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Italia-Senegal: parla l’ambasciatore Giovanni Umberto De Vito

22-02-2022 18:47 - Ambasciate
Amb. Giovanni Umberto De Vito Amb. Giovanni Umberto De Vito
GD – Dakar, 22 feb. 22 – (Newsletter Diplomazia Economica Italiana) - Il Senegal offre opportunità nei settori chiave delle infrastrutture, dell’energia e dell’agribusiness e l’Italia è in prima linea Il Paese è una sorta di “isola felice” accanto a situazioni di profonda instabilità che coinvolgono la regione del Sahel. Inoltre dal 2014, anno di lancio del programma Plan Senegal Emergent, l'economia senegalese è cresciuta a tassi crescenti (con l'eccezione del 2020 a causa della pandemia), il che lo rende un’eccezione anche a livello di attrattività degli investimenti stranieri.
Del Paese africano ne parla l’ambasciatore italiano a Dakar, Giovanni Umberto De Vito in una intervista alla Newsletter Diplomazia Economica Italiana della Farnesina.
D.: Quanto è importante per l’Italia consolidare le relazioni con Dakar?
Amb. De Vito: «Il Senegal è senz’altro una realtà per molti versi privilegiata alle porte di una regione afflitta in questo momento da numerosi problemi politici, socio-economici e di sicurezza. Il Paese vanta infatti una solida tradizione democratica, ininterrotta sin dall’indipendenza raggiunta nel 1960 e confermata pochi giorni fa dal regolare svolgimento delle elezioni amministrative, e una società civile particolarmente attiva caratterizzata da un’eccellente convivenza fra la maggioranza musulmana, la minoranza cattolica e la popolazione di fede animista, a cui si aggiunge l’antica comunità libanese presente da un secolo in Africa occidentale, che fornisce un importante contributo all’economia nazionale. Queste condizioni socio-politiche hanno posto le basi per la costante crescita economica che il Senegal ha registrato negli ultimi anni e ulteriormente sostenuta dai piani di sviluppo lanciati dal Governo e focalizzati al potenziamento delle infrastrutture, soprattutto in campo energetico, dei trasporti, sanitario-farmaceutico ed educativo. Con un commercio estero che rappresenta oltre il 60 per cento del PIL nazionale, l’economia senegalese risulta particolarmente aperta agli scambi, grazie anche all’adesione alla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS/CEDEAO) e all’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (UEMOA).
In questo senso le imprese italiane interessate non soltanto al Senegal, ma a tutta l’Africa occidentale, troveranno in questo Paese una solida base di operazioni con interessanti opportunità nei settori chiave delle infrastrutture, dell’energia e dell’agribusiness. Per coloro che intendono affacciarsi a questo mercato, il mio suggerimento è di preparare bene l’operazione, considerate le differenze culturali, le peculiarità di questo ambiente degli affari e talune perduranti criticità sul piano finanziario o della trasparenza legale (basti pensare ai titoli fondiari). Per questo è importante l’accompagnamento che possono offrire istituzioni italiane come l’Ambasciata che, fra pochi mesi, potrà contare sull’assistenza di un nuovo Ufficio ICE e di un addetto scientifico basati a Dakar. Significativa soprattutto la nuova presenza di ICE a Dakar, che rientra d’altronde nel più ampio progetto di rafforzamento della promozione economica in Africa subsahariana dedicato alla memoria dell’Ambasciatore Attanasio, il compianto collega che aveva avviato una riflessione su come migliorare l'assistenza alle imprese italiane nella regione e di cui ricorre in questi giorni il primo anniversario dalla scomparsa. Le imprese italiane interessate al Senegal hanno infine a loro disposizione la Camera di commercio italo-senegalese e dell’Africa occidentale. Uno dei settori di maggiore interesse che il mercato senegalese offre alle imprese straniere è quello delle infrastrutture, e sono diverse le aziende italiane già presenti nel Paese in questo settore».
D.: Ritiene che esistano ulteriori margini di opportunità per le imprese italiane in quest’ambito?
Amb. De Vito: «Il potenziamento delle infrastrutture rimane al centro dei piani di sviluppo senegalesi, dopo la realizzazione, negli ultimi anni, del primo asse autostradale che attraversa la Capitale e le periferie, della nuova città di Diamniadio, del nuovo aeroporto e della linea ferroviaria passeggeri fra il centro di Dakar e la stessa Diamniadio. Un altro progetto che mira a decongestionare il traffico nella grande agglomerazione di Dakar è il “Bus Rapide Transit sur voie réservée (BRT)”, finanziato da Banca Mondiale e Banca Europea degli Investimenti. L’impegno nazionale continua a rimanere forte per realizzare progetti “iconici”, di grande richiamo e in grado di attirare investimenti dall’estero, sia di provenienza pubblica che privata. Fra questi vorrei menzionare l’estensione della rete autostradale a nord verso la Mauritania ed il Marocco (passando da Saint-Louis e realizzando un nuovo ponte sul fiume Senegal) e a sudest in direzione del Mali e della Guinea. All’inizio dell’anno è stato inoltre inaugurato il cantiere del nuovo porto di Ndayane, località a 80 chilometri a sud-est di Dakar nei pressi del nuovo aeroporto internazionale, destinato a essere il più grande dell’Africa occidentale, soprattutto per le operazioni di “transhipment” dei container e a spostare fuori città il traffico di mezzi pesanti che contribuisce attualmente a congestionare il centro della Capitale. Gli investimenti per queste infrastrutture superano i 6 miliardi euro nel periodo 2021-2023 e vedono impegnate aziende francesi, americane, cinesi, turche e degli Emirati, con finanziamenti provenienti dalla Banca africana di sviluppo, da grandi istituti finanziari europei come la BEI. Quest’ultima ha recentemente finanziato progetti nel campo dell’energia solare, dell’elettricità, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e del sistema idrico nell’ordine di centinaia di milioni di euro. Sono inoltre in corso altri importanti progetti infrastrutturali per la pianificazione territoriale dei bacini idrografici dei fiumi Senegal e Gambia, nel quadro delle due organizzazioni internazionali ad essi legate e con l’interesse di importanti istituti di credito europei. A mano a mano che questi e altri progetti avanzeranno nel loro corso, un attento monitoraggio delle opportunità che si presenteranno potrà permettere alle aziende italiane del settore, conosciute e apprezzate in Senegal grazie ai lavori realizzati negli scorsi decenni da imprese come ICM – Maltauro, Gruppo Prandi, Sicrea o Codex, di inserirsi a pieno titolo nella serrata competizione che vede costruttori di tutto il mondo gareggiare per partecipare allo sviluppo infrastrutturale di questo Paese».
D.: Altro settore chiave del mercato del Senegal è quello dell’Oil&Gas. Quali sono le opportunità che il Paese offre? Crede che ci siano i margini per una maggiore penetrazione italiana?
Amb. De Vito: «Nel 2023 dovrebbe finalmente cominciare lo sfruttamento del bacino offshore di gas che si trova al largo delle coste settentrionali del Senegal, con forti attese sull’impatto che dovrebbe derivarne in termini di crescita economica nazionale. Il Fondo Monetario Internazionale, ad esempio, stima che il PIL aumenterà del 12 per cento in quell’anno collocando il Senegal nella “top 3” dei Paesi con il più elevato tasso di crescita nell’intero continente africano. Le royalties dovrebbero immettere ingenti risorse nell’economia nazionale e incrementare il budget pubblico. Il gas risulta pertanto al centro dell’attenzione internazionale, oltre che della politica energetica del Governo attraverso l’iniziativa “Gas-to-Power” che dovrebbe portare a riconvertire le centrali termoelettriche senegalesi, attualmente funzionanti a petrolio, verso un’alimentazione a gas, considerato in questo senso un’imprescindibile energia di transizione verso la decarbonizzazione. È in questo orizzonte di lungo periodo che l’industria italiana di settore - già attiva in Senegal attraverso gruppi come SAIPEM - potrà contribuire alla realizzazione dell’infrastruttura energetica necessaria al pieno sviluppo dell’Oil&Gas senegalese, a cui il Governo continua a voler affiancare una parallela crescita della produzione di energia (e relativa capacità di distribuzione elettrica) anche da fonti rinnovabili. Non a caso, la prima voce di spesa nella ripartizione settoriale del Piano di rilancio postcovid del Governo, il Plan d’Actions Prioritaires Ajusté et Accéléré (PAP 2A) 2019 - 2023, è proprio quella delle “infrastrutture e servizi energetici”, per un totale di circa 2,5 miliardi di euro, pari al 14 per cento delle risorse del Piano. Al di là dell’Oil&Gas, è l’intero settore energetico a suscitare l’attenzione del mondo imprenditoriale italiano, che ha partecipato con interesse al webinar dedicato alle energie rinnovabili organizzato dall’Ambasciata d’Italia a Dakar lo scorso mese di novembre, mentre si sta lavorando ai seguiti insieme a RES4Africa. Ciò è ulteriormente testimoniato dai contatti esplorativi che grandi aziende del settore siderurgico (come il gruppo Danieli) hanno avviato per valutare la possibilità di impiantarsi in questo Paese, mentre altre aziende sono interessate alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili o da bio-masse, come nel caso del progetto di sfruttamento agricolo ed energetico che l’impresa En.It sta sviluppando nella regione di Fatick. Trattandosi di settore che richiede concessioni governative e un rilevante intervento regolatorio pubblico, non è superfluo ricordare che va valutata con attenzione la scelta del partner locale e impegnarsi al trasferimento di conoscenze per aiutare a costruire le capacità e le professionalità della manodopera senegalese.
L’agricoltura è un altro pilastro della strategia di sviluppo del Senegal, che da qualche anno sta puntando fortemente sull’obiettivo di ridurre le importazioni alimentari nel tentativo di frenare l’inflazione sui beni di base, resa ancora più marcata dalla pandemia».
D.: In che modo l’Italia, con la sua presenza, può favorire il perseguimento di tale obiettivo?
Amb. De Vito: «Nonostante l’agricoltura in Senegal rimanga ancora largamente ancorata a una dimensione di sussistenza e di economia informale, numerosi produttori europei - anche italiani quale il gruppo Francescon per i meloni - hanno scelto questo Paese come base di produzione agricola per l’esportazione nella regione e verso l’Unione Europea. Anche nel settore ittico esistono realtà italiane che operano con soddisfazione qui in Senegal. La perturbazione delle catene internazionali di distribuzione, causata dalla pandemia, ha rafforzato la volontà del Governo del Senegal di emanciparsi dalla dipendenza dalle importazioni di derrate alimentari (come riso e grano) e sviluppare ulteriormente le capacità di produzione sulla strada dell’autosufficienza. Esiste in sostanza uno sforzo parallelo per sviluppare da un lato l’agribusiness (produzioni destinate all’esportazione, ad alto valore aggiunto come quelle ortofrutticole, con investimenti nelle centrali di raccolta e distribuzione, catena del freddo e imballaggio) e dall’altro per incrementare la produttività e rendere più sostenibile l’attività agricola dei piccoli coltivatori, spesso donne. Gli “agropoli” rappresentano un progetto prioritario per attirare investimenti nelle regioni a più elevato potenziale del Paese. Il settore agricolo è anche al centro dell’importante accompagnamento offerto dalla cooperazione internazionale allo sviluppo del Senegal. Si tratta di uno sforzo a cui l’Agenzia Italiana di Cooperazione AICS partecipa da lunga data e con risorse che nel corso degli ultimi anni hanno superato i 70 milioni di euro. Tali ingenti finanziamenti hanno permesso la messa in atto di diversi progetti volti alla formazione del capitale umano senegalese, il trasferimento di conoscenze sia da un punto di vista agronomico che di gestione di impresa, volti a sostenere un settore che occupa - tra regolari e lavoro sommerso - un terzo della popolazione nazionale. L'agricoltura irrigua occupa circa il 15% dell'area coltivata, in particolare nelle regioni attraversate dai grandi fiumi del Paese e nella zona di Niayes. Per contro, la maggior parte dei sistemi di produzione fa ancora affidamento sulle colture a pioggia, rendendo necessaria l'adozione di misure a sostegno della sicurezza alimentare. In alcune aree del Paese, come l'area di Niayes, l'orticoltura è diventata un importante settore produttivo e commerciale per il mercato nazionale e l'esportazione, determinando in tal modo un aumento della produzione e quindi dei rendimenti per gli agricoltori, che possono investire in sistemi innovativi. Su queste basi, l’Ambasciata collabora con le aziende qui presenti come IRRITEC nell’irrigazione e con altri importanti attori nel settore dei macchinari agricoli, tra cui CNH-Case New Holland. Promuoviamo inoltre la partecipazione di imprese senegalesi ad appuntamenti specializzati in Italia come EIMA-Bologna e MACFRUTRimini. Ma soprattutto non perdiamo occasione per ricordare l’importante spazio di intervento per le aziende italiane interessate a una presenza in Africa occidentale con un orizzonte sul mercato nazionale, regionale ed europeo. L’uso sostenibile delle risorse idriche e le tecnologie collegate saranno al centro delle discussioni a Dakar a fine marzo, in occasione del Forum Mondiale dell’Acqua, che contiamo di ospitare in Italia alla prossima edizione».
D.: Forte di oltre 100 mila persone, la diaspora in Italia è una delle più importanti comunità senegalesi all’estero. Quale il ruolo che può svolgere nel consolidamento delle relazioni economiche e commerciali tra i due Paesi?
Amb. De Vito: «La migrazione dal Senegal all’Italia risale almeno agli anni ’80 e la diaspora senegalese consolida sempre più il proprio radicamento nel nostro Paese. Tradizionalmente connotata da una marcata vocazione commerciale, la comunità senegalese è oggi al quinto posto in Italia per titolarità di partite IVA tra gli stranieri non UE. Forte inoltre la presenza tra la manodopera delle manifatture italiane, con una concentrazione in Lombardia, nel nordest e in Toscana. Le diaspore senegalesi in Europa contribuiscono in maniera importante all’economia del proprio Paese di origine attraverso le rimesse, con un impatto sul PIL che ha sfiorato il 13 per cento nel 2018. A questi si aggiungono le decine di migliaia di cittadini italiani di origine senegalese che continuano a mantenere strettissimi rapporti con il Paese di provenienza, anche per lo sviluppo di affari.
Sono numerose le esperienze di “migrazione circolare” che vedono cittadini senegalesi (o italiani afro-discendenti) sostenere dall’Italia progetti imprenditoriali in Senegal grazie al bagaglio di competenze accumulate nel nostro Paese, o lanciarne di nuovi in prima persona nei territori d’origine. Fra questi vorrei menzionare l’azienda italiana Yobale, diretta dal senegalese Ousmane Diop, attiva con successo nel trasporto di merci fra Italia e Senegal. In questo senso la diaspora è una risorsa strategica per la reciproca conoscenza, per il mutuo sviluppo di relazioni interpersonali che facilitano l’allacciamento di partenariati economici. Sotto questo profilo il Governo italiano è fortemente impegnato, a più livelli, a realizzare coerenti linee d’intervento in diversi ambiti: penso in primo luogo al programma di cooperazione PASPED, che accompagna i migranti di ritorno in un percorso di avviamento imprenditoriale, ma anche alle iniziative di accesso al microcredito, come il finanziamento recentemente concesso da CDP - il primo del suo genere in Africa - del valore di 8 milioni di euro, rivolto anche alla diaspora in Italia e, infine, alla promozione di canali di migrazione regolare di cittadini senegalesi verso il nostro Paese in specifici settori di attività e mediante l’acquisizione di adeguata formazione professionale. Insomma, stiamo costruendo una relazione di partenariato con il Senegal reciprocamente vantaggiosa, cui l’imprenditorialità italiana, soprattutto quel tessuto di PMI radicate nel territorio - al top nel mondo per innovazione e sostenibilità - possono dare un contributo significativo. La presidenza senegalese dell’Unione Africana, in questo 2022, offre ulteriori opportunità per segnare dei passi avanti su questa strada».

Fonte: Ministero degli Esteri
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