05 Maggio 2024
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Migrazioni: a lezione di francese

09-07-2023 17:03 - Opinioni
GD - Roma, 9 lug. 23 - Le rivolte scatenate in Francia, dopo l'uccisione di un 17enne da parte di un agente di polizia che lo aveva fermato per un controllo, si sono finalmente calmate, almeno così sembra. Certamente la brace continua a bruciare sotto la cenere e questo dovrebbe far pensare i decisori politici europei su ciò che implica il fenomeno migratorio, non oggi, ma nel medio-lungo periodo, ad esempio, tra vent'anni.
La Francia ed il Belgio che hanno importato lavoratori, soprattutto dal Nord Africa, per soddisfare i loro bisogni di manodopera negli anni 50-60 del secolo scorso, hanno dovuto prendere atto del fatto che queste persone, che hanno abbandonato le loro terre e le loro origini per accettare di vivere in un Paese diverso, con tradizioni ed usanze spesso incompatibili con le loro, andavano seguite molto più da vicino per aiutarle ad assimilare nuovi stili di vita e maturare nuovi modi di gestire la loro vita in un paese che non è il loro.
Questo non è avvenuto e di conseguenza abbiamo visto i problemi che può generare la mancata integrazione quando viene a mancare anche la ragione per stare in Europa.
L'Unione Europea tutta dovrebbe fare tesoro di questa lezione franco-belga. Si dovrebbero considerare non solo le quote di lavoratori da far arrivare in Europa ogni anno e i tipi di mestieri che queste persone dovranno avere per venire a lavorare in Europa. Occorre avere una strategia di lunghissimo termine per definire il futuro che saremo in grado di garantire a questi nuovi cittadini.
Infatti, l'immigrazione non può essere trattata come un qualsiasi “contratto di fornitura” di materie prime, che può essere rivisto e cambiato ad esempio dopo un periodo di tempo. Si tratta di persone che lasciano il loro Paese e si insediano in un nuovo con immense difficoltà sociali, economiche, culturali da superare.
Queste persone avranno figli che nasceranno e cresceranno nel Paese che li ha ospitati. Per cui la domanda da porre è: tra 10-20 anni avremo ancora bisogno di questa manodopera? E se non dovessimo averne bisogno cosa facciamo di queste persone che si sono ormai ambientate in Europa? Diciamo loro grazie, arrivederci tornate al vostro Paese? E cosa faremo dei giovani discendenti, quei ragazzi nati in Europa, che hanno studiato nelle scuole europee parlano la lingua del nuovo Paese, che in questi giorni hanno messo a ferro e fuoco la Francia e il Belgio?
Ormai è acclarato che servirà sempre meno manodopera non qualificata o semi qualificata perché sarà sempre meno il lavoro che impiega manodopera generica.
Il lavoro che impiegava in passato centinaia di migliaia di persone "semi qualificate" nell'industria è stato già sostituito dall'automazione.
Molti lavori, anche in agricoltura, sono oggi assicurati da sistemi automatizzati. Rimangono i ristoranti dove usano ancora personale non qualificato per mettere i piatti nella lavapiatti. Nelle grandi catene di ristorazione stanno automatizzando pure quel tipo di lavoro.
Per queste ragioni la tensione sociale è inevitabile, perché questi giovani nati in Europa, discriminati per le loro origini, percepiscono di non avere alcun futuro in Europa.
Per questo è fondamentale comprendere che quando non ci sarà più lavoro tra 10-20 anni, per quei lavoratori che stiamo facendo venire in Europa per coprire le nostre carenze di manodopera, non sarà possibile dire a queste persone, grazie tornate a casa vostra.
Negli Emirati Arabi, per prevenire questo problema, i lavoratori stranieri sono autorizzati a rimanere solo pochi anni, sufficienti per accumulare un gruzzoletto di denaro per poi rientrare nel proprio Paese di origine dalle loro famiglie. Per queste ragioni sia sull'immigrazione incontrollata degli ultimi anni, che su quella contingentata che stiamo pianificando di autorizzare adesso, avremo serissimi problemi in tutta Europa nei prossimi anni.
Quello che vediamo da anni in Francia e Belgio è solo l'inizio di quello che succederà in tutta Europa nei prossimi anni quando grazie all'evoluzione tecnologica, automazione dei processi produttivi e economia green, ci sarà sempre meno bisogno di manodopera.
Ad esempio, quando l'Europa avrà vietato gli allevamenti di bestiame perché non eco sostenibili e gli stabilimenti automatizzati dove si produce la carne sintetica e dove non serve alcun intervento umano; quando questi stabilimenti saranno in grado di soddisfare le esigenze alimentari di milioni di persone, altrettanti milioni di lavoratori, in larga parte immigrati, saranno considerate personale in esubero e si troveranno ad affrontare la disoccupazione esattamente come gli ex lavoratori delle miniere, gli ex lavoratori delle industrie e tutti i settori produttivi dove l'automazione ha reso il personale umano “superato”.
Forse è vero quindi che il futuro del lavoro è in Africa dove si deve fare tutto.
Mancano solo i politici europei illuminati che lo capiscano e che siano pronti a destinare risorse per creare sviluppo in Africa, che per disattenzione, false ideologie e codardia abbiamo abbandonato lasciando tutto in mano ai cinesi e alle varie bande criminali che da anni scorrazzano su quel continente sfortunato.

Ciro Maddaloni
Esperto di eGovernment internazionale


Fonte: Ciro Maddaloni
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