05 Maggio 2024
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IDI: conclusa conferenza su ruolo donne nell’intermediazione diplomatica

21-10-2022 12:01 - Ambasciate
GD – Roma, 21 ott. 22 - Si sono conclusi a Roma i lavori della Conferenza Internazionale Multilaterale dedicata al ruolo delle donne nell'intermediazione diplomatica dei conflitti, promossa dall'Istituto Diplomatico Internazionale. I vari esperti sono intervenuti per esaminare gli aspetti politici, diplomatici, giuridici, economici e sociali relativi all'universo femminile nelle numerose zone dove ancora tutte le crisi mettono a rischio il vivere civile. Un tavolo di lavoro predisporrà un documento finale che sarà pubblicato su supporto digitale e cartaceo e trasmesso all'ECOSOC e ai Governi dei Paesi che hanno partecipato alla Conferenza, alla Commission on the status of Women delle Nazioni Unite e messo a disposizione del pubblico nazionale e internazionale.
I vari relatori hanno affrontato il tema sull'impegno delle donne per portare pace e sicurezza nei vari Paesi. Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche, Di Segni, in Italia ha ragionato su come nella quotidianità avvenga il cambiamento. E ha utilizzato come esempio un'immagine dell'Università di Gerusalemme. “Donne, madri, giovani, cristiane e musulmane che studiano in biblioteca”, ha spiegato la Di Segni, “ e allattano i propri figli, insieme. Così per me portano avanti un messaggio di pace”.
Nel suo intervento Magbule Sadri-Shkodra, dondatrice di Women with Impact Kosovo, ha affermato che “il suo Paese è il più giovane nel mondo”. E sono già state elette due donne alla presidenza della Repubblica. “In questi casi è cruciale il ruolo della società, delle donne che in prima persona decidono di andare oltre le barriere imposte”, ha detto, “e diventano indipendenti, a partire dall'economia”.
La cantante israeliana Noa ha sottolineato “la necessità di smettere di pensare alle donne come elemento di tentazione, meno forti, più vulnerabili, come le Sirene nell'Antica Grecia che tentavano e seducevano gli uomini”. E facendo riferimento al sempre vivo conflitto israelo-palestinese, l'artista ha aggiunto: “Anch'io posso lottare con la mia vita per la pace. Anch'io, come donna, come persona, voglio riuscire ad affermare una pace che sia globale”.
Isabel Recavarren, direttrice di CEFIAL – UE & Panoràmica Latino-America, del Perù, ha analizzato tutto il percorso effettuato nei rapporti tra Europa e America Latina contro la disuguaglianza di genere. La relatrice ha, inizialmente, incentrato il suo intervento sul tema della povertà, e Recavarren ha evidenziato come la povertà sia collegata alla disuguaglianza. ”Oggi è stata creata una rete Euroamericana di donne, perché è stata riscontrata una necessità di essere maggiormente operativi. Chi meglio delle donne può capire cosa significhi subire una violenza, vivere nelle disuguaglianze e agire per risolverle”, ha precisato.
Nicole Bwatshia Ntumba, vicedirettrice dell'Ufficio di gabinetto del presidente, incaricata delle questioni politiche, giuridiche e diplomatiche della Repubblica Democratica del Congo, si è soffermata sulla differenza tra stato giuridico e socio culturale di norme a tutela delle donne. “Essere utilizzata per abbellire, questa è la resistenza culturale e sociale”. Ntumba si è poi domandata il perché vengano sottoscritte risoluzioni che poi restano lettera morta.
Eduard Tschan, rappresentante del Libano all'IMC International Medical Campus degli USA, nel suo intervento ha parlato del ruolo delle Organizzazioni non Governative (ONG) in contesti di pace e sicurezza e del ruolo delle donne. “A partire dall'Illuminismo le donne hanno iniziato a distinguersi nella società. Oggi l'Ucraina ha il 22% del personale femminile impiegato nel conflitto contro i russi”, ha detto rilevando che “oggi, le priorità nell'ambiente internazionale sono sicurezza e protezione e l'empowerment delle donne”.
Nella sessione pomeridiana della Conferenza sono intervenuti altri relatori ed esperti che hanno discusso di diplomazia formale e informale a livello internazionale. Il focus è stato fatto sul posizionamento delle donne professioniste nelle statistiche dei Paesi target e su quali azioni si possono intraprendere.
La dott. Ilhamallah Chiara Ferrero, già segretario generale del CO.RE.IS Comunità Religiosa Islamica d'Italia, ha concentrato il suo intervento sulla mediazione diplomatica e il coinvolgimento delle donne in contesti internazionali di crisi e di guerra. “Il cambiamento del punto di vista con cui si guarda il mondo rende naturale il fatto che ci disorienti per questo è importante conoscersi, affinché questo disorientamento non venga strumentalizzato per imporre le proprie regole e la propria cultura”. Ferrero ha poi posto l'accento a livello socio-culturale sulla questione del velo sottolineando come “in questi anni si siano creati dei problemi nel legare l'empowerment femminile della donna musulmana solo con la libertà di poter togliere il velo. Quest'ultimo potrebbe rimanere una bandiera identitaria”. Inoltre ha affrontato la questione della leadership femminile: “Le donne musulmane oggi si confrontano con una maggiore visibilità rispetto al passato”, ha ricordato l'ospite durante il suo discorso, sottolineando l'importanza di conservare il patrimonio che si rappresenta e raccomanda di “fare attenzione a non confondere la visibilità di una funzione pubblica con i cambiamenti che auspichiamo per la nostra società”. “Le religioni, Islam compreso, possono diffondere contenuti positivi perché custodiscono naturalmente una ricchezza semantica e concettuale. Da un lato si assiste a un ritorno agli Stati confessionali che, con la scusa di difendere le religioni cercano di affermarsi a livello internazionale; dall'altro, invece, la delegittimazione dei rappresentanti religiosi che devono corrispondere a categorie quantitative e di rappresentatività numerica dei fedeli”,ha proseguito annotando che “oggi, c'è la tendenza a politicizzare la religione. Le diverse divisioni tra i popoli e la strumentalizzazione delle religioni per fini di potere hanno deteriorato gli scambi che rappresentano la ricchezza di ogni civiltà. In un panorama così complesso i cittadini italiani musulmani possono promuovere una cultura della pace, che passi anche attraverso il contrasto alle violenze alle discriminazioni delle donne”.
L'on. Mimoza Hajdarmataj, amministratore delegato e co-fondatrice di WPS-Women in Public Service in Albania, si è focalizzata sulla situazione nel suo Paese, ricordando come esso abbia “attraversato la dittatura più dura d'Europa, sia riuscito a diventare membro della NATO e sia molto vicino ad aprire un negoziato con l'UE”. Tuttavia, ha aggiunto, “nonostante i risultati storici degli ultimi 30 anni, dobbiamo ancora affrontare i numerosi problemi che caratterizzano la nostra democrazia. Credo fermamente che le donne abbiano un potenziale incredibile al fine di favorire la crescita dell'Albania; tutto ciò di cui hanno bisogno è supporto, responsabilizzazione e visibilità”. Inoltre ha detto che “la mia lunga esperienza nell'amministrazione, in politica e ora nel settore della società civile, così come quelle che ho visto e affrontato quotidianamente dai continui contatti con donne e ragazze del mio Paese, mi hanno reso realista e pessimista allo stesso tempo”.
Con il 45,5% di donne in posizioni ministeriali, l'Albania è tra i primi 10 Paesi al mondo in questa particolare classifica. I dati empirici suggeriscono che più le donne occupano posizioni di potere, più il dialogo politico diventa civile e collaborativo, con un maggiore rispetto per la diversità e gli oppositori e una ricerca più sistematica di un terreno comune su questioni che riguardano le persone vivono al di là delle divisioni politiche.
Poi ha proseguito: “Ma penso che non siamo ancora dove dovremmo essere, volete che vi dica cosa ancora succede in Albania? Persistono ampi divari di genere riguardo alle opportunità economiche, vi è uno scarso coinvolgimento nella forza lavoro. Le donne svolgono, inoltre, quasi quattro volte in più rispetto agli uomini lavori non retribuiti, e nel settore “formale” il divario retributivo di genere è del 10,1% a favore degli uomini. La violenza contro donne e bambine rimane una delle questioni più urgenti nella società albanese. I dati disponibili mostrano che almeno una donna su due ha subito una qualche forma di violenza, comprese violenze domestiche o sessuali, molestie, violenze da parte del partner, matrimoni infantili e/o forzati e reati assimilabili al concetto di stalking”.
L'on. Mimoza Hajdarmataj ha ricordato ancora che il 2021 è stato un anno triste per le donne albanesi. Perché i livelli di povertà, disoccupazione, violenza e pressione nei loro confronti, la diminuzione del sostegno economico, le scarse opportunità educative stanno crescendo. Molte famiglie emigrano ogni giorno per mancanza di possibilità di costruire il proprio futuro nel loro Paese. Occorre, dunque, varare riforme efficaci al fine di uscire da questa situazione. Qui la cooperazione di genere deve superare ogni sfida, uomini e donne dovrebbero collaborare di più, perché lo sviluppo e l'empowerment delle donne contribuisce allo sviluppo e all'empowerment del Paese. Nello specifico, si parla di diritti quali lavoro, istruzione e partecipazione politica. Nelson Mandela ha affermato che l'istruzione è l'arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo, non diversamente da un proverbio africano dice: “Se educhi un uomo, educhi una persona, ma se educhi una donna, hai educato una nazione”.

L'on. Mbagnick Ndiaye, già ministro della Cultura e della Comunicazione del Senegal, durante il suo intervento ha spiegato come il suo Paese abbia compiuto numerosi passi avanti nel campo della parità di genere nel corso dei suoi 60 anni di indipendenza. “Il Senegal è un Paese pioniere nel mantenimento della pace. Le donne sono integrate nelle Forze di Sicurezza e di Difesa. La donna è nel cuore del sistema di sicurezza e occupa posizioni strategiche estremamente importanti”, ha precisato. I progressi fatti dal Senegal nel campo dell'emancipazione femminile sono rilevanti in un contesto come quello africano, largamente dominato dagli uomini.


Fonte: IDI
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