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Ucraina: diplomazia possibile, nuova risoluzione “uniting for peace”

11-03-2022 15:18 - Opinioni
GD – Roma, 11 mar. 22 - La guerra in Ucraina prosegue e le sue rappresentazioni alternano momenti di speranza per la resistenza ucraina a quelli più cupi e per l’avanzata incessante dei russi, che non si risparmiano in bombardamenti che coinvolgono ospedali e vittime civili, inclusi bambini. Nell’opzione militare in atto, gli Stati Uniti e la NATO confidano nella capacità di difesa dell’Ucraina, ma il quadro strategico-militare rimane in una profonda coltre di incertezza, dove incombe anche la minaccia di escalation con armi chimiche e nucleari. È preferibile, dunque, pensare necessariamente e più realisticamente all’opzione diplomatica. In questo contesto, i negoziati tra le parti in guerra, pur tra tante difficoltà, procedono almeno nel tentativo di assicurare alcuni corridoi umanitari. Si parla anche di un orientamento dell’Ucraina verso una riforma costituzionale che preveda la “neutralità” e, quindi, la non adesione alla NATO e, forse, anche a concedere un riconoscimento delle Repubbliche autonome del Donbass. Se la Russia rinunciasse ad altre pretese territoriali e al proposito di insediare un nuovo governo filo-russo, si potrebbe anche pensare ad una intesa più concreta.
È stato poi promosso dalla Turchia il Forum di Antalya, la prima iniziativa di mediazione ad alto livello, cui sono intervenuti il ministro degli Esteri russo Lavrov e quello ucraino Kuleba, che tuttavia è rimasta infruttuosa. Ma vi sono elementi di novità per una possibile mediazione della Cina, dopo alcune dichiarazioni rese dallo stesso presidente cinese XI Jinping e dal ministro degli Affari Esteri Wang Yi. La grande potenza sarebbe ora spinta a tutelare i flussi di import-export, i vari rapporti di cooperazione economica e le risorse investite - anche in Ucraina - in particolare nella belt and road initiative.
E si intravede anche il disegno ideologico della “prosperità condivisa” del Grande Timoniere XI Jinping, che mira pure ad assumere un nuovo ruolo strategico, ancora più incisivo nel contesto globale.
Altri interessi strategici alla mediazione verrebbero, oltre che da Cina e Turchia, anche da Israele, che ha un forte legame con l’ebraismo russo, non ha aderito al sistema delle sanzioni, e con la Russia gestisce molti ambiti di cooperazione economica, e anche strategica sui dossier palestinesi, iraniani e siriani.
Questa disponibilità alla mediazione va dunque assolutamente valorizzata, e per questo dovrebbero ora assumere un ruolo più incisivo l’Organizzazione delle Nazioni Unite e l’Unione Europea.
Si osserva che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU in questo caso sarà inevitabilmente bloccato dal potere di veto della Russia. Ma il segretario generale dell’ONU e anche un gruppo dei suoi principali Stati membri, specie quelli dell’Unione Europea che hanno un dovere di solidarietà nei confronti della resistenza dell’Ucraina, può ripartire dalla recente approvazione avvenuta in una “sessione di emergenza” dell’Assemblea Generale della Risoluzione ONU A/ES-11/L.1, “Aggressione contro l’Ucraina”, che ha condannato l’intervento russo in Ucraina e chiesto l’immediata cessazione delle ostilità.
Come hanno osservato Andrea de Guttry e Fabrizio Pagani («Le Nazioni Unite. Sviluppo e riforma del sistema di sicurezza collettiva», 2020), la prima convocazione in “sessione d’urgenza” dell’Assemblea Generale risale al 1950 durante la crisi coreana, ed è stato il primo strumento attuato proprio per superare l’immobilismo del Consiglio di Sicurezza. In quella circostanza, l’Assemblea Generale adottò la Risoluzione A/Res/377/5 dal titolo emblematico «Uniting for peace», che addirittura consentiva anche il potere di disporre un’azione armata.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, o anche l’Unione Europea che ha un interesse immediato a fermare l’aggressione russa, possono promuovere più espressamente un’altra “sessione di emergenza” dell’Assemblea Generale, per adottare stavolta una nuova vera e propria Risoluzione «Uniting for peace», anche in relazione a quanto espressamente richiamato dalla Risoluzione A/ES-11/L.1 che al paragrafo 16 dispone un aggiornamento della situazione in Ucraina.
L’Assemblea Generale dovrebbe anzi autoconvocarsi in seduta permanente, dato il rischio di “una terza guerra mondiale” e la macroscopica violazione delle regole fondamentali del diritto dei conflitti armati. L’Assemblea dovrà dunque essere più incisiva nel richiamare la tutela della popolazione civile - in specie ora di fronte alla minaccia degli “assedi medioevali”, che prevedono la privazione di acqua, alimenti e energia elettrica per le città attaccate - e nell’adottare almeno le misure previste dal Capo VI della Carta sulla risoluzione pacifica delle controversie, quali ad esempio la nomina di un “rappresentante speciale” per la mediazione, il ricorso ad organizzazioni o accordi regionali, il deferimento alla Corte internazionale di giustizia, inchieste, etc.
Fondamentalmente è in questo contesto che andranno perciò valorizzate le varie proposte di mediazione già manifestate, a cominciare da quelle di Cina, Israele e Turchia. Tuttavia è bene che questi attori non rimangano soli e che siano salvaguardati gli equilibri strategici multilaterali, per cui sarebbe auspicabile che la mediazione confluisca piuttosto in un formato allargato ad un “nucleo forte” di negoziatori: tra questi potrebbero figurare India, Giappone, Arabia Saudita, Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Unione Europea. Si avrebbe così una rappresentanza autorevole della comunità degli Stati, di fronte alla quale per Putin sarebbe difficile sottrarsi al confronto e sostenere le sue pretese con la guerra.

Maurizio Delli Santi
membro International Law Association


Fonte: Maurizio Delli Stanti
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