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Quotazione Aramco: come l’Italia agli italiani, l’Arabia Saudita ai Sauditi

06-11-2019 14:55 - Opinioni
Prof. Carlo Andrea Bollino Prof. Carlo Andrea Bollino
GD – Riad, 6 nov. 19 - La quotazione dell’Aramco, la più grande operazione finanziaria, sembra che sarà riservata alla borsa locale e ai cittadini sauditi. Ora, partendo dal presupposto che nel lungo periodo siamo tutti morti, come diceva Keynes, è chiaro che l'Arabia Saudita, in un mondo che va verso la progressiva riduzione del petrolio a lungo termine come fonte mondiale di energia, dovrà diversificare l’economia oppure il suo benessere e’ destinato a scomparire. Questa è la scommessa della Vision 2030 della nuova leadership Saudita.
Allora si potrebbe pensare che questa modifica ai piani originari di quotare l’Aramco sulle grandi Borse internazionali sia una mossa maldestra, che non vuole aprire alla trasparenza le operazioni finanziarie e industriali dell’Arabia Saudita.
Questo è ciò che hanno immediatamente ventilato i grandi attori dal sistema finanziario internazionale specialmente le banche inglesi e americane, che però, si sa, fanno i loro interessi. Ogni informazione messa sul mercato che potesse riuscire a ridurre la considerazione del valore della Aramco potrebbe risultare in una vantaggiosa acquisizione iniziale delle azioni messe sul mercato con la IPO, per poi lucrarne l'incremento di valore in un momento successivo, ricollocandole a prezzi superiori. Questa è un'operazione di mercato del tutto legittima e fa parte del libero mercato capitalistico.
Dove vale anche la saggezza popolare: “chi disprezza compra”. Tecnicamente parliamo di una società petrolifera che ha 260 miliardi di barili di riserve certe; diciamo quindi che rappresenta un entità che ha un futuro potenziale di ricavi di 16000 miliardi di dollari ai prezzi correnti. Dato che i profitti si aggirano intorno ai 24 miliardi di dollari a trimestre, una quotazione equa di una tale macchina economica con questi dati di bilancio e con tutti gli strumenti sofisticati degli analisti finanziari potrebbe portare a azzardare una quotazione del valore della Aramco tra 1800 e 2000 miliardi di dollari.
Ora c'è chi ha detto che vale 1600 miliardi di dollari. C'è chi ha detto che vale fra 1300 e 2300 miliardi di dollari. Sono cifre caratterizzare da molta incertezza. È un po' come il rating che viene dato al buoni del tesoro italiani: noi tutti italiani siamo convinti della bontà del nostro Paese, siamo patriottici, i nostri titoli di stato sono ottimi e infatti continuiamo a comprarli ogni mese dalle aste del Tesoro. Però le agenzie di rating internazionali li considerano di minore qualità e, quindi, il valore è deprezzato sui mercati internazionali.
Mi sembra di poter dire che la leadership l'Arabia Saudita - ricordiamo che ogni membro del governo Saudita ha un Master o un Dottorato in America o in Inghilterra - probabilmente ha imparato dagli stessi americani come comportarsi sui mercati finanziari.
Il fatto che la quotazione iniziale della Aramco sia riservata ai cittadini sauditi (quotazione solo sul mercato borsistico locale), invece che essere vista come un ripiego per mancanza di opportunità di collocazione sui mercati internazionali, penso che possa essere letta al contrario e cioè un modo per assicurare un beneficio iniziale propri cittadini e non svendere l’Aramco all’estero.
Ricordiamo che un cittadino Saudita può prendere a prestito a tassi convenienti del denaro per poi investire nelle azioni della Aramco ed essere, pertanto, partecipe dei profitti direttamente della principale fonte di reddito del regno. Dunque una diversa redistribuzione del dividendo petrolifero ai propri cittadini.
È quindi presto per poter giudicare se questa sia un'operazione di facciata oppure un'operazione vera. Ma se vogliamo essere per una volta tanto, non solo cinici ma visionari, possiamo pensare che in questo modo l’inizio della privatizzazione di una grande impresa energetica rimane nelle mani dei cittadini e i benefici sono assicurati ai cittadini del paese. Come abbiamo fatto noi con Eni e Enel.

del Prof. Carlo Andrea Bollino (Ph.D.)
Dipartimento di Economia dell’Università di Perugia



Fonte: Carlo Andrea Bollino
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