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Morte Kissinger: lo ricorda l'amb. Umberto Vattani

30-11-2023 20:23 - Ambasciate
Henry Kissinger Henry Kissinger
Amb. Umberto Vattani Amb. Umberto Vattani
​GD - Roma, 30 nov. 23 - “Una personalità dotata di un grande carisma. E il carisma o ce l’hai naturalmente oppure nessuno te lo può insegnare”. È questo il giudizio sullo statista Henry Kissinger espresso dall’ambasciatore Umberto Vattani, il diplomatico che come consigliere di diversi capi di Governo ha lavorato, seppure in tempi diversi, sui medesimi dossier che i presidenti Nixon e Ford avevano affidato a Kissinger.
Un segretario di Stato all'inizio parso “spregiudicato” agli italiani, ma anche all’insieme degli europei, nel senso che faceva cose che gli altri non facevano. Come la “shuttle diplomacy”, con spole interminabili in aereo tra diverse capitali. ”Era americano, aveva talento e grandi mezzi”, ha sintetizzato Vattani, già segretario generale della Farnesina e ora presidente della Venice International University.
Poi ha raccontato ancora i sui ricordi: "Robert Kaplan lo definiva il più grande statista bismarckiano del XX secolo, Kissinger ha sempre guardato all’Italia con occhio attento. Ne apprezzava il ruolo nel Patto Atlantico e nel Mediterraneo pur avendo in casa il più forte partito comunista dell’Occidente. Amico personale di Gianni Agnelli, aveva caldeggiato nel 2001 con Silvio Berlusconi la nomina a ministro degli esteri di Renato Ruggiero".
Vattani torna indietro nei ricordi: ​"Est-Ovest e Guerra Fredda, URSS e Cina, Medio Oriente sono le arene nelle quali Kissinger ha dispiegato, difeso e imposto il volere americano. Nel riconoscere l’azione a tutti azimut di Kissinger, del quale è giusto sottolineare l’abilità”, l’ambasciatore Vattani riferisce che “anche la diplomazia italiana, pur con uno stile diverso, ha saputo agire con efficacia per difendere i suoi interessi o far avanzare l’Europa”. ​​
A tale proposito rammenta che "l'ingresso nel direttorio economico mondiale del G7 fu dovuto all’ambasciatore Raimondo Manzini e la spinta decisiva per realizzare la moneta unica, la tappa più prestigiosa dell’Unione Europea, all’ azione di Andreotti nel 1990. ​Quanto alla ripresa dei rapporti con la Cina, nel 1991, fu la diplomazia italiana che organizzò la visita del presidente del Consiglio, la prima di un leader occidentale, a Pechino dopo Tienanmen e, più recentemente negli anni 1988-89, a favorire la distensione all’epoca di Mikhail Gorbaciov e ad incoraggiare la marcia della democrazia nell’Europa centrale, con de Mita e Andreotti".​
​“La diplomazia italiana, tra alti e bassi, ha saputo realizzare per prima sullo scacchiere internazionale iniziative poi riprese anche da altri Paesi”, ha spiegato ancora Vattani. "È quanto è avvenuto in più di un’occasione per il Medio Oriente. Con la Cina e più tardi con l’Iran la diplomazia italiana ha saputo aprire una strada seguita poi da altri partner europei" ,ha concluso.


Fonte: Carlo Rebecchi
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