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Emergenza Somalia, tra siccità e crisi umanitaria

24-04-2022 11:37 - Opinioni
GD – Roma, 24 apr. 22 - L’ennesima ondata di siccità si è abbattuta sulla Somalia e questa volta le risorse per fronteggiarla non ci sono. Con più precisione, l’intera regione del Corno d’Africa sta affrontando le condizioni di siccità più acute in oltre quattro decenni, dopo il fallimento di tre stagioni piovose consecutive, secondo le stime del World Food Program (WFP). Come ribadito in un recente report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change IPCC delle Nazioni Unite – principale autorità globale per la scienza del clima – le ondate di calore, la siccità e le precipitazioni estreme diventeranno più frequenti nei prossimi decenni. Tra le conseguenze più dannose del cambiamento climatico c’è la migrazione forzata di migliaia di persone, costrette a lasciare le proprie terre, ormai inabitabili, alla ricerca di un nuovo luogo in cui vivere.
È ciò che la popolazione somala sta sperimentando dall’inizio dell’anno. Una delle aree più colpite è il distretto di Luuq, situato nella regione Gedo di Jubaland, intersecato dal fiume Juba che, da più di tre mesi, vede il livello dell’acqua diminuire costantemente. Con l’evaporazione delle acque, le comunità locali – composte principalmente da agricoltori e pastori che dipendono dal fiume per il loro sostentamento – hanno visto i loro raccolti appassire e il loro bestiame morire e la fame e la malnutrizione hanno colpito in particolar modo i minori.
La Somalia è annoverata tra i paesi più vulnerabili al cambiamento climatico e si calcola che nell'ultimo decennio abbia sperimentato tre siccità acute: nel 2011, nel 2016 e nel 2021. Durante quest’ultima, migliaia di persone provenienti da zone rurali hanno camminato per centinaia di chilometri per raggiungere Mogadiscio, la capitale, per sfuggire alla fame. Il sondaggio di Save the Children del novembre 2021 ha infatti mostrato come molte famiglie per sopravvivere rinunciano quotidianamente ai pasti in 15 delle 18 regioni della Somalia. Proprio a novembre, il Governo somalo ha dichiarato l’emergenza umanitaria e il World Food Program ha avvertito che 13 milioni di persone tra Somalia e parte di Etiopia e Kenya avrebbero corso il rischio di patire la fame nel primo quadrimestre del 2022. Ad oggi, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari OCHA, circa 4,5 milioni di somali sono direttamente colpiti dalla siccità – inclusi 1,4 milioni di bambini sotto i 5 anni – e circa 700.000 persone sono sfollate.
A causa dei conflitti, di shock climatici ricorrenti ed epidemie, compresa quella da Covid-19, la situazione umanitaria in Somalia era già critica con 7,7 milioni di somali bisognosi di assistenza umanitaria e protezione. Eppure, con il peggioramento della situazione, le agenzie umanitarie temono che il focus sulla crisi ucraina possa distorcere le pianificazioni e distrarre i donatori in un momento critico per il paese dell’Africa orientale. Infatti, le Nazioni Unite prevedono che 4,6 milioni di somali non avranno abbastanza cibo entro maggio 2022. Nel loro piano di risposta umanitaria per la Somalia del 2022, l’ONU ha previsto una spesa di quasi 1,5 miliardi di dollari per fornire assistenza umanitaria a 5,5 milioni di persone più vulnerabili del paese, tra cui 1,6 milioni di sfollati interni, 3,9 milioni di non sfollati interni e persone con disabilità. Tuttavia, solo circa il 4% degli aiuti è stato ricevuto finora.
La maggior parte della popolazione attualmente sfollata vive in campi in cui le condizioni di vita sono gravose a causa della mancanza di cibo ed acqua. A fronte di ciò, il World Food Program sta aumentando i suoi interventi, con l’obiettivo di sostenere 2,5 milioni di persone con aiuti alimentari nella prima metà di quest’anno, ma potrà farlo solo se riceverà finanziamenti aggiuntivi pari a 203 milioni di dollari.
Mohammed Ahmed, direttore di Save the Children Somalia, ha ricordato come “cinque anni fa c’era abbastanza aiuto da parte della comunità internazionale”, mentre ad oggi “c’è stata una risposta adeguata. Ma questa volta, quella vigilanza non c’è. C’è un divario tra l’importo di cui abbiamo bisogno e la quantità di donazioni raccolte finora.” La guerra in Ucraina, poi, non ha fatto che amplificare le conseguenze dannose dei cambiamenti climatici. L’anno scorso, il 53% del cibo che il WFP ha ricevuto in Somalia proveniva dall’Ucraina, ma, ora che il porto di Odessa è chiuso per l’esportazione di aiuti alimentari, il WFP prevede scarsità di cibo e prezzi alle stelle per prodotti di base come grano e piselli. El-Khidir Daloum Mahmoud, direttore nazionale del WFP, ha detto a proposito: “la sofferenza umana è sofferenza umana, non importa se è in Europa o in Africa o in Asia o ovunque... abbiamo una crisi in divenire.”

Sara Scarano
Mondo Internazionale Post

Fonte: Sara Scarano
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