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Nota geopolitica di apertura XV Forum Economico Eurasiatico a Baku

27-10-2022 18:53 - Opinioni
GD - Baku, 27 ott. 22 – La Segreteria del XV Forum Economico Eurasiatico apertosi a Baku ha diffuso una nota introduttiva in cui si sottolinea l'obiettivo di “Favorire un dialogo franco e costruttivo, per costruire un'economia dal volto umano e un mondo multipolare fondato sulla pace”.
Nella comunicazione di taglio geopolitico si afferma che «È la prima volta che il Forum Economico Eurasiatico non si tiene a Verona. Siamo estremamente riconoscenti all'Azerbaigian, alle sue Autorità e alle organizzazioni imprenditoriali. In particolar modo esprimiamo profonda gratitudine al Ministero dell'Economia e al Ministro Mikhail Giabbarov per l'accoglienza, il sostegno e l'aiuto ad organizzare la XV edizione del Forum Economico Eurasiatico.
Un grato e cordiale saluto va a tutti i numerosi partecipanti ai lavori, provenienti da quasi 30 Paesi, che hanno trovato modo di essere qui con noi, malgrado tutte le difficoltà dell'attuale situazione internazionale. Esprimiamo i più sinceri sentimenti di gratitudine al presidente del Forum, Igor Sečin, per il suo convinto e costante sostegno a questa iniziativa nata per favorire un dialogo, franco e costruttivo, per contribuire a costruire un'economia dal volto umano e un mondo multipolare fondato sulla pace.
Lo svolgimento quest'anno del Forum di Verona a Baku segna l'inizio di una nuova fase di sviluppo del Forum stesso, ormai giunto a maturità, che ha l'ambizione di prefigurare il ruolo fondamentale che nel breve-medio periodo la “megaregione” Eurasiatica può avere nello sviluppo economico e sociale a livello internazionale.
Perché Baku? Perché storicamente e culturalmente si trova al centro dello spazio tra l'Atlantico e il Pacifico; perché geopoliticamente si trova a cavallo tra Asia ed Europa, tra l'antica e la nuova via della seta; e perché l'Azerbaigian è il crocevia per gli scambi tra Europa e Cina ed Asia meridionale e Russia. Inoltre, da decenni l'Azerbaigian, persegue una politica multiculturale, multilaterale, di tolleranza e di accoglienza, collaborando in modo proattivo e costruttivo con Paesi appartenenti a sistemi geopolitici e statuali diversi. Il Paese ha un accordo di partenariato e cooperazione con l'Unione Europea dal 1999. Nel 2017 sono stati avviati negoziati per un accordo rafforzato, che include la cooperazione per la diversificazione economica, il commercio e lo sviluppo della società civile. Sono in fase di avviamento progetti per il potenziamento del porto di Baku, per sostenere la competitività di 25.000 startup e PMI, per l'accesso al credito di aziende del settore alimentare e per la sostenibilità ambientale delle aree urbane. Un dialogo ad alto livello UE-Azerbaigian è stato istituito nel 2019 sui trasporti, che costituiscono una delle aree chiave della cooperazione. Di fondamentale importanza per l'intera UE è il Memorandum d'Intesa sul partenariato strategico nel campo dell'energia firmato il 18 luglio 2022 a Baku dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e dal presidente azerbaigiano Ilham Aliyev.
L'Italia e l'Azerbaigian sono partner storici e i loro rapporti, che risalgono all'epoca dell'imperatore Domiziano, si sono intensificati durante gli ultimi 30 anni di relazioni diplomatiche ufficiali. L'Italia è il principale partner commerciale dell'Azerbaigian. Il 51,9% delle esportazioni dell'Azerbaigian, sin dal 2013, sono dirette in Italia, che dalla fine del 2020, con l'avvio del Tap, oltre ad approvvigionare il suo mercato interno, è diventato il ponte verso occidente del gas dell'Azerbaigian. Anche per quanto riguarda la sfera politica, è indubbio che l'Italia sia uno dei principali interlocutori europei dell'Azerbaigian.
A questo proposito ricordiamo le relazioni amichevoli sviluppate tra l'Azerbaigian e l'Italia anche durante gli anni della guerra fredda. Ne è un esempio evidente il gemellaggio tra Baku e Napoli sottoscritto solennemente il 25 settembre del 1972.
Per quanto concerne le relazioni Azerbaigian-Russia, la cooperazione in campo energetico, uno degli assi portanti dei rapporti bilaterali, si è rafforzata e allargata ulteriormente. In questo contesto occorre sottolineare l'importanza della Dichiarazione di Interazione Alleata fra i due Paesi sottoscritta a Mosca il 23 febbraio 2022 da Vladimir Putin e Ilham Alyev. I due Paesi hanno concordato di espandere la cooperazione politica ed economica e sviluppare l'interazione nel “mutuo rispetto e considerazione degli interessi reciproci”.
L'Azerbaigian, poi, vanta una speciale partnership con il mondo turcofono e con la Turchia. I due Paesi spesso vengono descritti come “una Nazione e due Stati”. I loro presidenti nell'agosto 2010 firmarono un Accordo sulla partnership strategica e sul mutuo supporto.
Baku mantiene relazioni politiche ed economico-commerciali e di investimento molto positive e vantaggiose anche con Washington DC.
Al tempo stesso, l'Azerbaigian è integrato nella Comunità degli Stati Indipendenti e mantiene relazioni costruttive e amichevoli con i Paesi dell'Unione Economica Eurasiatica (UEEA). La recente Dichiarazione comune con l'UEEA gli permette di accedere a molti progetti sviluppati da questa Unione. I suoi rapporti, poi, con la Cina, l'ASEAN e altri Paesi e strutture asiatiche sono in rapida espansione.
Questo permette all'Azerbaigian di crescere, appartenendo ad un gruppo di economie in rapido sviluppo. Nel 2021 il PIL è cresciuto del 27,94%, passando da $ 42,69 a $ 54,62 miliardi. E quest'anno, nonostante la negativa congiuntura internazionale, si prevede una crescita del 2,8%. Tutto ciò rende Baku una meta attrattiva per i rapporti economici, commerciali e per gli investimenti.
L'anno trascorso dal Forum precedente è stato particolarmente carico di avvenimenti e di cambiamenti. In un certo modo siamo testimoni di accelerazioni di processi nell'economia mondiale, che prima si sviluppavano blandamente o in modo latente. Questi cambiamenti, evidentemente, maturavano lentamente all'interno dell'economia, ma il punto di svolta è stata la crisi economica globale del 2008. Non è stata una crisi contingente e ciclica, ma una crisi sistemica: è stato colpito il sistema stesso, cioè il neoliberismo globalizzato, il quale non ha retto l'urto, ha dovuto reagire in un modo atipico (il quantitative easing, ad esempio) per mantenere l'economia a galla. Queste azioni tempestive hanno permesso di salvare il salvabile, di tappare i buchi, anche se si vedevano i limiti di tali misure e i rischi di nuovi gravi problemi che stanno venendo alla luce, come l'inflazione e agli altri fattori che ostacolano la crescita e lo sviluppo.
Il 2008 ha rivelato la necessità di un profondo cambiamento del modello di sviluppo neoliberistico e al tempo stesso di avviare la formazione di un nuovo sistema economico.
Ancora non sappiamo come sarà questo modello. Colui che fosse capace, oggi, di fornirle potrebbe aspirare, certamente, al Nobel per l'Economia, meritandolo ampiamente. Ora possiamo solo prefigurare alcuni elementi parziali della sagoma del modello economico futuro. Il neoliberismo e il globalismo non spariranno, ma cambieranno natura, perdendo la posizione di monopolio.
Una delle tendenze più rilevanti dei nuovi tempi, di cui abbiamo potuto osservare l'accelerazione nel corso dei 12 mesi trascorsi, è la “regionalizzazione della globalizzazione”, che nell'immediato risponde alla necessità sia di accorciare le catene produttive, sia di ricostruire catene di approvvigionamento che siano più neutrali. Tale espressione vorrebbe coniugare due movimenti simultanei: l'abbandono della globalizzazione nella versione precedente che percepisce il mondo come un solo mercato unico, per andare verso una segmentazione del mondo in macroregioni geografiche. All'interno di questi vasti territori l'economia e gli scambi tendono ad essere liberalizzati al massimo, ma verso l'esterno si erigono sistemi protettivi di varia natura.
Possiamo constatare, per esempio, il consolidamento del polo Atlantico, che include principalmente l'Europa Occidentale e l'America del Nord, con varie aggiunte, ad esempio, l'Australia e il Giappone. Vediamo il polo cinese, evidenziato dal progetto One Belt, One Road o la Nuova Via della Seta. Emerge un polo intorno al Golfo Perisco con i propri interessi, come il Gulf Cooperation Council; l'India con quasi un miliardo e mezzo di abitanti è un centro di gravitazione dell'economia che entro breve tempo diventerà la seconda potenza economica mondiale dopo la Cina. Assistiamo inoltre all'aumento del ruolo dell'Unione Economica Eurasiatica che, in un modo o nell'altro, attrae la maggioranza dei Paesi dell'ex-URSS; vediamo l'ampliamento degli spazi della cooperazione regionale in America Latina e in Africa.
In questo contesto negli ultimi mesi si va consolidando il ruolo di vari organismi internazionali, tra cui emerge il BRICS, la Shanghai Cooperation Organization (SCO). In particolare, il BRICS ha acquisito un nuovo potenziale di sviluppo. Tra la preparazione e il risultato del suo ultimo vertice, tenutosi a fine giugno 2022, si nota una differenza notevole, tra una semplice organizzazione consultiva di prima e una piattaforma di concertazione di tipo nuovo, con un potenziale di sviluppo e ambizioni anche nel settore commerciale e degli investimenti. Se prima non si parlava di allargamento del BRICS, ora l'Argentina e l'Iran hanno avanzato una domanda formale di adesione. In questa direzione si sono già avviati Arabia Saudita, Egitto e Turchia. Mancano all'appello Indonesia, Nigeria, Pakistan e, con certe riserve, il Messico, affinché la struttura riunisca le massime potenze, economiche, politiche e demografiche, di portata globale e regionale fuori dal contesto Occidentale. Ciò non era immaginabile un anno fa e questo trend di sviluppo avrà un impatto anche sull'economia e le finanze, soprattutto se avranno seguito le varie iniziative emerse dal recente vertice che ha incluso meccanismi di pagamento e investimento.
Gli eventi in corso, tesi a formare nuovi modelli economici globali, non sono rapidi e ancor meno lineari. Anche all'interno delle “megaregioni” sono evidenti contraddizioni e una forte concorrenza.
Esaminando il quadro Occidentale si distinguono diversità importanti. Se dagli Stati Uniti viene considerata prioritaria la lotta all'inflazione che porta al rialzo dei tassi di interesse della Federal Reserve, in Europa e in Giappone, invece, dove si registra un'inflazione mai vista da quattro decenni, i tassi di interesse rimangono relativamente bassi, mentre si ritiene prioritario il mantenimento della crescita economica, compromessa dai prezzi altissimi delle materie prime. Ne risulta un rafforzamento del dollaro, mentre cadono sterlina, euro e yen, con conseguenze dirette su altri comparti economici. Per esempio, si prefigurano trasferimenti di fabbriche e insediamenti produttivi dall'Europa in America del Nord.
Nella semplice descrizione di questa situazione spicca un particolare. Gli egoismi nazionali cominciano a prevalere sull'interesse comune, lo si vede nella contrapposizione di interessi nel binomio dollaro/euro, per esempio. Ognuno comincia a fare il proprio gioco, non solo i Paesi Occidentali, ma anche Cina, India, Paesi arabi e molti altri.
La visione pessimistica di un mondo frantumato e diviso non è senza alternativa.
Dalla crisi sistemica in corso dal 2008, con alti e bassi, è possibile uscire accettando il mondo multipolare in gestazione, senza Paesi “eccezionali” o vassalli o addirittura colonie, riconoscendo gli interessi e il ruolo economico e geopolitico di ogni Paese e di gruppi di Paesi, senza discriminazioni ed esclusioni.
Assenza di discriminazioni non significa assenza di concorrenza. Anzi, ci si propone di attivarla, ma mettendola su un piede di parità, entro norme e regole di mercato chiare e definite. Solo così si potrà superare il contesto negativo attuale e il modello economico neoliberistico in via di fallimento, e al tempo stesso assicurare al Pianeta sicurezza e prosperità. Qui il ruolo della Grande Eurasia, che va dall'Atlantico al Pacifico e all'Oceano Indiano, è cruciale.
Unendo le forze, nel mondo multipolare è possibile costruire una nuova economia umanistica, in cui al centro si trova l'uomo con i suoi interessi. Per raggiungere questo obiettivo occorre mettere in pratica una strategia comune a livello internazionale.
Uno degli obiettivi del Forum Economico Eurasiatico è proporre uno degli strumenti più efficaci di questa strategia: la diplomazia economica e delle imprese che è capace di interpretare e rappresentare le genuine esigenze dello sviluppo economico e sociale a beneficio delle persone e dell'intera società civile. Da questo punto di vista la situazione non è cambiata nel corso dell'ultimo anno. Il mondo imprenditoriale ha il dovere di spendere le proprie energie per cercare, malgrado le difficoltà odierne, di unire, di creare, di portare ricchezza e prosperità. La diplomazia economica può e deve condividere con politica e organizzazioni internazionali l'urgenza di avviare la strategia multipolare per assicurare la salvezza del pianeta Terra, la sicurezza e la prosperità dell'umanità.
Abbiamo il dovere di proporre in modo realistico questa prospettiva. Il dialogo e il confronto possono contribuire a far maturare le proposte concrete per avviare uno sviluppo economico armonioso, rispettoso dell'ambiente, e delle diversità culturali: in grado di ridimensionare, se non eliminare, le scandalose diseguaglianze sociali, che trasversalmente interessano tutto il nostro Pianeta.
Baku è il luogo ideale per sviluppare questo dialogo in modo proficuo e multipolare, tra persone libere, appartenenti a Paesi gelosi e orgogliosi della propria indipendenza. L'Azerbaigian ha un'identità nazionale capace di andare oltre le questioni puramente economiche, e la sua ricca cultura, commistione equilibrata e armonica di varietà etniche e religiose, ne ha fatto un modello di multiculturalismo apprezzato a livello globale.
La XV edizione del Forum Economico Eurasiatico sarà in grado di indicare prospettive realistiche e costruttive per uno sviluppo economico e sociale a beneficio dell'umanità e del nostro Pianeta», conclude la comunicazione.
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