05 Maggio 2024
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Contro forte logorio della pace serve un nuovo ruolo per la diplomazia

21-04-2024 18:37 - Opinioni
GD - Roma, 21 apr. 24 - Da sempre la diplomazia è stata vista come qualcosa di “felpato” che si muove in silenzio, nell’ombra. Per certi versi questa percezione non è del tutto infondata perché non è nella prassi che la diplomazia comunichi al grande pubblico il proprio operato.
Fatta eccezione per alcuni casi di cronaca, come l’omicidio avvenuto in Congo dell'ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell'autista Mustapha Milambo, generalmente i cittadini non hanno alcuna idea di cosa faccia realmente la diplomazia italiana in giro per il mondo e come questa sia tutti i giorni al servizio del nostro Paese, spesso in condizioni complesse.
Per i più informati e attenti alle situazioni internazionali, la diplomazia è invece vista come ‘l'arte di negoziare per costruire e per migliorare le relazioni tra le nazioni’.
In realtà, oggi più che mai, servirebbe che la diplomazia mettesse a frutto il suo potenziale professionale e le conoscenze di geopolitica di cui è artefice per creare nell’opinione pubblica una maggior consapevolezza sulle questioni critiche che affliggono il nostro mondo.
Contestualmente la diplomazia può e deve assumere un nuovo ruolo attivo per aiutare nella risoluzione delle crisi internazionali, che si manifestano ciclicamente nelle varie aree del mondo. I diplomatici possono infatti sfruttare la loro posizione unica per concorrere a riunire i Paesi e le parti interessate intorno ad un tavolo e facilitare le discussioni tra gli attori coinvolti, prima che le cose possano degenerare verso il classico “punto di non ritorno”.
Le diplomazie possono organizzare conferenze internazionali, workshop e campagne di sensibilizzazione su questioni urgenti come le tensioni tra etnie o tra Paesi, le minacce terroristiche, eventuali crisi sanitarie locali o globali e le minacce di terrorismo informatico.
La diplomazia può giocare un ruolo di soggetto attivo per creare consapevolezza sulle potenziali minacce e favorire il consenso per le azioni da intraprendere tra le popolazioni coinvolte.
La diplomazia può aiutare, soprattutto i giovani, a comprendere le origini dei conflitti o delle tensioni tra diverse etnie o stati, per prevenire le azioni di disinformazione di massa sempre più diffuse, che creano un’immagine spesso distorta delle reali origini dei problemi.
È di pochi giorni fa il risultato di un sondaggio che attribuisce il 60% del consenso a favore dell’Iran per le forti tensioni che si sono sviluppate in Medio Oriente. Anche nelle varie manifestazioni studentesche che si sono svolte nelle università negli ultimi mesi, emerge una chiara ostilità dei giovani contro Israele e in favore prima dei Palestinesi prima e poi dell’Iran.
È certamente una contraddizione in termini perché questi giovani sanno bene che l’Iran non è un Paese democratico. La violazione dei diritti umani in Iran, specie di quelli delle donne, rappresenta la “normalità di governo” da parte del regime al potere. Con scarso senso di oggettività e di neutralità con occupazioni e manifestazioni varie, spesso violente e impositive, si contestano duramente le scelte delle università italiane di sviluppare progetti di ricerca con atenei israeliani e, al contempo, però si tace che il sistema universitario del nostro Paese ha in corso ben oltre 180 progetti di collaborazione con atenei dell’Iran.
Certamente si può contestare la reazione di Israele in Palestina, per le pesanti conseguenze sulla popolazione civile palestinese, ma senza mai dimenticare come e perché la tensione sia arrivata a questo punto.
Sarebbe auspicabile che i diplomatici utilizzassero il loro accesso ai media e alle piattaforme pubbliche per condividere informazioni e storie su questioni globali che riguardano i vari scenari internazionali, dall’Ucraina alla Palestina, ma anche in Africa, coinvolgendo la società civile, le ONG, gli scienziati e opinionisti per creare narrazioni avvincenti che catturino l'attenzione del pubblico e che aiutino a capire i retroscena dei vari eventi che si stanno verificando nel mondo.
Un settore particolarmente interessante in tal senso è quello che viene denominato “diplomazia scientifica”. Sono le situazioni nelle quali i diplomatici lavorano con gli specialisti di geopolitica, con i militari e con gli opinion leader, per colmare il divario tra la percezione diffusa nell’opinione pubblica e le decisioni politiche che vengono prese dai Governi dei vari Paesi.
Questo si può realizzare attraverso la condivisione delle conoscenze della diplomazia con il pubblico internazionale, la promozione della collaborazione internazionale e la promozione della comprensione di questioni geopolitiche complesse.
Infine, è importante ricordare che la diplomazia non riguarda più solo i Governi. I programmi di “diplomazia dei cittadini” e di “diplomazia culturale” possono mettere in contatto persone di Paesi diversi, favorendo lo scambio e la comprensione culturale. Questa consapevolezza di base può creare una cittadinanza globale più informata e impegnata per risolvere le tensioni che purtroppo non mancano nello scenario mondiale.
Abbracciando questa nuova modalità operativa, la diplomazia può svolgere un ruolo cruciale nella sensibilizzazione alle sfide globali, nella promozione della cooperazione internazionale e, in ultima analisi, nella creazione di un mondo più consapevole, pacifico e sostenibile.
La diplomazia eccelle nel promuovere il dialogo e nel trovare un terreno comune, facilitando le discussioni sulle sfide globali. I diplomatici possono contribuire a stabilire norme e buone pratiche internazionali utilizzando le loro conoscenze e le relazioni internazionali di cui sono depositari.
Questa consapevolezza può portare alla realizzazione di azioni coordinate su questioni come i diritti umani e lo sviluppo sostenibile, che sono elementi fondamentali per la pace e per lasciare un mondo migliore alle generazioni future.

Ciro Maddaloni
Esperto di eGovernment internazionale

Fonte: Ciro Maddaloni
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