01 Maggio 2025
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Blackout, allarme cybersicurezza: diplomazia come prima linea di difesa

29-04-2025 17:58 - Opinioni
GD – Roma, 29 apr. 25 – È bastata un’interruzione improvvisa dell’energia solare per mettere in ginocchio, per ore, l’intera rete elettrica della Spagna e parte del Portogallo. Nessun attacco informatico, dicono le autorità. Ma l’incidente del 28 aprile ha fatto tremare i nervi delle istituzioni europee, risvegliando un timore sempre più diffuso: che la prossima grande crisi possa arrivare silenziosa, invisibile e digitale. La domanda non è più “se”, ma “quando”. E soprattutto: “quanto siamo pronti?” e "qual è la soglia di tenuta della resilienza".
Un riflesso condizionato geopolitico. Nei primi minuti del blackout, tra luci, insegne e semafori spenti, blocchi ferroviari e ospedali costretti a usare generatori d’emergenza, il pensiero è corso immediatamente a un possibile attacco hacker. Non sarebbe la prima volta. Ma questa reazione immediata – prima ancora della conferma di cause interne – racconta molto della fragilità percepita delle infrastrutture critiche europee, di una resilienza non a regime. Con un effetto domino amplificato dall’interdipendenza dei sistemi digitali. E della centralità, ormai inevitabile, della cybersicurezza nella politica estera.
Cyber diplomacy, l’alleato invisibile. Negli ultimi anni, le Nazioni Unite hanno posto le basi per una regolamentazione del cyberspazio tra Stati. Il Group of Governmental Experts GGE e l’Open-Ended Working Group OEWG hanno stabilito principi fondamentali, come il rispetto della sovranità digitale, il divieto di interferenze e la cooperazione tecnica in caso di crisi. Ma le norme restano in gran parte volontarie, senza meccanismi di enforcement.
L’Unione Europea ha risposto con la Strategia per la cybersicurezza per il decennio digitale (2020), che punta su resilienza, alleanze internazionali e difesa collettiva. Strumenti come il Cyber Diplomatic Tool Box permettono di imporre sanzioni mirate contro gli attori ostili nel cyberspazio. Ma il sistema è ancora giovane e fortemente dipendente dalla collaborazione tra Stati e settore privato.
Dal vertice di Varsavia del 2016, la NATO ha ufficialmente incluso il cyberspazio tra i suoi domini operativi. In teoria, un attacco informatico grave contro un membro dell’Alleanza può giustificare una risposta collettiva.
Il blackout come test di stress. Il recentissimo caso iberico – pur non essendo frutto di un’aggressione – ha funzionato da simulazione involontaria. Quanto rapidamente le istituzioni hanno pensato all’ipotesi di un attacco dimostra il grado di allerta. E quanto lentamente si è potuta escludere la pista esterna dimostra invece le falle nel sistema di risposta e comunicazione.
È qui che la diplomazia diventa cruciale: per creare fiducia, scambiare informazioni, gestire la crisi e comunicare in modo trasparente. In un contesto dove la percezione conta quanto la realtà, evitare l’escalation può dipendere da un canale diplomatico attivo tanto quanto da un firewall.
Una nuova geopolitica delle reti. Il blackout di fine aprile lancia un segnale chiaro: l’Europa deve rafforzare la sua diplomazia digitale. Non solo per rispondere alle minacce, ma per prevenirle. Non bastano le norme tecniche: serve un vero linguaggio politico comune per affrontare un cyberspazio che sia sempre più campo di confronto strategico tra potenze.
Perché nella nuova geopolitica delle reti, il primo blackout potrebbe anche essere solo un test. E la risposta – rapida, coordinata, credibile – dovrà arrivare prima di tutto dalla politica.
Costruire fiducia nell’età dell’incertezza. Il caso iberico è un promemoria: la transizione digitale non può prescindere dalla sicurezza, e la sicurezza non può prescindere dalla diplomazia. Costruire fiducia tra le nazioni, nel contesto fluido e opaco del cyberspazio, è oggi una delle sfide centrali della politica estera.
In questo senso, la cyber diplomacy non è una nicchia per tecnocrati, ma il nuovo linguaggio della sicurezza collettiva. L’Europa, se vuole essere protagonista, deve parlare quella lingua, con regole chiare, alleanze solide e una visione strategica.

Cristina Di Silvio
Esperta di Relazioni Internazionali

Fonte: Cristina Di Silvio
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