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NATO DCF: lavori "Arab Geopolitics 2020-The Middle East: What kind of future?"

03-08-2020 14:41 - Politica
GD - Roma, 3 ago. 20 - La Conferenza di Alto Livello "Arab Geopolitics 2020 - The Middle East: What kind of future?" è stata organizzata dalla NATO Defense College Foundation, in collaborazione con il Policy Center for the New South, la NATO Political Affairs and Security Policy Division e il NATO Defense College, nella Sala delle Belle Arti del Rome Cavalieri Hotel, Roma.
L'iniziativa è stata il primo evento di carattere istituzionale a svolgersi dal vivo in Italia e in Europa dopo la pandemia e si è tenuta nel pieno rispetto delle normative di sicurezza regionali relative al COVID-19. Sesto appuntamento della serie "Arab Geopolitics", creata dalla Fondazione nel 2011, la conferenza ha riunito 15 oratori esperti di mondo arabo e più di 250 partecipanti (fisici e virtuali) con lo scopo di discutere l'attuale instabilità che coinvolge tanto i governi quanto le soci età civili della regione MENA, mappare gli attori e gli interessi in gioco nell'area, e indicare possibili soluzioni per superare le crisi regionali.
Questa una sintesi degli interventi.
- Alessandro Minuto-Rizzo, presidente del NATO Defense College Foundation, Roma - “Il nostro obiettivo è quello di vedere un arco di crisi trasformarsi in un arco di opportunità, e questa parte del mondo ha un grande potenziale. Abbiamo organizzato questa conferenza con l'intenzione di guardare oltre le attuali crisi dell'area, cercare soluzioni possibili e discutere di cooperazione a livello regionale e internazionale. Oggi, ad aggiungere ulteriore complessità ad un panorama internazionale già in continua evoluzione, c'è il fatto che i governi nazionali non sono più gli unici attori sulla scena: assistiamo sempre più all'emergenza e all'influenza di entità non statali, e la regione araba non fa eccezione. Viviamo in un mondo frammentato e complesso, e una simile realtà richiede un grande sforzo da parte nostra.”
- Gilles Kepel - direttore scientifico della Middle East Mediterranean Freethinking Platform dell'Università della Svizzera italiana, Lugano - “È il momento di ripensare il ruolo della NATO in Medio Oriente e Nord Africa. Al tempo stesso, però, noi Europei in quanto membri dell'Alleanza Atlantica, ma anche dell'Unione Europea, non possiamo più esimerci dal definire una politica di difesa e sicurezza che sia risoluta e propria dell'Unione, specialmente nella regione. Che poi sia funzionale, complementare o parallela a quella della NATO è certamente una questione da discutere a dovere. Le cattive acque in cui ci troviamo oggi sono anche dovute all'incertezza legata al futuro della politica americana nell'area. Ciò che all'ultima Munich Security Conference è stato definito come “l'avvento della Westlessness” è non a caso qualcosa che ha già mutato molte dinamiche regionali dalla fine dalla Guerra Fredda. Se l'interesse degli Stati Uniti per quanto accade in Medio Oriente diminuisce, altri attori prenderanno il loro posto.”
- Giovanni Romani - responsabile della Sezione Medio Oriente e Nord Africa della Political Affairs and Security Policy Division, NATO HQ, Bruxelles - “Una delle tre missioni fondamentali della NATO è la sicurezza cooperativa, e l'Alleanza condivide con i suoi partner nella regione non solo una vicinanza geografica, ma anche sfide simili a livello di sicurezza: con l'aumento dell'instabilità regionale, questi partenariati sono oggi più importanti che mai. [...] Nonostante i grandi cambiamenti politici avvenuti nell'area MENA negli ultimi anni, la struttura dei partenariati NATO si è dimostrata alquanto resiliente. Oltre ai rapporti tra i singoli Partner, essi hanno infatti assicurato gli strumenti e gli spazi utili a individuare, discutere e affrontare le sfide comuni, spesso fornendo le condizioni grazie alle quali i Partner hanno potuto superare le loro posizioni divergenti. Si pensi al caso di Israele e dei sei paesi arabi del Mediterranean Dialogue, così come ai quattro paesi del Golfo che sono rimasti sotto l'ombrello dell'Istanbul Cooperation Initiative anche durante la crisi del Consiglio di Cooperazione del Golfo.”
- Maged Abdelaziz - Osservatore Permanente alle Nazioni Unite, Lega Araba, New York - “Il multilateralismo e il regionalismo sono attualmente in crisi. [...] Nella regione MENA, le rivolte del 2011 - con le loro diverse motivazioni e dinamiche - hanno avuto tutta una serie di ripercussioni sugli equilibri interni alle società arabe e hanno portato alcuni paesi arabi a competere per un ruolo egemonico che non corrisponde alle loro capacità e va contro il volere degli altri attori regionali. Questo ha creato una frattura tra gruppi di Stati e singoli Paesi dell'area , che ha a sua volta compromesso la capacità della Lega degli Stati Arabi di intraprendere delle iniziative di carattere collettivo, specialmente per quanto riguarda la sicurezza e la stabilità regionali. Questa difficoltà è inoltre aggravata della debole struttura finanziaria della Lega e dalla mancanza di una volontà politica comune, che insieme non permettono all'organizzazione di giocare il suo ruolo, al di sopra della sovranità dei propri Stati membri.”
- Sofia Barbarani - giornalista - “L'Iraq è tra i migliori esempi di un paese arabo che può contare su una società civile informale, talvolta disorganizzata, e tuttavia ben funzionante. [...] Soprattutto a partire da Ottobre 2019, l'Iraq ha usato le organizzazioni della sua società civile per promuovere un cambiamento politico reale, laddove la situazione politica nazionale è rimasta stagnante per fin troppo tempo. Ho visto una società civile che non hai mai smesso di lottare e ha continuato a evolvere piuttosto che essere silenziata. È necessario che il Governo riconosca questi giovani uomini e donne, instaurando con loro un dialogo reale. È inoltre altrettanto cruciale che, nel momento in cui ha a che fare con Baghdad, la comunità internazionale ricordi al Governo il ruolo fondamentale delle organizzazioni della società civile.”
- Brahim Oumasour - Ricercatore del Center for Studies and Research on the Arab and Mediterranean World di Ginevra; ricercatore dell'Institute for International and Strategic Affairs di Parigi - “Negli ultimi due decenni, il Medio Oriente e il Nord Africa hanno assistito alla proliferazione di attori non statali con un'influenza sempre maggiore e il cui peso politico minaccia la stabilità dell'intera regione e non solo. Dietro la loro ascesa ci sono numerosi fattori: dall'instabilità politica dell'area (innescata principalmente dalle rivolte del 2011 e dalla seconda ondata di proteste del 2019) alla fragilità degli Stati, dalle crisi economiche e ambientali alle tensioni inter- e intra-statali, continuamente aggravate da attori stranieri. Tra le diverse entità non statali in gioco ci sono gruppi ribelli, milizie civili, forze di difesa civili e autonome, terroristi, organizzazioni criminali e mercenari.”


Fonte: Redazione
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