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Italia-Israele: confronto su vaccini, collaborazione e sintonia contro pandemia

04-11-2021 20:00 - Ambasciate
GD – Roma, 4 nov 21 - Sono trascorsi 646 giorni da quando Roma, per la prima volta, incrociò lo sconosciuto virus Covid 29 all'hotel Palatino, sbarcato nella Capitale attraverso due turisti cinesi, anzi di Whan. A non molta distanza da quello “storico” luogo Italia e Israele, due Paesi non solo in prima linea ma anche particolarmente impegnati si sono confrontati confermando una solida cooperazione e collaborazione. “Lotta al Covid: Italia e Israele a confronto – scenari presenti e sguardi oltra la crisi” è stato il filo condutttore dell'incontro promosso dall'Ambasciata d'Israele in Italia e dal movimento 'Ricostruire'.
Dopo i saluti del numero due dell'ambasciata israeliana, il ministro plenipotenziario Alon Simhayoff, vice capo missione, e di Stefano Parisi, presidente di 'Ricostruire', sono intervenuti Aman Shahar, capo della Task force anti-Covid del Maccabi Healthacare Service d'Israele; Alessio D'Amato, assessore alla Salute della Regione Lazio; Guido Bertolaso, coordinatore della campagna vaccinale della Lombardia; Alessandro Marenzi, giornalista vicedirettore di Sky Tg24; prof. Francesco Vaia, direttore dell'Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani. A moderare il giornalista Giancarlo Loquenzi.
L'evento è stato molto incisivo e concentrato sul vaccino anti-covid e sulle modalità organizzative e applicative di questa applicazioni, ma con una frequente annotazione, almeno per l'Italia, sugli eccessivi veti posti in nome della privacy da parte dell'Autorità sulla Protezione dei Dati.
«Il Green Pass è la punta dell'iceberg di un dramma che si chiama privacy. Ma di che cosa stiamo parlando? veniamo ascoltati, seguiti e chiamati per qualsiasi pubblicità e poi non possiamo neanche chiamare direttamente le persone per sollecitarle a fare la terza dose perchè violiamo la privacy!», ha affermato perentorio Guido Bertolaso, coordinatore della campagna vaccinale della Lombardia.
E sempre sul filo dell'eccesso di tutela della privacy e della burocrazia indotta, Bertolaso ha esortato a «uscire da questa situazione: bisogna superare certi nodi. Un medico vaccinatore ogni volta che fa l'inoculazione del vaccino a una persona deve compilare ben 11 fogli di carta. E se i vaccini a disposizione sono quattro, arriviamo a 44 fogli: moltiplicate i milioni di vaccinazioni inoculate per 11 fogli ogni volta e capite che così distruggiamo l'intera Amazzonia. Serve più digitalizzazione, guardiamo a quello fa Israele». Ed ha inoltre detto che «i numeri dicono che solo attraverso la vaccinazione teniamo sotto controllo il Covid: la terza dose, infatti, serve a ridurre il Covid a un banale raffreddore. Quindi, propongo di ritirare il green pass a chi non fa la terza dose».
Il medico Arnon Shahar, capo della Task-force anti-Covid del Maccabi Healthcare Services d'Israele, ha detto: «Sapevamo che la gente in Israele avrebbe falsificato i certificati di vaccinazione anti-Covid. Abbiamo usato la via digitale, i data base: chi si vaccina non ha bisogno di carta e penna, un infermiere clicca su un telefono e l'informazione confluisce subito sulla cartella clinica unica della persona, il suo medico quindi sa che è vaccinato, il ministero pure. Non ci interessano i dati delle persone, ma l'accessibilità e la facilità del meccanismo. Per ottenere risultati si deve cedere qualcosa sulla privacy».
Ed ancora ha riferito che è stato «importante capire che bisognava concretizzare una connessione tra ospedali e territorio, comprendere dove dare la cura, non portare tutti in ospedale. Adesso diamo anche i monoclonali a casa». E rispondendo a una domanda se sia stato giusto affidare a un militare la gestione della campagna vaccinale in Italia, Arnon Shahar ha commentato: «Quello che conta è il risultato. E il risultato c'è stato».
Sempre su questo fronte ha rilevato che «i cyber attacchi agli ospedali continueranno ad esserci. Non usare il digitale è però come dire non attraversare la strada». E ha poi spiegato la velocità e capacità di azione di Israele contro il Covid ricordando che «nel mio Paese c'è una forma mentis abituata a fronteggiare le emergenze».
Poi ha sottolineato che «i bambini che sentono parlare di virus e morti, hanno paura. E ci chiedono il vaccino per tornare a vita normale, ci chiedono di proteggerli», ha testimoniato Arnon Shahar, Capo della Task-force anti-Covid del Maccabi Healthcare Services, una delle principali mutue israeliane. «Da alcuni mesi stiamo già vaccinando i bambini sotto i 12 anni con problemi d'immunità», ha detto il medico, annunciando che domenica Israele deciderà di avviare la vaccinazione per la fascia d'età 5-12 anni. Ma a un certo punto arriveremo anche sotto i cinque».
Shahar ha in particolare condiviso le buone pratiche israeliane sulla vaccinazione insistendo soprattutto sulla valenza e utilità della digitalizzazione della sanità israeliana, che ha permesso di organizzare la vaccinazione, evitando frodi, permettendo la massima accessibilità per i pazienti e la raccolta dati sui risultati condivisa con gli altri paesi. Con la digitalizzazione», ha spiegato, «tutto il sistema si parla, è aggiornato e si possono monitorare migliaia di pazienti, chiamare a casa le persone perchè si vaccinino».
Un altro fattore cruciale, ha detto il medico israeliano, è «la velocità delle decisioni sulle misure da prendere, ma anche il sapere essere coraggiosi. La decisione della terza dose non è stata facile, il Governo di Israele è stato coraggioso, la velocità della decisione è stata importantissima», ha rimarcato, ricordando che «Israele è stato il primo ad avviare la dose 'booster'. La terza dose serve a evitare nuove ondate», ha detto Shahar ricordando che «in Israele la scelta di vaccinare per fasce d'età, che è stata condivisa con l'Italia, e in particolare nei frequenti contatti con Lazio e Lombardia. Ne abbiamo parlato a lungo con l'assessore D'Amato. Gli ho detto: vedrai ci saranno pressioni. Noi siamo stati molto rigidi e questo ha facilitato la vaccinazione evitando le richieste di fare eccezioni», ha spiegato. Shahar ha detto di essere «convinto che siamo più vicini alla fine della pandemia che al suo inizio».
«Noi siamo stati i primi nel mondo ad iniziare la campagna vaccinale e per questo per primi abbiamo capito che l'immunità cala cinque mesi dopo la seconda dose. Per questo siamo partiti con la terza dose dal primo agosto per gli over 60 e gli operatori sanitari. Poi con la quarta ondata, avuta in Israele, abbiamo deciso di ampliare la vaccinazione per tutte le età», ha detto ancora Arnon Shahar.
Il prof. Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani, eccellenza italiana sul fronte del Covid, ha tra l'altro detto che «Bisogna pensare oggi come tornare ad una normalità. Siamo già a buon punto grazie alla grande capacità del nostro sistema sanitario. Bisogna ampliare la fascia dell'obbligo vaccinale, soprattutto per chi ha rapporti con il pubblico». Poi ha accesso un ‘alert': «lancio un appello anche alle case farmaceutiche affinché possano spingere per aggiornare il vaccino alle varianti. Questo sarà un modo per convincere i cittadini che il vaccino è efficiente e adeguato. Bisogna fare la terza dose e far capire che è la scienza che guida e non gli interessi. Siamo verso la fine della malattia. Forse ci sarà bisogno di richiami annuali con il vaccino aggiornato, come accade per l'antinfluenzale. Bisogna prepararsi alla lotta di resistenza ad antibiotici e ad altre pandemie».
Da parte sua l'assessore alla Sanità della Regione Lazio, alessio D'Amato, dopo aver rilevato che «c'è confusione su scadenza green pass. La terza dose va fatta prima della scadenza», ha sottolineato che «è importante fare squadra e che ci sia un confronto con migliori esperienze come quella di Israele. Conosciamo tutto dei cittadini. Andranno fatte scelte per poter arrivare a un giusto equilibrio per la tutela della privacy. Bisogna farlo se vogliamo spingere sul digitale per gestire i dati che abbiamo».
«Nel Lazio ci attendiamo un aumento dei contagi. Anche i dati di oggi mostrano un'incidenza in aumento anche se con una pressione ospedaliera sotto controllo», ma con una vena d'ottimismo D'Amato ha previsto che «sarà un Natale migliore rispetto allo scorso anno, ma non bisogna abbassare la guardia». Per questo «chiediamo che chi ha superato i 180 giorni faccia la terza dose di vaccino - ha ribadito D'Amato -. Ad oggi il richiamo viene fatto agli over 60 e a chi ha fatto il vaccino Johnson&Johnson, purché siano passati 180 giorni, indipendentemente dall'età», ha concluso.
Aprendo il confronto, Stefano Parisi, presidente di 'Ricostruire', ha posto in evidenza «i risultati molto importanti conseguiti dal collegamento e confronto con Israele. Ma ora bisogna parlare guardando al futuro perché le pandemie saranno nella nostra agenda e bisogna agire per evitare disastri». Parisi ha anche annotato che «da un lato abbiamo misurato l'enorme frammentazione dei nostri sistemi digitali e, l'altro, l'aumentata sensibilità degli italiani».
Il ministro plenipotenziario Alon Simhayoff ha ricordato che «sin dall'inizio della pandemia abbiamo portato i medici iosraelin in Italia e poi ogni due settimana i ministeri della Sanità dei due Paesi si sono confrontati e scambiati informazioni». Ed anche il numero due dell'Ambasciata d'Israele in Italia ha insistito sulla «esigenza di puntare tutto sulla digitalizzazione dei sistemi sanitari».


Fonte: Redazione
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