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Ungheria: la rielezione di Orban, fra attriti europei e crisi ucraina

16-04-2022 08:27 - Opinioni
Victor Orban Victor Orban
GD - Roma, 16 apr. 22 - Si sono da poco tenute le elezioni per il rinnovo dell'Assemblea nazionale Ungherese, un evento estremamente interessante per le dinamiche europee, oltre che fortemente polarizzante, come si può evincere dalla contrapposizione fra il candidato uscente Victor Orban (al suo quarto mandato) e Péter Márki-Zay, candidato unitario che guidava i principali partiti di opposizione, all'interno del polo Uniti per l'Ungheria.
Se l'elezione in sé assumeva un'importanza non secondaria in tempi “normali”, i toni si sono ulteriormente alzati con lo scoppio del conflitto in Ucraina.
L'ambiguità di Orban nei confronti di Putin, infatti, non si limita solamente ai rapporti economico-energetici, dove i livelli di dipendenza dal gas russo sono cresciuti esponenzialmente negli ultimi 30 anni; ma coinvolge anche una stretta affinità politica.
In verità il caso ungherese era e rimane notoriamente complesso, in parte anche per quest'ultimo elemento. Facendo un passo indietro,infatti, emerge come, anche attraverso una stretta comunanza di intenti con Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Orban aveva dato vita al cosiddetto Fronte di Visegrad, finalizzato a promuovere una propriaposizione fortemente identitaria all'interno dello spazio dell'UE. La peculiarità ungherese, però, rimane quella di non aver rinunciato ad un rapporto privilegiato con la Russia e con lo stesso Putin, a differenza degli alleati.
Un elemento dirimente quest'ultimo, che, con lo scoppio del conflitto,ha scosso anche la campagna elettorale: «Orban deve ancora decidere se stare con le vittime dell'Ucraina o con gli assassini, non vuole fare sgarbi al suo amico Putin», si pronunciava così il leader dell'opposizione Peter Marki-Zay. A cui dopo pochi giorni ha fatto seguito anche il Premier Ucraino Zelensky, che durante il Consiglio europeo del 26 marzo, reso celebre dalle cosiddette “pagelle” nei confronti dei Paesi europei in relazione ai loro impegni di fronte alla crisi Ucraina, ha attaccato il Primo ministro ungherese, reo di essere fin troppo ambiguo e recalcitrante nel fornire aiuti concreti come le sanzioni e l'invio delle armi.
A onore della cronaca, la posizione dell'Ungheria ha continuato, e probabilmente continuerà, ad essere piuttosto ambigua, ma allo stesso tempo alcune scelte non irrilevanti sono state portate avanti. Prima di tutto, gli iniziali pacchetti di sanzioni sono stati votati dalla stessa Ungheria, nonostante per il momento - e probabilmente anche in futuro, non si sia resa disponibile ad imporne di nuove sulle risorse energetiche. In aggiunta, come Paese confinante è stata investita in maniera significativa dai flussi migratori di ucraini in fuga dalla guerra. I dati più recenti hanno stimato che in Ungheria siano state accolte quasi 400.000 mila persone; una rilevazione che denota un atteggiamento assolutamente non scontato vista da sempre l'estrema riluttanza in materia.
Allo stesso tempo però, il Paese non si è reso disponibile all'invio di aiuti militari giustificando la scelta come imprescindibile per la sicurezza nazionale e la volontà di evitare qualsiasi coinvolgimento nel conflitto. Testuali le parole in merito di Peter Szijjarto (Ministro degli Esteri) “Siamo stati chiari fin dall'inizio a proposito della guerra nel Paese vicino: condanniamo l'aggressione militare, sosteniamo la sovranità dell'Ucraina, abbiamo accolto centinaia di migliaia di rifugiati… Questa però non è la nostra guerra, quindi vogliamo starne fuori e ne rimarremo fuori”, aggiungendo di non esseredisposto a rischiare la pace e la sicurezza del popolo ungherese.
Tale posizione è diventata con lo scorrere dei giorni di guerra, narrazione principale nella campagna nazionale, ulteriormente inasprita dagli scontri verbali con il premier Zelensky. Quest'ultimo, infine, è divenuto bersaglio del discorso della vittoria elettorale dello stesso presidente Orban, che in maniera severa ha sentenziato: “Ho vinto contro tutti, compreso Zelensky”.
La vittoria netta con il 54%, oltre anche le previsioni, del partito Fidesz, fornisce a questo proposito un maggiore consenso nei confronti del presidente uscente euna legittimazione delle posizioni assunte. Di fronte a questo assestamento politico, si aprono quindi numerosi interrogativi, non solamente inerenti alla situazione in Ucraina, ma anche agli equilibri futuri della politica europea. Mentre da un lato sembra vanificata l'unità del Patto di Visegrad, minato da posizioni divergenti, dall'altro rimane analoga l'incognita fornita dalla posizione ungherese: difficilmente, infatti, sarà facile vederla disancorata dall'alleato russo, a cui si aggiunge il ruolo di rottura che potrebbe continuare a giocare sul piano politico e decisionale, a causa dai meccanismi di unanimità vigenti nel Consiglio Europeo.

Tiziano Sini
Mondo Internazionale Post


Fonte: Tiziano Sini
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