05 Maggio 2024
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Festival Diplomazia: guerra Ucraina, Cina, microprocessori cambiano geopolitica

22-10-2022 20:50 - Ambasciate
GD - Roma, 22 ott. 22 - La guerra in Ucraina, la Cina e l'innovazione tecnologica: sono tre fattori che stanno cambiando, ed in alcuni casi è già cosa fatta, la geopolitica mondiale. Lo sta mettendo in luce il XIII Festival della Diplomazia in corso a Roma fini al 28 ottobre, che ha quest'anno un obiettivo preciso: aiutare i cittadini a comprendere i perché dei cambiamenti, si tratti di quelli geopolitici ed economici o di quelli naturali come le trasformazioni climatiche e possano valutare se chi governa adotta le politiche adeguate.
In un confronto diretto tra il mondo diplomatico che su quei cambiamenti raccoglie ed analizza tutti gli elementi e chi è chiamato ad affrontarli, governi, imprenditori, ma anche studenti, giornalisti, addetti ai lavori e chiunque voglia scoprire e capire che cosa succede nel dietro le quinte della governance internazionale. Oltre 100 occasioni di dialogo e confronto in 25 sedi diverse (festivaldelladiplomazia.eu).
​Sulla guerra in Ucraina, alla luce dei molti interventi tra diplomatici ed esperti internazionali, tra cui quello dell'ambasciatore ucraino in Italia, Yaroslav Melnyk, la conferma è che nessuno può immaginare cosa accadrà. La popolarità di Vladimir Putin non sembra essere stata scalfita dagli insuccessi di quella che si continua a chiamare “operazione militare speciale”, e questo perché il popolo russo sembra non essersi ancora reso conto della possibilità che le truppe russe possano essere sconfitte.
Per questo al momento non si può pensare ad una sollevazione interna. Quanto alla strada che sceglierà la Russia una volta che la guerra sarà finita, i tentativi di capire cosa accadrà si intrecciano con quelli sulla Cina.
​La Repubblica Popolare di Cina condivide con l'India ed altri Paesi più piccoli l'obiettivo russo, che è di impedire agli Stati Uniti di essere il leader unico di un mondo unipolare, e per questo ha più volte negato di fornire a Mosca armamenti. Al momento - come è emerso dagli interventi ad alto livello al Festival - la Cina è soprattutto preoccupata per l'effetto delle sanzioni americane che impediscono a chiunque di venderle microprocessori - o macchine per produrli- di grande potenza, indispensabili per proseguire le ricerche per la realizzazione e l'utilizzo dell'intelligenza artificiale, indispensabile in settori critici a cominciare da quello della difesa.
La Cina i microprocessori li produce, ma di potenza inferiore a quelli di Stati Uniti, Corea e Taiwan, tutti realizzati sulla base di brevetti USA.
​Proprio i microprocessori - e in generale tutta la più performante innovazione tecnologica - sono un altro dei fattori che stanno cambiando la geopolitica. Il principale produttore, sulla base di brevetti statunitensi, è Taiwan, che ne sforna all'incirca l'80% del mercato mondiale, compreso quell'1% di chip di altissimo livello indispensabili per l'industria della difesa e aero-spaziale.
Avere un solo fornitore, e il caso del gas russo destinato all'Europa è l'esempio sotto gli occhi di tutti, è un rischio, perché chi lo possiede può chiudere il rubinetto quando vuole. La Cina ripete in ogni occasione che prima o poi Taiwan ritornerà “alla madrepatria”, diventerà cinese, e questo crea insicurezza e momenti di alta tensione cino-americana con rischi di guerra a tutta l'Asia.
Ci si chiede: cosa potrebbe accadere se Pechino avesse una potenza militare del medesimo ordine di grandezza di quella americana?
​Come per il gas russo - è la sottolineatura che viene dal Festival della Diplomazia - nel caso di crisi dei microprocessori a farne le spese nella maniera più pesante sarebbe l'Europa, che non ne produce. L'obiettivo è di produrre il 20 per cento del totale del mercato mondiale entro il 2030, e per questo l'Unione Europea ha annunciato da poco aiuti per 43 miliardi di euro di investimenti. In questo quadro L'UE ha dato il via libera nelle scorse settimane alla realizzazione di un nuovo impianto per la produzione di chip che sarà realizzato dalla STMicroelectronics. Costerà 292,5 milioni di euro e darà lavoro a 700 persone.

Carlo Rebecchi


Fonte: Carlo Rebecchi
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