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Iraq: Papa tra chiese e opere d'arte distrutte

05-03-2021 11:00 - Opinioni
Mosul, monastero di San Giorgio di Cappadocia distrutto dai jihadisti Mosul, monastero di San Giorgio di Cappadocia distrutto dai jihadisti
Mosul, monastero di San Giorgio di Cappadocia distrutto dai jihadisti Mosul, monastero di San Giorgio di Cappadocia distrutto dai jihadisti
Erbil, Cittadella in restauro Erbil, Cittadella in restauro
Erbil, reperto archeologico esposto nel museo locale Erbil, reperto archeologico esposto nel museo locale
Erbil, Facoltà di Archeologia Erbil, Facoltà di Archeologia
GD - Baghdad, 5 mar. 21 - La visita del Pontefice in Iraq, cominciata oggi, è carica di significati per l’intera umanità. Si tratta di portare speranza e pace là dove questi valori stentano ad affermarsi in maniera compiuta, malgrado l’assistenza internazionale. Uno messaggio collaterale, ma certamente non secondario connesso al viaggio papale, è quello della ricostruzione dei luoghi di culto e del recupero delle opere d’arte cristiane e non che i jihadisti hanno disperso, infatti la guerra in Siria ed in Iraq contro il cosiddetto Califfato, a prescindere dall’esito sul terreno, ha avuto un grande sconfitto: il patrimonio culturale.
Lo hanno compreso bene i visitatori della mostra “Culture under Attack ” all’Imperial War Museum, svoltasi tra il 2019 e il 2020 a Londra. Nella sezione dedicata all’Iraq spiccava il Leone ruggente di Mosul, replica in miniatura di una statua colossale di oltre tremila anni, collocata in origine all’ingresso del tempio di Nimrud dedicato alla divinità sumera Inanna – Ishtar, la dea dell’amore, della fecondità e della guerra identificata con la stella Venere, signora di Accad e di molte città della Mesopotamia.
Il Leone, custodito nel museo di Mosul, venne distrutto con altri manufatti al momento della conquista della metropoli del nord dell’Iraq da parte dei gruppi jihadisti nel 2014. Con lo scopo di preservare la memoria del patrimonio perduto, la ricostruzione è stata modellata prendendo spunto da foto scattate dai visitatori nel museo iracheno in tempi più felici e stampata in 3-D come parte del progetto di architettura digitale di Google Arts and Culture.
Sul vulnus inferto al patrimonio artistico durante i conflitti, Nicola Neri, docente di Storia delle Relazioni Internazionali, di Storia della Guerra e delle Istituzioni Militari, al Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Bari, ha detto: “Nella stagione della guerra asimmetrica e mediatica mettere nel bersaglio i tesori d'arte, che spesso sono anche di carattere religioso, è un'azione bellica di grande impatto, in termini di comunicazione globale, di demoralizzazione del nemico e di tattica psicologica in generale. I luoghi d'arte e di culto sono quelli nei quali si aggrega l'identità e la memoria collettiva. Sono il certificato storico di una comunità, sia essa nazionale o tribale, essendo il retaggio delle generazioni che ci hanno preceduto e che sostanziano il nostro profilo culturale”.
Neri ha concluso la sua analisi dicendo che “sottrarre i beni di valore artistico significa deprivare dell'identità, un crimine appena inferiore a togliere la vita stessa. Non è per caso che il diritto delle operazioni militari protegga espressamente i tesori artistici e i luoghi di culto, e condanni come crimine la loro violazione, proprio perché la loro salvaguardia e sicurezza sono considerate un interesse primario”.
Malgrado tutto, sarebbe ingiusto ascrivere Paesi come la Siria e l’Iraq alla sola categoria della problematicità senza evidenziarne però la loro struggente bellezza. Agatha Christie (1890-1976) negli anni '30 del Novecento decise di accompagnare il suo secondo marito, il giovane archeologo Max Mallowan, nelle sue spedizioni di scavo in Medio Oriente. Ne nascerà un libro di memorie intitolato “Viaggiare è il mio peccato” (Mondadori) che racconta la singolarità di un’esistenza tanto diversa dalla vita in Europa. Il resoconto dei viaggi sarà ripreso nel 1944 e pubblicato nel 1946 per il desiderio di tornare a immergersi in quegli anni avventurosi e felici ed eludere, almeno con la fantasia, le tristi giornate della Seconda Guerra Mondiale. Contemplando il bacino tra i fiumi Khabur e Jaghjagha la 'signora del giallo' scrive: “Queste giornate d’autunno sono tra le più belle che io abbia mai visto. Fa freddo. Ho addosso due maglie e un cappotto di lana pesante. La luce è dolcissima: un tenue rosa sfuma i bruni e i grigi. Dalla sommità si spazia su un mondo apparentemente disabitato. Qui, dove oggi soltanto le tribù nomadi si accampano con le loro brune tende, un tempo ferveva la vita. Qui, circa cinquemila anni or sono, era il fermento del mondo. Qui, ebbe inizio la civiltà.”

Vincenzo Legrottaglie
Giornalista ed esperto di Medio Oriente


Fonte: Vincenzo Legrottaglie
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