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Sanzioni si, sanzioni no!

06-11-2023 10:50 - Opinioni
GD - Roma, 6 nov. 23 - È umanamente comprensibile che i Paesi democratici reagiscano imponendo sanzioni a quegli Stati che violano i diritti umani, o che perpetuano azioni ostili nei confronti di altri Paesi, come sta avvenendo ormai da quasi 10 anni tra la Russia e l’Ucraina. Le sanzioni vengono imposte per limitare le capacità operative dei regimi, ma siamo sicuri che siano sempre, o solo, la strada giusta da adottare quando siamo presenza di questi problemi? In effetti non esiste una risposta che sia sempre valida in questi casi.
Le sanzioni, che possono colpire un Paese, hanno certamente l’effetto di limitarne le capacità operative, ma non è facile stabilire un limite o una dimensione precisa entro la quale le sanzioni vanno applicate e come possano agire effettivamente ed efficacemente.
Molto spesso le sanzioni comminate ad un Paese, colpiscono più la popolazione civile vittima del regime, che il regime stesso che si intende sanzionare.
Nella stragrande maggioranza dei casi, i regimi hanno la capacità di ribaltare le difficoltà, i problemi e la mancanza di beni che la popolazione incontra a causa delle sanzioni, verso quegli Stati che le hanno imposte per colpire il regime.
Paradossalmente, in molti casi i regimi hanno addirittura utilizzato le sanzioni per rafforzare le loro azioni repressive contro gli oppositori del regime, proprio perché le difficoltà generate dalle sanzioni imposte dalla comunità internazionale sul Paese e sulla popolazione civile “impongono” azioni di contrasto agli oppositori che sono sempre additati come responsabili di quei problemi.
Paradosso nel paradosso è che spesso anche nelle stesse nazioni democratiche che impongono le sanzioni queste vengono vissute come decisioni “fastidiose” da sopportare, per gli effetti negativi e le conseguenze che possono generare negli Stati che le hanno imposte.
Il caso eclatante è quello delle sanzioni poste alla Russia dall’Unione Europea che hanno generato un aumento dei costi dell’energia. La popolazione europea, pur comprendendo la gravità del tentativo scellerato di invasione dell’Ucraina da parte dei russi, ha reagito mostrando comprensione e solidarietà, ma anche fastidio per i problemi che stiamo subendo.
Questo generare il “collateralismo indiretto” con i regimi non democratici, che è molto più diffuso di quanto sia evidente nella vita di tutti i giorni, perché le persone vogliono tranquillità, non amano i problemi e tanto meno gestire le difficoltà che la vita ci impone tutti i giorni, specialmente quando questi problemi riguardano gli “altri” non riuscendo a comprendere che gli altri siamo anche noi.
La storia purtroppo si ripete sempre stancamente e quando i problemi colpiscono gli “altri” riusciamo a vedere solo il fastidio che questi eventi riverberano sulla nostra tranquilla e monotona esistenza.
Questo modo di agire e di pensare molto diffuso nei Paesi democratici è proprio quello che dà la forza a pochi invasati, esaltati, criminali di compiere azioni immonde, perché pensano sempre che comunque le persone volteranno la testa dall’altra parte e si faranno, come si usa dire, i fatti loro.
Proprio per questo è necessario informare i cittadini, far capire loro che vivere in armonia con gli altri aiuta tutti a vivere meglio.
Ad esempio, quando si parla che per risolvere il conflitto in Medio Oriente è necessario creare due Stati per due popoli, in un mondo dove c’è sempre più capacità di mobilità per tutti, che ha annullato le barriere e i confini, si commette inevitabilmente un errore di valutazione perché le guerre e le tensioni aumentano creando divisioni nette (e in contrasto) tra due popoli mentre invece la sola soluzione è quella di poter vivere serenamente e in pace anche con etnie, religioni e tradizioni diverse. Ma in questo contesto i dittatori e gli oltranzisti non avrebbero alcuna possibilità di sopravvivenza proprio perché la loro forza si basa sulla perpetuazione dei problemi. Poco importa se la popolazione soffre. Lo stiamo vedendo in Russia e Ucraina, dove due popoli fratelli, che potrebbero vivere insieme in pace ed armonia, si stanno distruggendo a vicenda. Lo vediamo in Palestina dove le diverse etnie potrebbero convivere in pace ed armonia essendo tutte figlie di Abramo.
Qualcuno ha mai spiegato ai russi, ai palestinesi, ai siriani quante cose si sarebbero potute fare destinando al welfare, sanità, pensioni, scuole d'infanzia, asili nido, le risorse impegnate invece per combattere e tentare di annientare un altro popolo? Forse le Nazioni Unite, oltre ad organizzare conferenze e riunioni inconcludenti, potrebbero cominciare a promuovere campagne di informazione alle popolazioni di tutto il mondo per spiegare che vivere in pace rende molto, ma molto di più che fare le guerre.
Quando gli opinion leader e i politici saranno capaci di diffondere questo messaggio, forse potremo finalmente vivere in un mondo migliore.

Ciro Maddaloni
Esperto di eGovernment internazionale

Fonte: Ciro Maddaloni
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