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Torna Tomba Aelia Arisuth, ambasciatore italiano inaugura Ipogeo di Mitra

13-03-2023 10:42 - Ambasciate
GD - Tripoli , 13 mar. 23 - Dopo anni di lavori di restauro, è stata riaperta al pubblico a Gargarish, a Tripoli, la Tomba di Aelia Arisuth, nota anche come Ipogeo di Mitra, uno dei monumenti più rappresentativi di Oea, l'antico nome della capitale libica. Lo ha annunciato una nota dell'Ambasciata d'Italia in Libia, segnalando che il monumento è stato inaugurato dall’amb. Giuseppe Buccino Grimaldi.
Il sepolcro, nella periferia occidentale della capitale Tripoli, è tornato a mostrare la sua originale bellezza, dopo il recupero dei dipinti murali, grazie al lavoro congiunto tra archeologi italiani e libici con il sostegno dell'Ambasciata italiana a Tripoli e il prezioso contributo del prof. Bashir O. Galgham, direttore dell'Ufficio Relazioni Internazionali del Dipartimento di Antichità della Libia (DoA), con i fondi messi a disposizione dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano e della “Fondazione MedA” (Mediterraneo Antico).
Il restauro è stato compiuto “nonostante il particolare contesto socio-politico che attraversa il Paese”, ricorda la nota, e “segna un ulteriore passo in avanti che l'Ambasciata d'Italia, insieme ai suoi partner libici, compie per rafforzare la cooperazione culturale tra i due Paesi”.
La Fondazione Meda opera nell'ambito della ricerca, dello studio e della divulgazione dell'archeologia e della storia dell'arte greca e romana nell'area mediterranea centro-orientale, con particolare attenzione alla storia e all'evoluzione del territorio dall'età antica al Novecento.
La Fondazione organizza altresì incontri di studio, convegni e pubblicazioni, promuove l'istituzione di corsi e attività formative dedicati alla catalogazione, conservazione e valorizzazione dei documenti storici, delle testimonianze e dei reperti archeologici e la gestione, la conservazione e la catalogazione dei documenti, delle testimonianze e dei reperti storico-archeologici.Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) – Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese – Ufficio VI sostiene da molti anni missioni archeologiche, antropologiche e etnologiche italiane all'estero. Tali missioni non costituiscono solo un'attività scientifica e di studio di grande rilievo, ma rappresentano un prezioso strumento di formazione di operatori locali e di trasferimento di tecnologie in alcuni settori, come quelli dell'archeologia, del restauro e della tutela del patrimonio culturale, in cui l'Italia si colloca a un livello di eccellenza internazionalmente riconosciuto.
Gli ambiti della ricerca si estendono cronologicamente dalla preistoria all'epoca medioevale. Al tradizionale settore del mondo greco-romano si affiancano indagini riguardanti altri periodi storici e altri ambiti geografici, nel Vicino, Medio ed Estremo Oriente, in Africa e in America Latina. L'Italia è punto di riferimento internazionale nel settore della ricerca archeologica e conservazione del patrimonio culturale. Il sostegno dato alle missioni contribuisce a rafforzare la cooperazione culturale con altri paesi e, in aree di crisi, è inteso a favorire percorsi politici di pacificazione.
Le missioni archeologiche si prefiggono il complesso obiettivo di valorizzare il patrimonio culturale dei paesi partner, rafforzare lo sviluppo socio-economico dei siti, approfondire l'interesse delle popolazioni locali verso il proprio passato e la propria tradizione storico-artistica. Accanto alla tradizionale tipologia delle missioni di scavo, negli ultimi anni è stato aumentato il sostegno anche a quei progetti che prevedono la formazione di esperti in loco. Il trasferimento di know how e l'insegnamento a operatori locali delle nostre più avanzate tecniche di restauro suscitano da sempre l'apprezzamento delle autorità degli Stati in cui le missioni si svolgono.
In Libia, negli ultimi anni l'attività delle missioni archeologiche italiane ha fortemente risentito delle locali condizioni di instabilità, che hanno messo a repentaglio la protezione del patrimonio culturale nei siti archeologici più importanti, a cominciare da Leptis Magna e Sabratha. La precarietà delle condizioni di sicurezza e il rischio di traffico di reperti ha altresì compromesso l'esecuzione dei lavori di scavo e restauro.
Anche nei momenti più bui che la Libia ha attraversato, l'Italia ha continuato a sostenere l'attività dei ricercatori, nella consapevolezza del loro importante contributo al processo di stabilizzazione del Paese. Ha inoltre partecipato all'attività delle università italiane impegnate per offrire formazione di alto livello a tecnici e funzionari libici nel settore della conservazione del patrimonio archeologico e culturale.
Fra gli esempi di accordi bilaterali attuativi e rafforzativi degli obblighi assunti con l'adozione della Convenzione UNESCO del 1970 sul contrasto ai traffici illeciti di beni culturali può essere ricondotta la formale proposta avanzata all'Italia da parte del Ministero degli Esteri libico di firmare un memorandum d'intesa quinquennale sulla protezione del patrimonio culturale in attuazione dell'articolo 9 della convenzione. Il testo prevede restrizioni all'importazione in Italia con riferimento ai reperti datati dal 12.000 a.C. al 1750.


Fonte: Redazione
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