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Trump: una ingombrante incognita per Biden, i Repubblicani, l’Occidente

09-01-2021 16:50 - Opinioni
Prof. Arduino Paniccia - foto ASCE Prof. Arduino Paniccia - foto ASCE
GD – Venezia, 9 gen. 21 - Con il suo tweet, Donald Trump, rifiutandosi di presenziare alla cerimonia di insediamento di Joe Biden del 20 gennaio prossimo, ha riconosciuto infine di essere stato sconfitto. Ma il lungo, inedito e dirompente braccio di ferro che conclude la sua presidenza non deve sorprenderci, né meravigliarci. È la conclusione di un quadriennio fuori dalle regole e dalle convenzioni, con cui ha scavalcato e messo ancora una volta alle corde il Partito Repubblicano, che lo ha ripudiato, compreso il suo vice Mike Pence.
E tuttavia, per la maggioranza del popolo Repubblicano e dell’opinione pubblica conservatrice, è stata la pandemia la vera causa dell’uscita di scena di Trump, più che il suo atteggiamento controverso e sconcertante. Ma, va detto, anche la lunga vicenda dell’impeachment finita nel nulla ha minato la credibilità della politica tradizionale.
Gli aspetti più “interessanti” e nuovi della vicenda Trump risiedono però in una analisi dello stato di fatto della più grande democrazia occidentale all’inizio del III millennio e in piena pandemia.
La prima osservazione che balza agli occhi è la profonda crisi del Partito Repubblicano che, comunque, ha tentato di cavalcare Trump per sopravvivere e battere i democratici nel momento in cui è apparso chiaro che le lunghe presidenze di Clinton e di Obama e la gestione pessima delle guerre in Iraq e in Afghanistan, avevano fatto precipitare il consenso dei conservatori all’interno degli Stati Uniti, anche nelle fasce più legate al partito dell’elefante.
In secondo luogo, l’elemento veramente disgregante del sogno americano sono le inconcepibili enormi diseguaglianze, che in questo momento stanno raggiungendo limiti mai toccati prima, tra i ricchissimi e la stragrande maggioranza della popolazione.
Va poi sfatato il mito del Paese rispettoso e sempre ossequioso alle norme, iper-democratico con la popolazione perché, come già scriveva un immigrato italiano all’inizio del secolo scorso, “l’America è piena di soldi e anche di tante pistole”, e si sparava anche ai Presidenti.
Abbiamo ormai dimenticato che l’ultimo attentato fu compiuto contro Ronald Reagan, che gli Stati Uniti nascono dalla più terribile guerra civile mai accaduta nella storia dell’umanità e che, all’epoca della guerra in Vietnam, il Paese è rimasto profondamente e violentemente spaccato per un decennio.
Peraltro, tutto l’Occidente è da tempo attanagliato da profonde fenditure all’interno del tessuto sociale e ne sono dimostrazione la Brexit, ma anche le manifestazioni durissime che percorrono le strade di Parigi da circa un biennio, o le tentazioni secessioniste della Catalogna con la fuga del capo.
Questa dell’assalto al Campidoglio è, quindi, l’occasione per riflettere sul significato delle scosse provocate dalla pandemia: la prima, come si è detto, è che Trump non avrebbe certamente perso se avesse gestito in modo meno suicida questo drammatico evento sanitario.
La sua “ingenuità”, se così la possiamo chiamare, è stata credere di riuscire a vincere su due fronti: la battaglia politica e la guerra economica alla Cina e ai suoi potenti alleati economici all’interno degli Stati Uniti.
Nancy Pelosi promuoverà la mozione di un nuovo impeachment e Trump cercherà di autoassolversi. Alla fine, prevarrà probabilmente la politica di mediazione di Biden che, in questo momento, con il Congresso in pugno, è in grado di svolgere questo delicato compito di ricucitura.
Certo, l’uscita di scena dell’ingombrante Trump non sarà così semplice, ma lo stesso Biden non tarderà a mettere in evidenza il punto più debole della Presidenza uscente: la mancanza di “modernità”, Trump “vecchio” per molti versi, contro gli enormi problemi ambientali ignorati, ostile all’integrazione e con una visione sempre più conflittuale con la “corporate America”.
Il lascito più importante di Trump, paradossalmente, è in politica estera: l’incredibile “accordo di Abramo” tra Israele, Emirati e Sauditi e il sostegno all’India nel rompere l’accerchiamento cinese ed entrare per la prima volta nel Quad, la NATO asiatica.
Realisticamente, al di la di ogni “ideologia”, non ci resta che sostenere lo sforzo che, con molta probabilità, tenterà di compiere Biden, di recuperare una coesione fra alleati, la credibilità di una superpotenza che resta unica al mondo e iniziare una fase nella quale si capisca che le parole e i tweet servono a poco, ma occorre realmente delineare una vera strategia, un metodo e un sistema di alleanze in grado di reggere le pesanti sfide che ci colpiranno nei prossimi anni.

di Prof. Arduino Paniccia
Presidente ASCE Scuola di Guerra Economica e Competizione Internazionale di Venezia


Fonte: Arduino Paniccia
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