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50° Trattato di Osimo: quando Stato sovrano rinuncia a quota territorio

05-12-2025 16:52 - Opinioni
GD – Roma, 5 dic. 25 - Le commemorazioni del cinquantenario del Trattato di Osimo (novembre 1975) il 10 novembre scorso ci hanno riportato alla mente quanto le istituzioni italiane fossero singolari, prima dell’ultimo Governo Meloni: con esso “l'Italia ha superato lo storico complesso di inferiorità che ha sempre avuto verso i propri partner internazionali, non si è adeguata all'europeismo di maniera”. Infatti, nella seconda meta degli anni sessanta del secolo scorso il presidente Giuseppe Saragat insigniva con la più alta onorificenza italiana il massacratore dei nostri connazionali, lo jugoslavo comunista maresciallo Josip Broz Tito.
Successivamente il presidente Cossiga prima di una visita di Stato in Germania dichiarava in un’intervista alla teutonica “Die Zeit” di essere “prima sardo e poi italiano”! Da parte sua un nostro plurimo Capo di Governo democristiano e titolare di vari ministeri, affermava invece di sentirsi “più un cardinale di Santa Madre Chiesa”; un altro politico democristiano, titolare dei Ministeri degli Esteri e della Difesa proclamava che “I'Italia non ha interessi nazionali da difendere”, affermazione ripetuta successivamente da un Capo di Stato Maggiore della Difesa!
Inoltre alla Farnesina, con un ministro di Centro Destra il Direttore Generale per gli Affari Europei, poi rappresentante permanente all’UE, nonché Consigliere Diplomatico del Presidente Napolitano, esortava i colleghi - consiglieri diplomatici dei ministri tecnici - di stare a Bruxelles “sempre dalla parte della Commissione”, neanche quest’ultima fosse un’istituzione super partes e non la risultante del confronto di forze nazionali o multinazionali e relativi interessi tutt’altro che comunitari. E che dire poi di un nostro Capo di Stato “ex comunista” il quale va a chiedere - ad una ex comunista diventata Cancelliere della Germania riunificata — aiuto per esautorare il Capo del Governo italiano, eletto peraltro dalla maggioranza dei votanti italiani!
Come qualificare l'allora Capo del Governo Prodi. Costui, in una visita al ghetto di Varsavia nella seconda meta degli anni ‘90, ai ringraziamenti di un Rabbino americano “per quanto l’Italia aveva fatto durante la guerra onde lenire le sofferenze dei suoi correligionari anche nei territori di Francia, ex Jugoslavia ed altrove”, invece di recepire positivamente quanto gli veniva detto, cerco di schermirsi affermando: “Ma fu solo il popolo”. Al che il Rabbino gli rispose: “se lo Stato non avesse voluto, il popolo non avrebbe potuto”. Da ultimo il predetto è stato definito da Giorgia Meloni: “Un professore nel voltare le spalle all'ltalia”; riconoscerlo “decano” sarebbe stato forse più appropriato?
Dati tali precedenti non sorprenderà che nel 50° anniversario del Trattato di Osimo le istituzioni nostrane abbiano fornite valutazioni diverse. Il 7 novembre si è svolta al Senato, nella sala Caduti di Nassiriya, una conferenza stampa su iniziativa del senatore Roberto Menia. Nei relativi interventi si è evidenziato come non fosse mai accaduto che uno Stato sovrano rinunciasse alla sovranità su una quota del proprio territorio, senza alcuna contropartita, come accadde nella fattispecie. Si trattò di un evento non certo accettabile sul piano giuridico e meno che mai su quello etico. Del resto, le trattative erano state condotte in analoghe condizioni di riservatezza ed il Governo italiano le aveva affidate, anche nella fase conclusiva, a soggetti sostanzialmente inidonei perché estranei al mondo diplomatico.
Con Osimo, l’Italia volle trasferire alla Jugoslavia la sovranità statuale sulla cosiddetta “Zona B” del Territorio Libero di Trieste, che non era mai stato costituito con atto formale, sacrificando altre migliaia di cittadini, costringendoli a prendere le vie dell’esilio in aggiunta ai 300 mila che li avevano preceduti al termine delle vicende belliche. Naturalmente, la responsabilità politica, al di là di pur giustificati dubbi sulle reali competenze dei plenipotenziari italiani, guidati da un dirigente del Ministero dell’Industria, fu soprattutto del Governo, e con esso, del Parlamento che ebbe a ratificarne l’operato, sia pure con diffuse sofferenze. Il tutto senza alcuna contropartita.
“Posizione di debolezza e di scarsa coscienza nazionale”. Il Trattato avrebbe potuto essere impugnato per ragioni di diritto internazionale, ma anche costituzionale ed amministrativo. Ma non fu privo di correlazioni penali, potendosi ravvisare nell’approvazione dei suoi disposti il reato previsto dall'art. 241 del Codice Penale, laddove si puniva con l’ergastolo “chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio od una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero”.
Quirinale e Farnesina nel giorno stesso del 50° di Osimo hanno fornito una valutazione diversa. Infatti il presidente Mattarella ha dichiarato fra l'altro che al Trattato “dobbiamo la definitiva attribuzione, con certezza giuridica, di Trieste alla Repubblica Italiana e la risoluzione delle divergenze relative ai confini, ingrata eredità della guerra fascista che aveva comportato la perdita di territori uniti all’Italia al termine della Prima Guerra Mondiale e con il Trattato di Rapallo nel 1920”. Il Capo dello Stato sostiene inoltre che “il percorso di riconciliazione e ampia collaborazione con quei Paesi (Slovenia e Croazia) costituisce un esempio nella comunità internazionale”.
Dal canto sua alla Farnesina nello stesso giorno, si è svolta una conferenza sul tema, nella sala Moro. Nella prolusione di rito, il segretario generale del Ministero, amb. Riccardo Guariglia, ha posto in evidenza come il Trattato del 1975 sarebbe stato un “atto di doloroso pragmatismo” cui si pervenne dopo lunghe e difficili trattative protrattesi per circa sette anni e che vennero finalizzate a “trasformare” la sconfitta militare del 1945 in una nuova stagione cooperativa culminata nelle adesioni all’Unione Europea da parte della Slovenia e poi della Croazia, sebbene tradotte in un ulteriore sacrificio a danno del mondo Esule con le note rinunzie territoriali descritte in precedenza.
Oggi grazie al “Giorno del Ricordo”, istituito nel 2004 con voto pressoché unanime del Parlamento italiano, agli Esuli - secondo il Segretario Generale della Farnesina – sarebbe stata restituita la necessaria doverosa dignità. Forse anche all’Italia?
In proposito ricordo che il comunista Violante nell’agosto 2021 affermava: “Si tratta della storia d’Italia, non solo di alcuni italiani!”.
Nelle valutazioni emerse in conferenza, è stata attirata un’attenzione largamente prioritaria, se non addirittura esclusiva, sugli aspetti economici del Trattato e dei suoi allegati, senza alcun accenno significativo alla nuova amputazione del territorio nazionale, aggiunta dopo a quella del 1947, con definitiva valenza giuridica, e come tale a più forte ragione sconcertante.
In questo senso non è azzardato confermare la tesi di tanti patrioti, secondo cui quello di Osimo fu un vero e proprio tradimento. A me sono tornate in mente le parole del cardinale cinese Zen: “È viltà lasciarsi ingannare senza protestare!”.

Amb. Gianfranco Giorgolo

Fonte: Amb. Gianfranco Giorgolo