delle nazioni».
«Terzo, ma non trascurabile fattore: collocare l'educazione, insieme all'educazione ai media e alle nuove tecnologie, come elemento portante delle economie in termini di capacità di produzione di ricchezza».
«In ultimo, un appello, forse ambizioso – o che alcuni giudicheranno utopico – ma possibile, alla comunità di studiosi, scienziati, filosofi, economisti, teologi, storici, tecnologi, insomma al nostro sistema dei saperi, insieme alla politica e ai cittadini, di contribuire ad una riflessione collettiva e condivisa, trasversale e multidisciplinare, per immaginare e stilare un nuovo “Patto per il Futuro” che veda protagonista della trasformazione la società nella sua interezza».
«A ben vedere, in questo senso, vale la pena di richiamare proprio il concetto di utopia. Ritornare, insomma, a qualcosa che somigli alla religione o alla politica ma che le superi adeguandosi ai nostri tempi. Ritornare ai disegni impossibili, alle mete ardue da raggiungere, ai progetti complessi e difficili da realizzare. Non a caso, anche se in termini mistici, Kierkegaard parlava di una necessaria tensione dell'“io reale” verso l'“io ideale” come termine ultimo di una evoluzione inarrestabile e ineludibile.
Perché l'uomo per progredire da sempre ha bisogno, prima di ogni altro elemento, della convinzione di potercela fare, di avere un obiettivo da raggiungere».
«Torniamo, infine, all'idea di uomo come potenza generatrice positiva e alla necessità di costruire una nuova etica condivisa. E si può andare verso il futuro anche attingendo al passato».
Ad arricchire il Rapporto, oltre alle schede tematiche di approfondimento su diverse fenomenologie, le indagini campionarie che, nell'edizione di quest'anno, hanno sondato alcuni dei temi tradizionalmente osservati dall'Eurispes, tra i quali: la fiducia nelle Istituzioni; i conflitti internazionali e la crisi energetica; la situazione economica delle famiglie; il conflitto israelo-palestinese; l'Intelligenza Artificiale e i Social; l'opinione sui temi etici; i nuovi stili alimentari; il rapporto con il mondo animale e numerosi altri contenuti di stretta attualità.
La maggior parte degli italiani (55,5%) ritiene che la situazione economica del Paese abbia subìto un peggioramento nel corso dell'ultimo anno, per il 18,6% la situazione è rimasta stabile, mentre solo un italiano su dieci (10%) ha indicato segnali di miglioramento. Il 15,6% non sa o non ha voluto fornire alcuna risposta. Guardando al futuro, i cittadini sono invece cauti: per il 33,2% la situazione economica italiana resterà stabile nei prossimi dodici mesi. I pessimisti, che attendono un peggioramento, sono il 31,6%, mentre il 10,8% prospetta un periodo di crescita economica. Il 40,9% dei cittadini afferma però che la situazione economica personale e familiare negli ultimi 12 mesi è rimasta stabile. Anche se con diversa intensità, complessivamente il 35,4% degli italiani denuncia un peggioramento della propria condizione economica, mentre il 14,2% parla di un miglioramento.
Poco più di uno su quattro riesce a risparmiare (28,3%), il 36,8% attinge ai risparmi per arrivare a fine mese.
Nelle difficoltà economiche alcuni sono ricorsi al sostegno di amici, colleghi e altri parenti (17,2%); il 16% ha richiesto un prestito in banca, mentre il 13,6% ha dovuto chiedere soldi in prestito a privati (non amici o parenti) con il pericolo di scivolare nelle maglie dell'usura. Diffusa la vendita online di beni e oggetti (27,5%). Il 37,6% degli italiani ha dovuto rinunciare alla baby sitter e il 24,3% alla badante. Il 15,3% ha dovuto vendere o ha perso beni come la casa o l'attività commerciale/imprenditoriale.
Si acquista molto a rate (42,7%), spesso su piattaforme online a interessi zero (21,3%). Il 14,6% ha noleggiato abiti e accessori in occasione di feste o cerimonie, e l'11,7% è tornato a vivere in casa con la famiglia d'origine. Poiché far fronte alle spese mediche mette in difficoltà nel 28,3% dei casi, le rinunce toccano anche la salute e si fa a meno di visite specialistiche per disturbi o patologie specifiche (23,1%), a terapie/interventi medici (17,3%), all'acquisto di medicinali (15,9%).
Come Istituto continuiamo a caldeggiare, così come facciamo da orami vent'anni, l'introduzione del quoziente familiare come sostegno al reddito delle famiglie italiane. Il quoziente familiare, a differenza di quanto avviene oggi in Italia, dove la tassazione ha una base individuale che, a parità di reddito, penalizza le famiglie monoreddito e quelle con figli a carico, favorirebbe una riduzione delle tasse. In sostanza, ribalterebbe il sistema attuale di tassazione, basato sui redditi individuali. Questo sistema avvantaggerebbe le famiglie con figli, diventando così, seppur indirettamente, un incentivo alla natalità. L'imposizione fiscale cadrebbe, quindi, sul reddito medio pro capite, piuttosto che su quello familiare unitario. Introdurre anche in Italia il quoziente familiare secondo il modello francese potrebbe senz'altro comportare per le famiglie un risparmio medio annuo di imposta, che andrebbe ad aumentare al crescere del reddito e del numero dei componenti delle famiglie. I vantaggi sono assicurati dal fatto che le aliquote progressive verrebbero applicate sul reddito medio pro capite (per definizione inferiore) e non sul reddito di ogni componente familiare.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, raccoglie un largo consenso in termini di fiducia espressa dai cittadini nei suoi confronti (60,8%; +8,6% rispetto al 2023).
Il Parlamento fa registrare un lieve aumento di fiducia (dal 30% del 2023 al 33,6% del 2024), ma i cittadini delusi restano la maggioranza (58%). I cittadini sono divisi sul giudizio nei confronti della Magistratura: il 47% si dice fiducioso contro il 44% degli sfiduciati e sui Presidenti di Regione (apprezzati dal 41,2% e “bocciati” nel 47,4% dei casi).
Esprimono consenso nei confronti del Governo poco più di un terzo degli italiani (36,2%), ma gli sfiduciati restano la maggioranza (55,4%).
Nel 2024, troviamo molto in alto, nella graduatoria delle Forze dell'ordine, l'Arma dei Carabinieri che, raggiungendo il 68,8% del consenso accordato dagli italiani, riprende, rispetto al 2023, ben 16 punti percentuali e torna a risultati più vicini a quelli del 2019 e del 2020. Cresce anche la Guardia di finanza: dal 55,1% dei consensi del 2023 al 66,1% del 2024 (+10%). In maniera similare, la Polizia di Stato ottiene il 10,7% in più dei consensi, passando dal 52,8% del 2023 al 63,5% del 2024.
Per quanto riguarda la Difesa, l'apprezzamento degli italiani per l'Esercito Italiano passa dal 64,3% del 2023 al 69,4% del 2024 (+5,1%). L'Aeronautica Militare cresce di quasi 10 punti (dal 64% al 73,7%), la Marina Militare di 6,4% (dal 67,5% al 73,9%). La nostra Intelligence raccoglie un consenso pari al 62,8% delle risposte e si spinge in avanti di 7,3 punti percentuali rispetto al 2023.
Per quanto riguarda gli altri Corpi, entrati più recentemente a far parte della rilevazione, troviamo in alto i Vigili del Fuoco con un larghissimo tasso di fiducia (84,1%). La Guardia Costiera arriva al 71,8% dei consensi. Torna a crescere anche la fiducia nei confronti della Polizia penitenziaria dal 53,4% dei consensi del 2023 al 59,5% del 2024. Mentre per la Polizia locale si evidenzia un aumento contenuto: dal 53,2% al 54,3%.
Tra le altre Istituzioni, pubbliche e private, che crescono nel grado di fiducia da un anno all'altro troviamo: la Chiesa Cattolica (52,1%), la Scuola (66%), il Sistema sanitario (58,3%). Aumentano i fiduciosi nelle Associazioni dei consumatori (dal 46% al 48,1%) senza tuttavia arrivare alla metà dei giudizi positivi come pure accade per la Pubblica amministrazione (dal 39,6% al 44,4%) e per le Associazioni degli imprenditori (dal 39% al 46%). Il balzo in avanti più deciso lo si registra per la Protezione civile con il 78,5% (69,9% nel 2023). Interessante anche il risultato ottenuto dall'Università (dal 64,9% al 71,8%), e dalle Associazioni che operano nel Volontariato (dal 60,6% al 68,7%).
Sono soltanto tre le Istituzioni che subiscono un calo dei consensi rispetto al 2023: i partiti, che passano da una fiducia del 32,5% al 29,8%; i sindacati, che diminuiscono lievemente dal 43,1% al 42,7%; le altre confessioni religiose diverse da quella cattolica (dal 38% al 34,5%).
L'indagine dell'Eurispes su antisemitismo e conflitto israelo-palestinese ha messo in luce i giudizi degli italiani rispetto ad alcuni temi particolari. La maggioranza, il 60,7%, non mette in discussione il diritto dello Stato d'Israele ad esistere; ma, all'interno di questa percentuale, il 32,1% sottolinea anche come ciò debba essere accanto al riconoscimento di uno Stato palestinese. Il 18,8% nega, invece, in modo netto, il diritto di esistenza dello Stato israeliano. Un quinto del campione (20,5%) non sa esprimersi in merito. Rispetto a quanto emerso nel 2004 rivolgendo la stessa domanda ai cittadini italiani, si osservano differenze non trascurabili: in particolare, solo il 2,8% negava tale diritto.
Il terrorismo islamico è indicato come l'elemento più pericoloso per una pacificazione del conflitto nella regione mediorientale (21,7%). Al secondo posto si collocano la politica del Governo guidato dal Primo Ministro di Israele, Benjamin Netanyahu (12,8%) e la politica degli Stati Uniti in Medio Oriente (12,5%), segue il conflitto tra moderati e fondamentalisti all'interno di alcuni paesi arabi (10,9%).
I sostenitori della necessità di aiuti (economici, strategici, nella fornitura di armi, ecc.) ad Israele sono una minoranza (15,9%), mentre esattamente la metà (50,1%) si dice contrario. Ben un terzo del campione (33,9%), invece, non sa o preferisce non dare una risposta a questa domanda.
Un terzo del campione (33,4%) concorda con l'affermazione secondo cui gli ebrei controllerebbero il potere economico e finanziario; 3 su 10 sono convinti che controllino i media e il 27,5% sostiene la tesi secondo cui gli ebrei determinano le scelte politiche occidentali.
Il 15,9% degli italiani sminuisce la portata della Shoah (non avrebbe prodotto così tante vittime), il 14,1% la nega.
Il 54% degli italiani giudica gli episodi di antisemitismo come indice reale di un problema e il 55,4% ritiene che siano la conseguenza della diffusione di un linguaggio basato su odio e razzismo.
Fonte: Eurispes