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Diario: la politica internazionale e il coronavirus

06-07-2020 09:54 - Opinioni
GD - Roma, 6 lug. 20 - “Un’altra pandemia ci attende dopo il coronavirus: una pandemia di fame, disoccupazione e povertà. Non dobbiamo unicamente far fronte ad una pandemia mondiale sanitaria, ma anche ad una catastrofe umana”, ha dichiarato David Beasley, direttore del World Food Program di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nell’aprile scorso, e “potremmo dover affrontare la fame in tre dozzine di Paesi”. “Il mondo”, egli ha affermato”, ha di fronte la più seria crisi umanitaria dalla Seconda Guerra mondiale”. “I Paesi in via di sviluppo hanno enormi vulnerabilità. Quartieri sovraffollati e sistemi sanitari, nei quali i medici sono rari e i ventilatori quasi inesistenti. Dieci Paesi in Africa ne sono privi”.
“Noi suggeriamo agli abitanti di proteggersi dal coronavirus lavandosi le mani con sapone ed acqua. Ma più abitanti nel mondo (5 miliardi) hanno un cellulare, in confronto a quelli che possono lavarsi le mani (4,5 miliardi). Quasi 4 su 10 individui (circa 3 miliardi) non hanno la possibilità di lavarsi le mani in casa, secondo stime delle Nazioni Unite”.
“Nei Paesi poveri il problema non è soltanto la mancanza di mascherine. Più di un terzo degli Ospedali in questi Paesi non hanno la possibilità di lavarsi le mani”, aggiunge il Rapporto delle Nazioni Unite.
“Fortunatamente, vi sono anche fattori compensativi. Il virus, infatti, colpisce soprattutto gli anziani, specialmente quelli con debolezze preesistenti. E qui i Paesi in via di sviluppo hanno un notevole vantaggio. Soltanto il due per cento in Angola, Burkina Faso o Kenia hanno un’età superiore ai 65 anni. In Haiti il 5 per cento; in India il 6 per cento. Il contrario in Italia sono il 23 per cento e negli Stati Uniti il 16 per cento, secondo la Banca Mondiale. Inoltre, il 70 per cento degli Americani sono obesi, un fattore di rischio per il coronavirus, in confronto alla popolazione dei Paesi in via di sviluppo, che non hanno questo problema”.
“Occorre, poi, aggiungere che le campagne per la soppressione della poliomielite sono state sospese. Ugualmente sospesa è stata la distribuzione di vitamina A, che salva la vita dei bambini ed impedisce la cecità. Anche i programmi di aiuti alimentari sono stati interrotti, insieme alle scuole”.
“In Bangladesh, secondo stime autorevoli, il reddito individuale è diminuito del 75%; dell’80% quello dei tassisti; del 68% quello dei lavoratori giornalieri; del 68% delle cameriere; del 78% dei rickshaw”.
“Le scuole sono chiuse in molti Paesi. E parecchi studenti, soprattutto le femmine, non riprenderanno gli studi, date le ristrettezze economiche delle loro famiglie”.
“La vita nei Paesi poveri è stata, inoltre, sconvolta per il collasso del turismo e la fine delle rimesse in denaro degli emigranti”.
“Il coronavirus è potenzialmente catastrofico per milioni di persone, che già vivono appese ad un filo”, ha dichiarato Arif Husain, capo economista del World Food Program. “È una martellata per ulteriori molti milioni di cittadini, che possono vivere soltanto se ricevono un salario”.
“Il World Food Program ritiene che la pandemia potrebbe quasi raddoppiare il numero di individui, che già soffrono di fame. Sappiamo che, quando i bambini e i giovani sono malnutriti, il loro cervello non si sviluppa e possono soffrire deficit cognitivi. Per decenni, loro e i loro Paesi, rimarranno indietro, se non saremo in grado di far fronte alla crisi alimentare del 2020”.
“In un momento di gravi problemi e di crisi economica nei Paesi ricchi, ciò sarà difficile. Eppure, l’aiuto è essenziale, in forma di sostegno al debito e di assistenza diretta”.
“Le risorse alimentari sono già scarse” ha dichiarato Kennedy Odede, presidente di Shofco, un gruppo keniano di aiuto contro la povertà. Molti hanno perduto il lavoro e le nostre comunità fanno fatica a sopravvivere. Ieri, un mio amico d’infanzia mi ha detto: “Preferirei morire di coronavirus, piuttosto che di fame”.
Le conseguenze negative della pandemia di coronavirus non toccheranno soltanto i Paesi più deboli, quelli in via di sviluppo. Si avranno gravi conseguenze anche nei Paesi sviluppati.
Il reddito nazionale dei principali Paesi dell’Europa Occidentale, del Nord America, del Giappone e della Cina, ad esempio, dovrebbe ridursi nel 2020 di circa il 10-15%.
Dovrebbero scendere notevolmente anche gli indici della produzione industriale, dei servizi, delle esportazioni, del commercio interno ed estero, del tenore di vita.
“Il coronavirus ha trasformato il mondo. Siamo al centro della più profonda recessione in periodo di pace degli scorsi 150 anni”, ha dichiarato il presidente della Federal Reserve americana. Il governatore della Banca d’Italia è più pessimista. Ha affermato che “nel 2020 si registrerà, a livello globale, la più diffusa diminuzione del reddito pro capite dal 1870”.
I più ottimisti prevedono una ripresa significativa nel 2021, che dovrebbe compensare, almeno in parte, la recessione del 2020. Sul terreno, tuttavia, si prevede rimarranno dozzine di industrie, centinaia di negozi, ristoranti, alberghi, cinema, teatri. L’occupazione ne dovrebbe risentire e, quindi, il reddito individuale ed il risparmio.
È da sperare che, a questi gravissimi problemi, non si aggiunga una crisi delle istituzioni e della stessa democrazia rappresentativa. Se ne vedono i segnali in Ungheria, Serbia, Montenegro, Polonia.
Il Center for Infections Disease Research and Policy dell’Università del Minnesota ha dichiarato che “la pandemia di coronavirus durerà ancora per 18-24 mesi, ovvero fino a quando il 60-70% della popolazione mondiale non avrà contratto la malattia. Un vaccino potrebbe aiutare, ma non in tempi rapidi”.
Che effetto avrà sulla democrazia questo lunghissimo distanziamento sociale, che diventa sistemico?
Se lo è chiesto Joshua Mitchell, docente alla Georgetown University, fra i massimi studiosi di Tocqueville, autore di “The fragility of freedom”.
Accanto all’emergenza coronavirus continuano ad esistere altre insicurezze, prima di tutto in campo militare nucleare. Dei grandi Trattati conclusi tra Washington e Mosca per tagliare o limitare i rispettivi arsenali atomici, capaci di distruggere più volte il mondo, oggi ne rimane in vigore uno solo: il “New Start”, firmato nel 2010 da Obama e Medvedev, che obbliga le parti a schierare non più di 1.550 testate atomiche e a ridurre il numero delle bombe d’aereo e dei missili nucleari sottomarini. Un livello spaventoso, ma che è il più basso mai raggiunto e comporta una serie di verifiche reciproche.
Questo Accordo scadrà nel Febbraio 2021, eliminando i sopralluoghi sul territorio della controparte e cancellando tutti i limiti, se non sarà prima rinnovato per cinque anni fino al 2026.
L’annuncio di una prossima ripresa dei negoziati strategici tra USA e Russia ha suscitato, virus permettendo, molto interesse. Ma le illusioni sembrano destinate a non durare a lungo. Da fonti concordanti (ed era stato lo stesso per gli euromissili) risulta che Trump sia sì disposto a tornare al tavolo con Mosca, ma a condizione che la Cina sia coinvolta. Ciò poteva avere un senso per i missili a breve e medio raggio, ma ne ha molto meno per quelli a lungo raggio fino alla portata intercontinentale.
Delle 300 testate atomiche cinesi sono poche, infatti, quelle portate da missili ICBM, e, davanti all’enormità degli arsenali americano e russo, si può capire che Pechino rifiuti, come ha già fatto, di esporsi a tagli o limitazioni.
Ma Trump non cede. Vuole affermare il principio, e in una prospettiva futura ha ragione. Il rischio è allora che il “New Start” decada, che questo braccio di ferro USA-Cina si aggiunga agli altri, e che l’umanità ne esca molto più insicura.
Nel maggio scorso, infine, gli Stati Uniti hanno deciso di ritirarsi dal Trattato cosiddetto “Cieli aperti”, l’wccordo che consente, ad alcune condizioni, il sorvolo del territorio americano e russo.
Gli Stati Uniti, la Russia e la Cina – i tre Stati militarmente e globalmente nucleari, dai quali dipende la pace mondiale – hanno affrontato la pandemia del coronavirus nello scorso trimestre in modo differente.
Gli Stati Uniti, tra quattro mesi, avranno le cosiddette elezioni di midterm. Il presidente Donald Trump terminerà il suo primo mandato quadriennale; la Casa dei Rappresentanti dovrà essere rieletta, come una parte del Senato e dei Governatori degli Stati.
Trump deve affrontare la sua rielezione in una situazione diversa e più difficile del previsto. Non può contare sugli elementi positivi economici e finanziari, che hanno caratterizzato gli scorsi anni. Gli indici del reddito nazionale, della produzione industriale, del commercio, dell’occupazione, dei consumi sono in forte ribasso.
A ciò si aggiunge che Trump, in un primo tempo, ha sottovalutato i pericoli della pandemia. Si è, poi, corretto. La sua politica, tuttavia, è stata improvvisata e confusa. I malati sono alcuni milioni e i morti alcune centinaia di migliaia. Si è difeso attaccando la Cina, accusandola di aver mentito, nascondendo l’origine e il tempo di inizio della pandemia.
Trump, probabilmente, farà il possibile per affrontare le elezioni del prossimo Novembre portando in Patria tutti i militari americani dai fronti di combattimento. In particolare, dall’Afganistan, ove sono presenti, da circa diciannove anni. Spera anche di concludere un accordo con la Russia per l’Ucraina. In giugno ha ritirato dalla Germania circa diecimila militari, sui quarantamila presenti.
Nel maggio scorso ha deciso di ritirarsi dall’OMS, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità.
Fortunatamente per Trump, il suo antagonista – il candidato del Partito Democratico Biden, l’ex vicepresidente di Obama – è debole. Noto “gaffeur”; è stato recentemente accusato di molestie sessuali. Ha un figlio di moralità discussa.
Il Congresso americano è intervenuto prontamente e all’unanimità per far fronte alla grave crisi economica e finanziaria. Ha approvato tremila miliardi di dollari di aiuti agli individui e alle imprese. La Federal Reserve Bank ha ridotto a zero il tasso di interesse ed ha acquistato millecinquecento miliardi di dollari di Buoni del Tesoro.
La Camera dei Rappresentanti, a maggioranza Democratica, ha approvato una Legge per ulteriori tremila miliardi di dollari di aiuti agli individui e alle imprese. Trump affronta gli ultimi mesi di campagna elettorale attaccando la Cina. Come accennato, l’accusa di aver mentito, nascondendo l’origine e il tempo di inizio della pandemia. L’accusa, inoltre, di aver approvato una Legge sulla sicurezza per Hong Kong, che restringe notevolmente i diritti civili e la libertà dell’isola. Si parla addirittura di “guerra fredda”. Malgrado ciò, la Cina ha mantenuto l’impegno di importare dagli Stati Uniti milioni di tonnellate di soia e di carne di maiale.
Alla fine di maggio, l’uccisione di un afroamericano a Minneapolis ha provocato gravi ed estesi disordini nelle principali città degli Stati Uniti. La reazione di Trump è stata altalenante e fortemente criticata. Anche da un membro del Governo: il Segretario alla Difesa e da alti esponenti militari. Secondo i più recenti sondaggi, il candidato Democratico Biden lo distanzia di una decina di punti.
Il Segretario di Stato Pompeo si è incontrato il 18 Giugno con il suo omologo cinese alle Hawaii. La conversazione è durata otto ore. È un evento importante.
La Russia. I problemi della Russia sono enormi. Scarsità di risorse sanitarie. Vastità del territorio. Reddito nazionale ridotto. A ciò si è aggiunto il crollo del prezzo del petrolio e il persistere delle sanzioni economiche e finanziarie degli Stati Uniti e dell’Unione Europea per l’annessione della Crimea e per l’aiuto ai separatisti in Ucraina.
La pandemia di coronavirus ha aggravato la situazione, data la diffusione del morbo e la scarsità del sistema sanitario ed ospedaliero.
Secondo i più recenti sondaggi, Putin è in forte calo. Malgrado ciò, ha fissato per il 1° Luglio un referendum per emendare la Costituzione e permettergli di restare alla presidenza fino al 2036.
La Cina. È accusata di aver diffuso nel mondo il coronavirus. Soprattutto di aver nascosto per almeno due mesi l’inizio della pandemia, aggravando la situazione sanitaria negli altri Paesi, che si sono così difesi male e in ritardo.
Le accuse sono provenute, soprattutto, come accennato, dal Governo degli Stati Uniti, ma non soltanto. Hanno protestato anche la Germania, la Francia, l’Australia, l’Unione Europea e la NATO.
Agli inizi di maggio scorso la Cina sembra aver accettato che il problema sia discusso in seno ad un Comitato ad hoc. Ne parleremo, probabilmente, fra qualche anno…
Nel frattempo, la Cina è uno dei primi Paesi ad aver ripreso, almeno in parte, le attività economiche: industria, commercio interno e internazionale.
Hong Kong. Dopo l’approvazione del Governo cinese sta per entrare in vigore una Legge, che sottopone l’attività politica di Hong Kong alla legislazione della Cina. È un fatto gravissimo. Forte sono state le proteste in Europa, negli Stati Uniti, in Giappone, Australia, Nuova Zelanda ed altri Paesi.
Gli Stati Uniti hanno dichiarato che aboliranno i privilegi economici e finanziari, fino ad ora concessi ad Hong Kong. Il Regno Unito è pronto a dare il passaporto britannico a tre milioni di cittadini di Hong Kong.
La decisione del Governo cinese è stata, probabilmente, dovuta alla sensazione di essere oggetto di critiche per il ritardo nella comunicazione dell’inizio della pandemia di coronavirus. “La miglior difesa è l’attacco”…
A metà giugno si sono avuti scontri tra militari cinesi e indiani nella regione dell’Himalaia con una ventina di vittime tra entrambe le parti.
Israele. Fortunatamente sono state evitate le quarte elezioni politiche nell’arco di poco più di un anno. A metà Aprile 2020, Netanyau, il Presidente uscente, si è accordato, imprevedibilmente e dopo un lungo negoziato, con Gantz, capo del Partito Blu e Bianco.
Secondo l’intesa, Netanyau per i prossimi diciotto mesi resterà Presidente del Consiglio. Gantz, vicepresidente. Si alterneranno, poi, nella presidenza. Ministro degli Esteri sarà un membro del Partito Blu e Bianco di Gantz.
Uno dei primi atti del nuovo Governo è stata l’annessione di alcuni territori del West Bank palestinese, ove sono insediamenti israeliani, a partire dal 1° luglio 2020. Forti sono state le proteste dell’Autorità Palestinese, di Gaza ed anche dell’Unione Europea e di altri Paesi.
Afganistan. Dopo lo storico Accordo, a Doha nel Qatar, tra gli Stati Uniti e i Talebani nel febbraio scorso, i negoziati di pace tra il Governo afgano di Kabul e i Talebani dovevano iniziare a metà Marzo. Sono, invece, cominciati soltanto in maggio.
Innanzitutto, si è proceduto allo scambio di centinaia di prigionieri. Il processo si è concluso alla metà di giugno. Sono quindi, iniziati i negoziati di pace. Fortunatamente, nel frattempo, gli attentati sono ridotti. I Talebani hanno dichiarato che, se non provocati, non attaccheranno il contingente americano. In ogni caso, sembra che gli Stati Uniti intendano ritirare almeno settemila militari entro luglio prossimo. La metà circa del contingente. Il restante, probabilmente, prima delle elezioni presidenziali del novembre prossimo.
Libia. Il Governo legittimo di Serraj ha ottenuto nelle scorse settimane alcune vittorie importanti contro le milizie del gen. Haftar. L’intervento di miliziani, carri armati, armi e droni della Turchia è stato determinante.
Agli inizi del giugno scorso il presidente Serraj ha escluso qualsiasi tregua con il Haftar, dopo che le milizie del Governo di Tripoli hanno conquistato centocinquanta chilometri di costa ad Occidente della capitale e un importante aeroporto a Sud. Si avviano ora verso la conquista di Sirte e della Cirenaica.
L’Unione Europea ha approvato la cosiddetta missione “Irini” (pace, in greco). Navi, aerei e droni dovrebbero pattugliare il Mediterraneo orientale per evitare aiuti militari ad Haftar. Purtroppo, tali aiuti, fino ad ora, sono arrivati soprattutto via terra dall’Egitto e dall’Arabia Saudita.
Il 23 maggio il presidente turco Erdogan ha dichiarato di aver parlato telefonicamente con Trump. Il presidente Serraj si è incontrato ad Ankara con Erdogan il 4 giugno scorso.
Il Governo italiano ha approvato la vendita di due fregate militari e di altre armi all’Egitto. Auguriamoci che, in cambio, abbia avuto assicurazioni per una collaborazione per la pace in Libia, cioè che l’Egitto cessi di aiutare il gen. Haftar e le sue milizie e lo spinga ad un accordo con il Governo legittimo di Tripoli.
Il 21 giugno il presidente Egiziano Al Sisi ha dichiarato che interverrà militarmente se la Turchia occuperà Sirte e continuerà l’avanzata verso la Cirenaica.
Il 22 giugno il presidente della Repubblica di Francia, in una telefonata con il presidente americano Trump, ha concordato sulla necessità urgente di un cessate il fuoco e di una ripresa dei negoziati tra le parti libiche. Sulla stessa linea è intervenuto un portavoce della Commissione dell’Unione Europea. Il 24 giugno il ministro degli Esteri Di Maio si è recato a Tripoli ed ha incontrato il presidente Serraj. Ha accolto la richiesta di inviare tecnici italiani per sminare le migliaia di mine piazzate dai miliziani di Haftar nel Sud della capitale. Contemporaneamente, ha incontrato una delegazione militare americana presente nel capoluogo. Ciò, forse, significa che, finalmente, gli Stati Uniti prendono posizione a favore del Governo di Tripoli. Il 27 giugno il presidente del Consiglio Conte ha ricevuto a Roma a Palazzo Chigi il presidente Serraj.
Iran. Il Governo iraniano, a metà maggio, si è dichiarato disposto ad uno scambio di prigionieri con gli Stati Uniti, tramite la Svizzera, lo Stato che cura i suoi rapporti internazionali.
Gli Stati Uniti hanno concesso aiuti militari e sanitari per la pandemia di coronavirus, facendo eccezione alle sanzioni in atto.
Particolarmente violento è stato un attacco della guida suprema iraniana contro Israele.
L’agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) delle Nazioni Unite ha intimato all’Iran il 20 Giugno scorso di consentire l’accesso dei suoi ispettori a tutti i centri nucleari iraniani per verificare che non vi siano attività militari.
Iraq. A metà maggio gli Stati Uniti hanno ritirato parte dei cinquemila militari, che, in accordo con il Governo iracheno e le milizie curde, combattono i guerriglieri dell’ISIS nel Nord dell’Iraq. Sono in corso i negoziati per il ritiro del restante contingente americano. Gli attentati continuano.
Dopo alcuni mesi è stato finalmente eletto nel maggio scorso il presidente del Governo iracheno di religione sciita. Alla fine di giugno si è recato a Washington.
Ucraina. Il presidente Zelenski ha dichiarato nel maggio scorso di avere l’intenzione di incontrarsi con il presidente russo Putin per risolvere il problema delle provincie ucraine separate ed avviare un processo di pace. In seguito, potrà aver luogo l’incontro del comitato chiamato “Formato Normandia”, composto da Francia, Germania, Regno Unito e Russia.
Un importante contributo alla soluzione del grave problema è stato dato dalla dichiarazione del Segretario di Stato americano Pompeo. Egli, infatti, durante una visita a Kiev, ha dichiarato, sorprendentemente, che “la Crimea è terra russa”.
Il Fondo Monetario Internazionale ha concesso al Governo ucraino un prestito di cinque miliardi di dollari nel maggio scorso.
Venezuela. Il presidente della Repubblica Maduro ha dichiarato nel maggio scorso di aver contrastato il tentativo di “contractors” militari americani di rovesciarlo. La crisi umanitaria, economica e finanziaria continua. Si è giunti all’assurdo. La Russia ha inviato alcune petroliere in Venezuela per far fronte alla scarsità di benzina, allorché il Paese era uno dei più grandi produttori di petrolio.
Corea del Nord. Dopo alcune settimane, il presidente nordcoreano è riapparso. Ha dichiarato a metà maggio che “rafforzerà la sua capacità di deterrenza militare”. Da mesi, tuttavia, la Corea del Nord non ha proceduto a lanci di missili a lunga gittata e ad esperimenti atomici. Agli inizi di giugno ha dichiarato di interrompere i contatti quotidiani con la Corea del Sud e il 17 giugno ha fatto esplodere le postazioni al confine.
Siria. La situazione economica e finanziaria è particolarmente seria. È aggravata dalla pandemia di coronavirus. Nel giugno scorso si sono avute manifestazioni di protesta in varie città contro il Governo di Assad.
Yemen. L’armistizio unilaterale – dichiarato nello scorso maggio dall’Arabia Saudita, dopo il ritiro delle truppe dell’U.A.R. – sembra resistere. Drammatica, tuttavia, è la situazione economica e sanitaria del Paese.
Quasi tutti i Paesi dell’America Latina sono in crisi. La pandemia di coronavirus ha aggravato la situazione.
In Brasile, il Governo di Bolsanaro ha rischiato di essere rovesciato dai militari. In Argentina la crisi economica e finanziaria si è intensificata.
Regno Unito. Continuano i negoziati tra l’Unione Europea e il Governo britannico per la Brexit. Ne riferisce in dettaglio Flavio Mondello. Dovrebbero concludersi entro il 2020.
Unione Europea. I negoziati per il “Recovery Fund”, proposto dalla Commissione Europea ed appoggiato dalla Francia e dalla Germania, sono iniziati a fine giugno. L’Olanda, la Polonia, la Cecoslovacchia e l’Ungheria si oppongono alla approvazione. Una nuova riunione del Consiglio Europeo è prevista per la metà di luglio prossimo.
Francia. Il Partito del presidente della Repubblica Macron “En Marche” ha perso la maggioranza all’Assemblea Nazionale ed è stato sconfitto alle elezioni comunali del giugno scorso.
Si è parlato, addirittura, della possibilità che Macron dia le dimissioni e sciolga l’Assemblea Nazionale, indicendo nuove elezioni. In alternativa, possa cambiare il presidente del Consiglio Philippe o procedere ad un rimpasto del Governo.
Germania. Il cancelliere Merkel ha rifiutato l’invito di Trump di partecipare negli Stati Uniti ad una riunione del G7 ai primi di giugno scorso. Il motivo sarebbe la decisione di ritirare novemila militari del contingente americano di circa quarantamila uomini ora presente in Germania.
Italia. Alla fine di giugno sono terminati a Roma i cosiddetti Stati generali dell’economia, riuniti per oltre una settimana a Villa Doria Pamphili. Ampia è stata la partecipazione. I partiti di opposizione (Lega e Fratelli d’Italia) non hanno accettato l’invito. Sono stati, poi, ricevuti dal presidente del Consiglio Conte a Palazzo Chigi.
Il Governo presenterà le sue proposte nel settembre prossimo.

di Achille Albonetti
Direttore della rivista "AFFARI ESTERI"

http://albonetti.altervista.org/


Fonte: Achille Albonetti
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