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EU: nasce Esercito Europeo: 5.000 uomini e una «bussola strategica»

23-10-2021 21:09 - Opinioni
GD – Roma, 23 ott. 21 - Nasce l’Esercito Europeo con 5.000 uomini e una «bussola strategica». La «EU Intervention Force» sarà a pieno regime entro il 2025 e avrà capacità di proiezione strategica, anche sull’indo-pacifico. Sarà bene porre una condizione: per difendere i valori e gli interessi dell’Europa, è necessario rinnovare anche il linguaggio della diplomazia e del multilateralismo-
«Strategic compass», questo è il nome del progetto annunciato da Joseph Borrell, Alto Rappresentante per Politica Estera e di Sicurezza dell’UE, con cui a fine novembre sarà presentato il nuovo modello di difesa europeo alla riunione dei Ministri della Difesa e degli Esteri, per poi concretizzarsi con l’approvazione del Consiglio Europeo del marzo 2022.
Lo strumento militare sarà quindi la «EU Intervention Force», con lo Stato Maggiore a Bruxelles e una forza operativa di cinquemila unità, che dovrà essere a pieno regime entro il 2025. Si tratterà, ovviamente, di una forza integrata, multidimensionale, che prevede anche una serie di nuovi supporti tattici e strategici.
Per il primo livello tattico, nel progetto di difesa avrà un ruolo centrale un nuovo modello di carro armato europeo, il «Main Battel Tank», mentre a livello strategico sono previste altre progettualità: 1) un «Defense Innovation Hub», una centrale dell’industria europea della Difesa; 2) una «Platform Space Observation» per la minaccia sugli spazi marittimi e aerei, 3) il piano «Countering Hybrid Threats» per la “minaccia ibrida” e la cyberwar.
In definitiva, si tratta di un progetto che sembra dare un senso concreto all’idea di una effettiva “autonomia strategica”, dove il sistema decisionale sarà l’Ad hoc Coalition. Si tratta della «coalizione dei volontari», ovvero della “cooperazione rafforzata” che nell’ambito della politica estera e di difesa dell’UE già consente ad un numero anche ristretto di Paesi di “andare avanti” in un’intesa, anche se non condivisa totalmente dai restanti Stati membri.
Su questi profili probabilmente si svilupperà il dibattito dei prossimi mesi, laddove - è bene sottolinearlo - il progetto della “bussola strategica” è strutturato non solo sulla capacità difensiva, ma anche su quella di proiezione esterna, in un’ottica di «preventive action» della escalation delle situazioni di crisi.
E qui l’ambito di intervento ipotizzato segna una svolta e probabilmente si presterà a non poche discussioni, come è già emerso in alcune riserve espresse dai Paesi baltici che propendono per una difesa nell’ambito esclusivo della NATO. Il raggio d’azione dello strumento militare europeo potrà proiettarsi sui tradizionali ambiti euro-atlantici e del Mediterraneo, del Sahel o del Mali, del contesto mediorientale e afghano, ma anche su una prospettiva più globale. Lo stesso Borrell ha puntualizzato l’interesse strategico dell’Unione Europea ad assicurare in particolare la stabilità dell’area indo-pacifica.
Sotto questo profilo l’Europa sembrerebbe orientata a schierarsi a fianco degli Stati Uniti e degli altri Paesi dell’Aukus [acronimo inglese delle nazioni Australia, Regno Unito e Stati Uniti firmatarie del patto di sicurezza trilaterale annunciato il 15 settembre 2021 - ndd], Giappone e Australia in particolare, non solo per tutelare l’indipendenza di Taiwan, ma anche per garantirsi i flussi commerciali e di approvvigionamento del mercato globale, in cui hanno un rilevante peso strategico proprio i semiconduttori dell’isola contesa.
Questa prospettiva sarà sicuramente all’attenzione di Russia e Cina, che sono già sotto il tiro della “sfida sistemica” promossa al G7 da Biden, dall’Aukus e del Quad («Quadrilateral Security Dialogue», l’intesa tra India, Giappone, Australia e Stati Uniti). È, quindi, plausibile che Mosca e Pechino ricorreranno a contromisure, ed intanto si sono già dimostrate meno disponibili sui tavoli multilaterali, come quello promosso dal G20 a guida italiana sulla crisi afghana, promuovendo invece le loro diplomazie parallele.
Siamo comunque in una fase molto critica delle relazioni internazionali, dove certamente l’Unione Europea rischia troppo di sbilanciarsi in questa ricerca di “autonomia strategica” se la traduce esclusivamente in un progetto di “militarizzazione”. Come è stato sottolineato da Emilian Kavalski e Nicholas Ross Smith, due analisti del think tank australiano Lowy Institute, «…la militarizzazione dell'Unione Europea la renderebbe irriconoscibile. L'Unione perderebbe la sua identità di attore geopolitico creativo e guidato dai valori e inizierebbe invece ad assomigliare a una grande potenza classica con una visione del mondo regressiva e realista. Un tale cambiamento minerebbe il potere reale, normativo e trasformativo dell'Unione europea, dimenticando al contempo la storia dell'Europa e rendendola un potenziale obiettivo, nel qual caso le sue carenze di capacità la lascerebbero esposta».
Una riflessione su cui sarà bene aprire una discussione, è in ogni caso utile a rinnovare anche il linguaggio della diplomazia e del multilateralismo che l'Unione Europea ha sinora perseguito.

Maurizio Delli Santi
Componente dell’International Law Association


Fonte: Maurizio Delli Santi
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