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FAO: pescare pensando al futuro nel Mediterraneo

01-03-2022 16:15 - Economia
©FAO Alessandro Penso ©FAO Alessandro Penso



Romeo Mikičić pesca nelle acque azzurre del Mare Adriatico da oltre 40 anni. Padre di due figli, ha una vera e propria passione per il mare. La sua è l’ultima di una serie di generazioni di pescatori da sempre stanziate sull’isola di Cres, una delle oltre mille isole della Repubblica di Croazia che dipendono dalla pesca per la loro sussistenza.

Negli ultimi anni, tuttavia, Romeo e altri pescatori del Mediterraneo hanno iniziato a preoccuparsi per il loro futuro. Le popolazioni locali di pesci e crostacei, la loro fonte di sostentamento, sono state duramente colpite dalla pesca eccessiva e dai cambiamenti climatici.

“La pesca è molto importante in Croazia. Negli anni 1990, fino ai primi anni del nuovo millennio, si poteva pescare bene, ma poi il pesce ha cominciato a scarseggiare sempre più,” racconta Romeo, che è a capo dell'associazione nazionale croata di riferimento per 200 pescherecci a strascico. “Siamo stati costretti a importare pesce per integrare le forniture nell'area, soprattutto nei mesi estivi, durante la stagione turistica.”

Da anni, la FAO raccomanda l’adozione di un nuovo approccio nella gestione delle preziose risorse marine del Mediterraneo, al fine di preservare gli stock ittici e altre risorse che garantiscono la sopravvivenza dicentinaia di migliaia di persone.

Attraverso la Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (GFCM) e una rete di progetti sul campo, come AdriaMed e MedSudMed, la FAO ha guidato una serie di iniziative e ha fornito assistenza perla promozione di una pesca e un'acquacoltura sostenibili, sia nel Mar Mediterraneo che nel Mar Nero. La posta in gioco è alta. Stando al rapporto “Stato della pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero 2020” della GFCM, il 75 percento degli stock ittici ha risentito di uno sfruttamento eccessivo della pesca.

“Vogliamo avere la certezza che i pesci si riproducano prima di essere catturati, perché questo è fondamentale per la sostenibilità della pesca sul lungo periodo,” sostiene Elisabetta Betulla Morello, funzionario FAO per le risorse ittiche presso la GFCM.

Gestire la pesca è un compito complesso poiché molte specie acquatiche si spostano attraverso i confini internazionali, soprattutto in risposta ai cambiamenti climatici. Due innovativi progetti della FAO stanno diventando un modello per la cooperazione verso un uso e una conservazione sostenibili delle risorse: AdriaMed, nel Mare Adriatico, e MedSudMed, nel Mediterraneo centrale.

Il principale risultato della collaborazione tra Croazia e Italia, dopo 15 anni di studi e di consultazioni di carattere scientifico, che hanno previsto il coinvolgimento di vari governi, dell’Unione europea, di scienziati, pescatori e organizzazioni non governative, è stata la firma di un accordo bilaterale per proteggere gli stock ittici e i loro habitat nell’Adriatico settentrionale. Al termine del processo, promosso dalla FAO e dai paesi partecipanti al progetto AdriaMed, i paesi membri della GFCM hanno istituito, nel 2017, una zona di pesca regolamentata (ZPR). Quest’area, ora divenuta permanente, è riconosciuta in tutta la regione come un modello di cooperazione e di gestione efficiente del territorio.

L'area, che abbraccia le acque circostanti l’isolotto vulcanico di Pomo (Jabuka in lingua croata), è una zona di interdizione della pesca di 1 400 chilometri quadrati, nota come Fossa di Jabuka/Pomo, che è diventata territorio di riproduzione del nasello comune e dello scampo. La pesca con reti a strascico è vietata in modo permanente e altre attività di pesca sono limitate a determinati periodi dell’anno. Le imbarcazioni responsabili delle ispezioni in mare e le unità della guardia costiera pattugliano la zona e fanno valere le restrizioni, al fine di contrastare il declino della straordinaria biodiversità del Mediterraneo.

Si tratta di una situazione vantaggiosa per l'ambiente, ma anche per i pescatori, i quali, grazie al recupero della biodiversità, traggono profitto da un pescato sempre più abbondante e di pregio.

A detta di Romeo, i pescatori hanno già notato la differenza. “La situazione è in via di miglioramento,” afferma. “Senza questo accordo, credo che avremmo danneggiato irreversibilmente il nostro habitat e non oso nemmeno pensare alle conseguenze.”

La creazione di quest’area di restrizione permanente della pesca è frutto di trattative tra governi, responsabili politici, pescatori e altri soggetti, nonché di una crescente accettazione dell'approccio ecosistemico nella gestione della pesca, promosso dalla FAO attraverso la GFCM e il progetto AdriaMed.

Ante Mišura, Direttore della Pesca presso il Ministero dell’Agricoltura croato, descrive l'accordo come un grande cambiamento.

"Credo fermamente che la proclamazione della zona di pesca regolamentata di Jabuka/Pomo abbia rappresentato un punto di svolta fondamentale per la gestione delle risorse dell’Adriatico,” ha dichiarato. “È stato raggiunto un consenso unanime sulla direzione da prendere e tale risultato scaturisce dal successo di questo schema di gestione.”

Riccardo Rigillo, Direttore Generale della Pesca marittima e dell’Acquacoltura presso il Ministero italiano dell’Agricoltura e delle Politiche agricole, sostiene che la zona di pesca regolamentata di Jabuka/Pomo rappresenta “un modello efficace” di gestione della pesca.

“La zona di interdizione della pesca attorno alla Fossa di Jabuka/Pomo è frutto della stretta collaborazione tra le amministrazioni nazionali di Italia e Croazia, senza contare l’importante coinvolgimento e la partecipazione attiva delle parti interessate,” ha aggiunto Rigillo.

Italia, Libia, Malta e Tunisia sono paesi costieri che storicamente si contendono le risorse marine. Con il sostegno di un altro progetto della FAO, denominato MedSudMed, negli ultimi anni, questi paesi hanno collaborato per raccogliere informazioni e utilizzare criteri comuni per la gestione di risorse marine condivise, operando con la GFCM per potenziare le misure di gestione comuni.

“Sono del parere che alla base del successo vi sia la cooperazione,” afferma Betulla Morello. “L'area di Jabuka/Pomo è un esempio calzante di migliore prassi nel campo della cooperazione internazionale, un modello per molti altri paesi e per tutta la regione.”

Quasi 1,8 milioni di chilometri quadrati di habitat marini sono oggi protetti da 10 ZPR create dalla GFCM nel Mediterraneo e nel Mar Nero.

Nel 2016, grazie al progetto MedSudMed della FAO e alla GFCM, le iniziative di Italia, Libia, Malta e Tunisia hanno portato all’adozione del primo piano di gestione plurinazionale del Mediterraneo per la pesca con reti a strascico e la protezione delle aree di pesca vulnerabili.

La FAO si impegna a proseguire le attività volte a far incontrare le parti interessate del settore alieutico di varie regioni, rafforzando, al tempo stesso, le capacità e condividendo conoscenze scientifiche.






Leggi online: https://www.fao.org/fao-stories/article/it/c/1474934/

Fonte: FAO
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