Come Mosca vede i negoziati di pace sull’Ucraina
03-09-2025 12:46 - Opinioni
GD - Roma, 3 set. 25 - (Aspenia Online) - Sia l’andamento dei negoziati che quello della guerra stanno dimostrando che la prospettiva di un accordo di pace per il conflitto russo-ucraino resta ancora lontana. Al summit di Anchorage del 15 agosto scorso, Vladimir Putin non ha manifestato nessuna intenzione di rivedere i termini proposti per la fine del conflitto più di un anno fa, insistendo sulla neutralità e la smilitarizzazione dell’Ucraina e il riconoscimento della sovranità russa sui cinque oblast che la Russia ha ufficialmente annesso, ma su cui ancora non ha ottenuto il pieno controllo territoriale. Nonostante le pressioni di Washington, il Cremlino continua anche a rifiutare un incontro tra Putin e Volodymyr Zelensky. Data la situazione militare al fronte, e soprattutto l’attuale contesto internazionale, Mosca è infatti convinta di avere ancora tutte le carte in mano per vincere il conflitto.
Giacomo Leccese
Fonte: Aspenia Online
Il vantaggio dei numeri e la predisposizione a guerre prolungate - Dopo il fallimento dell’iniziale tentativo di blitzkrieg (guerra lampo) verso Kiev, il conflitto ucraino si è trasformato in una guerra di attrito in cui la Russia sente di avere una posizione di vantaggio. In questo tipo di guerre prolungate, in cui le operazioni militari sono modellate dalla capacità di sostituire le perdite e generare nuove formazioni, storicamente la Russia è sempre stata avvantaggiata, potendo contare su enormi quantità di risorse umane e materiali. Nei negoziati di pace di Istanbul di maggio, i russi hanno fatto leva su questo punto, facendo riferimento alla “Grande Guerra del Nord” (conflitto durato ventun anni con cui lo zar Pietro il Grande sconfisse la Svezia nel Settecento) per indicare la capacità russa di sostenere una guerra prolungata in Ucraina. I numeri sono in effetti dalla parte di Mosca sia per quanto riguarda la capacità di sostituire le perdite umane sia in termini di rifornimento di attrezzature e munizioni.
A differenza dell’Ucraina, la Russia non ha problemi di arruolamento, potendo attingere da un ampio bacino di popolazione disponibile e un gran numero di forze irregolari, e può contare su una capacità industriale bellica molto maggiore rispetto a Kiev e ai suoi sostenitori occidentali. Nel 2024, l’industria russa ha prodotto circa 250.000 nuovi proiettili di artiglieria al mese, a confronto delle circa 30.000 unità prodotte dagli Stati Uniti e delle altre circa 83.000 prodotte dai paesi membri dell’UE. Anche in termini di difesa aerea, la matematica non aiuta gli ucraini visto che la produzione russa di missili (balistici, ipersonici e da crociera) nel secondo trimestre di quest’anno ha raggiunto le 585 unità, mentre la produzione di missili intercettori PAC-3 da parte di Stati Uniti, Giappone e partner europei è limitata a 650 unità all’anno. Un quadro particolarmente sfavorevole tenendo conto che generalmente servono tra i due e i tre intercettori per contrastare un singolo missile in arrivo. Infine, anche a livello economico, nonostante gli oltre tre anni di guerra e le sanzioni occidentali, l’economia russa non è crollata e, secondo le ultime stime, con l’attuale regime sanzionatorio potrebbe sostenere almeno altri tre anni di guerra con l’attuale intensità.
Dubbi e difficoltà tra i sostenitori occidentali di Kiev - In tale contesto, la resistenza dell’Ucraina dipende strettamente dagli aiuti in arrivo da Occidente in termini di assistenza militare e invio di armi e munizioni. Anche in quest’ottica, Putin è probabilmente convinto che il tempo sarà suo alleato. La rielezione di Donald Trump, che già in campagna elettorale aveva anticipato il suo scetticismo verso gli aiuti statunitensi all’Ucraina, contribuisce ad alimentare incertezze riguardo alla sicurezza delle linee di rifornimento in arrivo dagli USA. La nuova amministrazione ha già più volte paventato l’interruzione degli aiuti a Kiev in caso di mancato accordo di pace, arrivando anche a bloccare il supporto militare per una settimana a seguito della schermaglia nello Studio Ovale tra Trump e Zelensky nello scorso febbraio.
Anche la fornitura di missili intercettori Patriot è stata fermata per alcuni giorni a luglio, ufficialmente per necessità interne – ma più probabilmente come segnale negoziale a Zelensky, cosa che a Mosca sarà stata senza dubbio notata con interesse. Uno stop definitivo all’assistenza militare statunitense influirebbe fortemente sulle capacità di combattimento ucraine, soprattutto se sommate alle difficoltà europee nel prendere il posto di Washington. Gli europei potrebbero in qualche modo aggirare i propri limiti nell’industria per la difesa, provando ad incrementare la produzione di munizioni e acquistando alcuni sistemi d’arma direttamente da Washington (come HIMARS, munizioni Howitzer e Patriot da cui sono fortemente dipendenti dagli USA), ma difficilmente potrebbero sostituire il supporto americano in termini di ISR (Intelligence, Surveillance and Reconnaissance).
Gli altri Paesi NATO mancano infatti delle piattaforme e dei satelliti necessari per garantire il supporto dato dalle forze USA agli ucraini in termini di kill chain (il processo di identificazione, tracciamento ed eliminazione di obiettivi). A questo va aggiunto che in Europa l’opinione pubblica è meno favorevole all’aiuto militare a Kiev e che molti Paesi continuano a fornire solo un supporto militare minimo (Francia, Italia e Spagna impegnano meno dello 0,1% del PIL). In questo contesto, Putin vede nel prolungarsi del conflitto una possibilità di estromettere dal gioco gli Stati Uniti e, forse, anche l’Europa.
A differenza dell’Ucraina, la Russia non ha problemi di arruolamento, potendo attingere da un ampio bacino di popolazione disponibile e un gran numero di forze irregolari, e può contare su una capacità industriale bellica molto maggiore rispetto a Kiev e ai suoi sostenitori occidentali. Nel 2024, l’industria russa ha prodotto circa 250.000 nuovi proiettili di artiglieria al mese, a confronto delle circa 30.000 unità prodotte dagli Stati Uniti e delle altre circa 83.000 prodotte dai paesi membri dell’UE. Anche in termini di difesa aerea, la matematica non aiuta gli ucraini visto che la produzione russa di missili (balistici, ipersonici e da crociera) nel secondo trimestre di quest’anno ha raggiunto le 585 unità, mentre la produzione di missili intercettori PAC-3 da parte di Stati Uniti, Giappone e partner europei è limitata a 650 unità all’anno. Un quadro particolarmente sfavorevole tenendo conto che generalmente servono tra i due e i tre intercettori per contrastare un singolo missile in arrivo. Infine, anche a livello economico, nonostante gli oltre tre anni di guerra e le sanzioni occidentali, l’economia russa non è crollata e, secondo le ultime stime, con l’attuale regime sanzionatorio potrebbe sostenere almeno altri tre anni di guerra con l’attuale intensità.
Dubbi e difficoltà tra i sostenitori occidentali di Kiev - In tale contesto, la resistenza dell’Ucraina dipende strettamente dagli aiuti in arrivo da Occidente in termini di assistenza militare e invio di armi e munizioni. Anche in quest’ottica, Putin è probabilmente convinto che il tempo sarà suo alleato. La rielezione di Donald Trump, che già in campagna elettorale aveva anticipato il suo scetticismo verso gli aiuti statunitensi all’Ucraina, contribuisce ad alimentare incertezze riguardo alla sicurezza delle linee di rifornimento in arrivo dagli USA. La nuova amministrazione ha già più volte paventato l’interruzione degli aiuti a Kiev in caso di mancato accordo di pace, arrivando anche a bloccare il supporto militare per una settimana a seguito della schermaglia nello Studio Ovale tra Trump e Zelensky nello scorso febbraio.
Anche la fornitura di missili intercettori Patriot è stata fermata per alcuni giorni a luglio, ufficialmente per necessità interne – ma più probabilmente come segnale negoziale a Zelensky, cosa che a Mosca sarà stata senza dubbio notata con interesse. Uno stop definitivo all’assistenza militare statunitense influirebbe fortemente sulle capacità di combattimento ucraine, soprattutto se sommate alle difficoltà europee nel prendere il posto di Washington. Gli europei potrebbero in qualche modo aggirare i propri limiti nell’industria per la difesa, provando ad incrementare la produzione di munizioni e acquistando alcuni sistemi d’arma direttamente da Washington (come HIMARS, munizioni Howitzer e Patriot da cui sono fortemente dipendenti dagli USA), ma difficilmente potrebbero sostituire il supporto americano in termini di ISR (Intelligence, Surveillance and Reconnaissance).
Gli altri Paesi NATO mancano infatti delle piattaforme e dei satelliti necessari per garantire il supporto dato dalle forze USA agli ucraini in termini di kill chain (il processo di identificazione, tracciamento ed eliminazione di obiettivi). A questo va aggiunto che in Europa l’opinione pubblica è meno favorevole all’aiuto militare a Kiev e che molti Paesi continuano a fornire solo un supporto militare minimo (Francia, Italia e Spagna impegnano meno dello 0,1% del PIL). In questo contesto, Putin vede nel prolungarsi del conflitto una possibilità di estromettere dal gioco gli Stati Uniti e, forse, anche l’Europa.
La popolazione ucraina stanca e sotto pressione - Oltre che sul piano internazionale, Putin sta probabilmente ragionando anche sul contesto domestico ucraino. Secondo gli ultimi dati, gli oltre tre anni di guerra e l’alto numero di vittime stanno contribuendo a fiaccare la resistenza della popolazione, che oggi appare molto più incline a dei compromessi con Mosca per raggiungere un accordo di pace. Un sondaggio nello scorso luglio indica che il 69% degli ucraini si dichiara favorevole a una fine negoziata della guerra il prima possibile, rispetto al 24% che invece vuole continuare a combattere fino alla vittoria – comunque questa sia definita in dettaglio.
Ciò segna un’inversione di tendenza quasi totale rispetto all’opinione pubblica all’inizio del conflitto, quando invece il 73% era favorevole a una lotta dell’Ucraina fino alla vittoria e il 22% preferiva che Kiev cercasse un accordo il prima possibile. L’intensificarsi negli ultimi mesi delle offensive aeree russe sulle città ucraine si inserisce in questo contesto.
La possibilità di produrre i droni Shahed direttamente in Russia, al posto di importarli dall’Iran, ha permesso a Mosca di ridurre i costi di produzione e di impiegare molte più piattaforme nei bombardamenti, raddoppiando il tasso di successo (vicino al 20% ad aprile mentre sotto il 10% un anno fa). Questo significa, soprattutto colpendo bersagli civili, mettere sotto pressione la popolazione nel tentativo di indebolire il sostegno verso il governo Zelensky e spingere l’Ucraina ad accettare un accordo di pace sfavorevole.
Approccio russo ai negoziati e prospettive future - In sintesi, la situazione domestica russa, gli sviluppi in Occidente e le dinamiche interne ucraine contribuiscono alla percezione russa di trovarsi in una posizione di vantaggio. In questo contesto, Mosca non sente la necessità di sedersi seriamente al tavolo delle negoziazioni per trovare un compromesso ma piuttosto, continuando a insistere sulle sue posizioni estreme, vede un accordo di pace o un cessate il fuoco come un mezzo per ottenere vantaggi strategici e superare alcuni ostacoli che attualmente impediscono l’avanzata delle forze russe.
Storicamente, la Russia mostra una consolidata tendenza ad utilizzare i cessate il fuoco come opportunità per riorganizzarsi e preparare una ripresa delle operazioni militari. Lo ha già fatto in occasione delle guerre in Cecenia (1994-1996/1999-2009), nel conflitto in Siria e con gli Accordi di Minsk proprio sull’Ucraina (2014-2015). Le richieste di cedere la porzione di territorio dell’oblast di Donetsk ancora sotto controllo ucraino sembrano confermare questa tendenza. L’offensiva estiva russa lanciata sul fronte orientale per avanzare in quella regione sta infatti trovando particolari ostacoli.
Quei territori ospitano la “cintura difensiva” dell’Ucraina, una serie di posizioni militari fortificate su cui gli ucraini lavorano da undici anni e che si estende per circa cinquanta chilometri da nord a sud, attraversando quattro grandi città e alcuni insediamenti più piccoli. Oltre all’ambiente urbano denso, logisticamente impegnativo da conquistare, anche la topografia del luogo costituisce un serio ostacolo per l’avanzata russa. Le posizioni ucraine si trovano su un terreno più elevato e questo, oltre a rendere più difficile per i russi avvicinarsi per affrontare combattimenti ravvicinati, permette alle forze di Kiev di osservare e quindi di riuscire a coordinare il fuoco di artiglieria e altre forme di supporto di fuoco senza dover schierare droni.
Poiché le forze russe dovrebbero condurre una campagna lunga anni per conquistare militarmente il resto dell’Oblast di Donetsk, non avendo mezzi per circondare o penetrare rapidamente queste posizioni difensive, la cessione di tutta la regione attraverso accordi negoziali sarebbe una svolta significativa per Mosca – ottenendo diplomaticamente ciò che ancora sfugge alla conquista militare. La perdita di questa linea difensiva e il ritiro in nuove posizioni scoperte, metterebbe le forze ucraine in una posizione di notevole svantaggio nel caso di una ripresa delle ostilità. È probabile che Putin, facendo leva sui punti di forza spiegati in precedenza, continui a interpretare i negoziati soltanto come un mezzo per ottenere vantaggi del genere.
Tale approccio potrà cambiare solo modificando la percezione di vantaggio di Mosca. Questo, a sua volta, richiede da un lato la diminuzione della capacità dell’economia russa di sostenere lo sforzo bellico a lungo, ad esempio con un rafforzamento del regime sanzionatorio o con l’inasprimento degli attacchi aerei ucraini sulle infrastrutture petrolifere russe, e dall’altro la garanzia di un’assistenza militare e un invio di armi e munizioni occidentali continuo a Kiev.
La possibilità di produrre i droni Shahed direttamente in Russia, al posto di importarli dall’Iran, ha permesso a Mosca di ridurre i costi di produzione e di impiegare molte più piattaforme nei bombardamenti, raddoppiando il tasso di successo (vicino al 20% ad aprile mentre sotto il 10% un anno fa). Questo significa, soprattutto colpendo bersagli civili, mettere sotto pressione la popolazione nel tentativo di indebolire il sostegno verso il governo Zelensky e spingere l’Ucraina ad accettare un accordo di pace sfavorevole.
Approccio russo ai negoziati e prospettive future - In sintesi, la situazione domestica russa, gli sviluppi in Occidente e le dinamiche interne ucraine contribuiscono alla percezione russa di trovarsi in una posizione di vantaggio. In questo contesto, Mosca non sente la necessità di sedersi seriamente al tavolo delle negoziazioni per trovare un compromesso ma piuttosto, continuando a insistere sulle sue posizioni estreme, vede un accordo di pace o un cessate il fuoco come un mezzo per ottenere vantaggi strategici e superare alcuni ostacoli che attualmente impediscono l’avanzata delle forze russe.
Storicamente, la Russia mostra una consolidata tendenza ad utilizzare i cessate il fuoco come opportunità per riorganizzarsi e preparare una ripresa delle operazioni militari. Lo ha già fatto in occasione delle guerre in Cecenia (1994-1996/1999-2009), nel conflitto in Siria e con gli Accordi di Minsk proprio sull’Ucraina (2014-2015). Le richieste di cedere la porzione di territorio dell’oblast di Donetsk ancora sotto controllo ucraino sembrano confermare questa tendenza. L’offensiva estiva russa lanciata sul fronte orientale per avanzare in quella regione sta infatti trovando particolari ostacoli.
Quei territori ospitano la “cintura difensiva” dell’Ucraina, una serie di posizioni militari fortificate su cui gli ucraini lavorano da undici anni e che si estende per circa cinquanta chilometri da nord a sud, attraversando quattro grandi città e alcuni insediamenti più piccoli. Oltre all’ambiente urbano denso, logisticamente impegnativo da conquistare, anche la topografia del luogo costituisce un serio ostacolo per l’avanzata russa. Le posizioni ucraine si trovano su un terreno più elevato e questo, oltre a rendere più difficile per i russi avvicinarsi per affrontare combattimenti ravvicinati, permette alle forze di Kiev di osservare e quindi di riuscire a coordinare il fuoco di artiglieria e altre forme di supporto di fuoco senza dover schierare droni.
Poiché le forze russe dovrebbero condurre una campagna lunga anni per conquistare militarmente il resto dell’Oblast di Donetsk, non avendo mezzi per circondare o penetrare rapidamente queste posizioni difensive, la cessione di tutta la regione attraverso accordi negoziali sarebbe una svolta significativa per Mosca – ottenendo diplomaticamente ciò che ancora sfugge alla conquista militare. La perdita di questa linea difensiva e il ritiro in nuove posizioni scoperte, metterebbe le forze ucraine in una posizione di notevole svantaggio nel caso di una ripresa delle ostilità. È probabile che Putin, facendo leva sui punti di forza spiegati in precedenza, continui a interpretare i negoziati soltanto come un mezzo per ottenere vantaggi del genere.
Tale approccio potrà cambiare solo modificando la percezione di vantaggio di Mosca. Questo, a sua volta, richiede da un lato la diminuzione della capacità dell’economia russa di sostenere lo sforzo bellico a lungo, ad esempio con un rafforzamento del regime sanzionatorio o con l’inasprimento degli attacchi aerei ucraini sulle infrastrutture petrolifere russe, e dall’altro la garanzia di un’assistenza militare e un invio di armi e munizioni occidentali continuo a Kiev.
Giacomo Leccese
Fonte: Aspenia Online