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A Gaza il trasformismo di Hamas è stato rapido e interessato

13-10-2025 08:00 - Opinioni
GD - Roma, 13 ott. 25 - “Che tutto cambi affinché nulla cambi” indica un cambiamento superficiale o strategico per mantenere immutato lo status quo e preservare i privilegi e il potere di una classe dirigente. Molti in Italia e nel mondo hanno gioito per l'annunciata liberazione dei 20 ostaggi israeliani ancora in vita detenuti dai terroristi di Hamas e per la pace che si sta per realizzare in Israele. Com'è giusto che sia, c'è tanto entusiasmo per la liberazione degli ostaggi.
Invece per tutto il resto, e in particolare per ciò che attiene ad una “vera” pace tra Israele, i Gazawi e i terroristi di Hamas che li tengono in ostaggio, sarà ancora tutto da vedere.
Intanto la BBC ci informa con un brevissimo lancio di agenzia che Hamas inizia a riorganizzarsi, rimettendo in servizio attivo 7.000 membri delle forze di sicurezza, nel tentativo di riprendere immediatamente il controllo delle aree appena evacuate dall'esercito israeliano (IDF), che sta arretrando come previsto dagli accordi di pace, che saranno firmati, auspicabilmente, lunedì 13 ottobre a Sharm el-Sheikh.
Hamas mobilita i combattenti a Gaza perché crescono i timori di violenze e vendette che possono scoppiare all'interno della striscia di Gaza, dove le persone hanno iniziato a rientrare nei luoghi dove erano le loro case.
Ma perché Hamas teme violenze e vendette da parte dei Gazawi? Perché in realtà nella striscia di Gaza non esiste una sola ed unica entità di controllo, ma esistono piuttosto molte tribù, gruppi familiari che si coalizzano per difendersi, o per attaccare altri gruppi. Una guerra intestina che c'è sempre stata e che continuerà al di là della firma di qualsiasi accordo di pace.
Da qui il rifiuto assoluto da parte di Hamas e delle altre tribù che si contendono il territorio di consegnare le armi. Una richiesta non accettabile proprio perché è necessario difendersi adesso non più (o non solo) dal IDF, ma anche dalle altre fazioni presenti sul terreno che rivendicano vendetta e potere.
Quello che si teme di più, non solo a Gaza, è che se si creerà un vuoto di potere con il ridimensionamento o l'eliminazione totale di Hamas e scoppierà una guerra civile, come abbiamo visto accadere storicamente negli ultimi 25 anni ovunque sia caduto un regime sanguinario.
A queste condizioni, il futuro dei Gazawi è pieno di incertezze perché nessuno effettivamente può prevedere cosa potrà succedere nei rapporti di forza interni, tra le varie tribù che si contendono il controllo del territorio o che desiderano solo difendersi dalle altre tribù.
Inoltre, si dovranno ridefinire i rapporti con le varie entità straniere che hanno finora sostenuto la fazione di Hamas con dotazioni militari e fondi, per combattere contro Israele e per tenere il Popolo Gazawi in stato di totale soggezione.
Quello che si comincia già a intravedere, purtroppo, è che la libertà che sarà concessa a Gaza potrebbe sfociare immediatamente in una nuova guerra civile.
Intanto Hamas ha nominato cinque nuovi governatori, tutti con un passato militare, alcuni dei quali in precedenza avevano comandato brigate armate che hanno combattuto contro Israele e contro i Gazawi che si oppongono ad Hamas.
Secondo quanto riferito, l'ordine di mobilitazione è stato impartito tramite telefonate e messaggi di testo in cui si affermava che l'obiettivo era quello di "ripulire Gaza dai fuorilegge e dai collaboratori di Israele".
Secondo quanto riferito da Gaza, unità armate di Hamas si sarebbero già dispiegate in diversi distretti, alcune in abiti civili e altre nelle uniformi blu della polizia di Gaza.
La tensione è aumentata rapidamente dopo che due membri delle forze speciali di Hamas sono stati uccisi da uomini armati del potente clan Dughmush nel quartiere Sabra della città di Gaza. Uno di loro era il figlio di un alto comandante dell'ala armata di Hamas, Imad Aqel, che ora è a capo dei servizi segreti militari del gruppo.
I loro corpi sono stati lasciati per strada, scatenando la rabbia della popolazione e aumentando la possibilità di una forte risposta armata da parte di Hamas. Infatti, per ritorsione i membri di Hamas hanno circondato una vasta area dove si riteneva che fossero barricati più di 300 uomini armati del clan Dughmush, muniti di mitragliatrici ed esplosivi improvvisati, uccidendo alcuni membri del clan e prendendone altri in ostaggio.
La mobilitazione di Hamas era stata ampiamente anticipata a causa della crescente incertezza su chi governerà Gaza una volta terminata la guerra. Per queste ragioni nessuna delle forze presenti sul terreno può accettare di cedere le armi come richiesto per la firma degli accordi di pace.
Si tratta di una questione fondamentale che potrebbe complicare l'avvio della seconda fase del piano di pace del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che prevede il disarmo di Hamas.
Un funzionario di Hamas all'estero ha rifiutato di commentare direttamente le notizie sul dispiegamento delle forze di sicurezza, ma ha dichiarato alla BBC: "Non possiamo lasciare Gaza in balia dei ladri e delle milizie sostenute dall'occupazione israeliana. Le nostre armi sono legittime ... per resistere all'occupazione, e rimarranno tali finché l'occupazione continuerà".
Quindi, come sempre tutto cambia affinché nulla cambi in terra di Palestina.

Ciro Maddaloni
Esperto di eGovernment internazionale


Fonte: Ciro Maddaloni