05 Maggio 2024
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Ucraina: i cento giorni della guerra e il ruolo dell’Italia

04-06-2022 09:30 - Opinioni
GD – Roma, 4 giu. 22 - A cento giorni dall’inizio della guerra in Ucraina, la parola che può sintetizzare con efficacia il quadro di situazione è: «stallo». Stallo sotto il profilo militare, perché dopo il fallimento della annunciata blitzkrieg (guerra lampo – ndd), c’è stata una iniziale controffensiva ucraina, cui è seguito il cambio di strategia delle forze russe che hanno concentrato gli sforzi sul Donbass, dove a cominciare da Mariupol hanno conquistato nuovi territori. Ma l’offensiva russa non può dirsi ancora travolgente, e probabilmente l’Ucraina potrà dire ancora la sua con l’arrivo dei nuovi armamenti costituiti soprattutto da lanciamissili con maggiori gittate e volumi di fuoco. Per questo gli analisti parlano di una guerra di logoramento ancora destinata a durare diverso tempo.
Lo stallo è soprattutto sotto il profilo diplomatico, perché anche lo spiraglio per i “corridoi del grano” richiederà tempo e verifiche affinché sia messo in atto. Ci sono ancora molti punti da chiarire nelle intese, posto che occorrerà vedere realmente come potrà realizzarsi lo sminamento del bacino di Odessa e che tipo di dispositivi occorrerà schierare per garantire il transito delle navi-cargo. Il timore, più che giustificato, degli ucraini e della NATO è che poi la Russia non ne approfitti interrompendo con qualche pretesto la tregua, per lanciare l’ennesimo attacco su Odessa, che a questo punto non sarebbe più difesa dalla barriera delle mine.
Lo stallo sul fronte diplomatico è in ogni caso su vari fronti. Anche per i prigionieri di Mariupol, nonostante i “buoni uffici” promossi dall’ONU per assicurare la loro tutela, la Russia non sembra affatto orientata a fare concessioni su uno scambio e, anzi, ha annunciato di volerli sottoporre a processi per asseriti crimini di guerra. Ma, a differenza di quanto documentato per i processi avviati in Ucraina, in questo caso fonti indipendenti ritengono che si tratti solo di un’iniziativa strumentale e di propaganda, perché le accuse dei russi non si fonderebbero su prove di fatti concreti, ma sarebbero solo incentrate sulla abusata narrazione del “nazismo” dei combattenti di Mariupol.
Ancora più incerta è poi la prospettiva più ampia dei negoziati sul cessate il fuoco, che ora vedrebbe un “piano turco” dove dopo la questione dei “corridoi del grano” si punterebbe a “congelare” – ma come ? – le questioni relative a Donbass e Crimea, per puntare poi su una nuova iniziativa per il cessate il fuoco, a cominciare da alcune aree.
Lo “stallo” purtroppo è ancora sul fronte della politica internazionale più generale. L’ONU, nonostante le Risoluzioni di condanna della guerra in Ucraina, stenta a fare altri passi avanti più incisivi, nonostante non le manchino potenzialmente gli strumenti e il consenso della maggior parte degli Stati almeno per far cessare il disastro umanitario: si parla di oltre 40.000 vittime e 19.000 feriti tra le forze contrapposte, di 4.100 vittime civili, di cui 260 bambini, di 5.000 feriti, tra cui 420 bambini, mentre i rifugiati ucraini ammonterebbero a 6,8 milioni, e gli sfollati a 8 milioni. E la Procura generale ucraina ha ricevuto segnalazioni per 11.000 casi di crimini di guerra commessi da soldati russi contro civili ucraini.
L’Unione Europea ha certamente dato un contributo essenziale alla scelta promossa da Stati Uniti e Nato di dare aiuti economici e militari all’Ucraina e di colpire la Russia sul piano delle sanzioni: il divieto delle importazioni russe nell’Unione Europea avrebbe raggiunto il valore di 17 miliardi di euro, mente quello delle sanzioni sulle esportazioni ammonterebbe a 22,8 miliardi di euro, un dato che rappresenta il 25% del volume di quelle precedenti alla guerra. Ma non può nascondersi che all’interno del dibattito europeo sono emerse posizioni talvolta divergenti, dove in particolare le titubanze che hanno più preoccupato sono venute dalle riserve della Germania sull’impatto energetico del sistema delle sanzioni, anche probabilmente per le pressioni di forti centri di interesse tedeschi che hanno consolidati rapporti finanziari e commerciali con la Russia.
Peraltro, l’Unione Europea per oltre un mese sul “sesto pacchetto” delle sanzioni è stata ostaggio del suo stesso processo decisionale, dove ha avuto un peso il veto del discusso Orban premier dell’ Ungheria, un Paese che conta dieci milioni di abitanti, poco meno del 3% della popolazione europea. In ogni caso l’embargo sul petrolio russo non sarà operativo prima di 8 mesi, e sono state previste deroghe per Repubblica Ceca e Bulgaria, mentre l’UE ha dovuto rinunciare, per le pressioni di Orban, ad estendere le sanzioni al patriarca Kirill, che ha sostenuto ideologicamente l’aggressione all’Ucraina e che, secondo molti osservatori, è anche un oligarca con risorse patrimoniali considerevoli.
E l’Italia? Se si volesse dar credito ai megafoni dei talk show e alle posizioni pretenziose di alcuni pseudo-esperti in relazioni internazionali il Paese si presenterebbe di fronte al contesto internazionale con una forte caratterizzazione anti-europeista e anti-americana. Ma, fortunatamente, a fare la sintesi ci hanno pensato il presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Consiglio Europeo e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso alla diplomazia internazionale intervenuta- tranne a quella russa, assente perché opportunamente non invitata - alle celebrazioni del 76° anniversario della Repubblica Italiana. L’intervento del premier Draghi è stato mirato innanzitutto a sostenere una radicale revisione della politica energetica europea perché non sia più dipendente dalla Russia” .
Il presidente Mattarella ha poi confermato in maniera netta la linea dell’Italia al fianco degli alleati euroatlantici e dell’ Ucraina, enunciando tre concetti chiave. Il primo: «L’aggressione all’Ucraina da parte della Federazione Russa pone in discussione i fondamenti stessi della nostra società internazionale, a partire dalla coesistenza pacifica».
Il secondo: «Trovarsi, nel continente europeo, nuovamente immersi in una guerra di stampo ottocentesco, che sta generando morte e distruzioni, richiama immediatamente alla responsabilità».
Infine l’ultimo, ancora più netto: «La Repubblica italiana è convintamente impegnata nella ricerca di vie di uscita dal conflitto che portino al ritiro delle truppe occupanti e alla ricostruzione dell’Ucraina». E quindi, «con lucidità e con coraggio occorre porre fine all’insensatezza della guerra e promuovere le ragioni della pace», e gli obiettivi prioritari per la comunità internazionale sono altrettanto ben definiti: «superare ogni volontà di sopraffazione», e «ripristinare la legalità internazionale».
Sarebbe perciò il caso di ritornare al parlare del “piano Italia” già presentato all’ONU, che la Russia ha cercato di liquidare perché evidentemente la diplomazia italiana non ha nascosto il vero nodo del problema: lo status di Crimea e Donbass, su cui bisognerà ragionare con i soli strumenti della mediazione e del diritto internazionale, non certo con la logica delle armi.

Maurizio Delli Santi
membro dell’International Law Association


Fonte: Maurizio Delli Stanti
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