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Commissione Europea: quando la follia non ha limiti

15-02-2023 22:00 - Opinioni
GD - Bruxelles, 15 feb. 23 - Come ogni mese, la Commissione Europea ha pubblicato le procedure di infrazione emesse a carico dei vari paesi membri.
Nel comunicato del 15 febbraio (February infringements package: key decisions) il nostro Paese, come sempre, è citato in molte delle voci che sono state riportate dalla Commissione come “infrazioni” delle politiche comunitarie: (1) per la contaminazione dell'acqua dai nitrati utilizzati in agricoltura, la Commissione ha richiamato l'Italia a proteggere meglio la popolazione e gli ecosistemi dall'inquinamento; (2) per la protezione degli informatori dei reati contro la Pubblica Amministrazione, per la quale la Commissione ha deciso di deferire 8 Stati membri, tra cui l'Italia, alla Corte di Giustizia Europea; (3) per chiedere all'Italia di recepire correttamente la direttiva sulle revisioni contabili; (4) per un migliore coordinamento delle politiche di sicurezza sociale, per le quali la Commissione ha invitato l'Italia a rispettare le norme dell'Unione Europea.
Ma l'infrazione più bizzarra che è stata emessa nei confronti del nostro Paese è quella relativa alla “Mobilità del lavoro”. La Commissione invita l'Italia ad allineare la propria legislazione relativa al reddito di cittadinanza al diritto dell'Unione Europea.
La Commissione Europea motiva la sua decisione di avviare una procedura di infrazione (INFR(2022)4024) contro il nostro Paese, e pertanto viene inviata all'Italia una lettera di costituzione in mora, perché il regime italiano vigente in materia di reddito minimo non è in linea con il diritto dell'Unione Europea in materia di libera circolazione dei lavoratori, diritti dei cittadini residenti e protezione internazionale.
Questo perché una delle condizioni che sono state poste in essere dalla legislazione italiana per accedere al Reddito di Cittadinanza richiede che i cittadini, per poter beneficiare di tale forma di sussidio, debbano aver risieduto nel nostro Paese per 10 anni, di cui almeno due consecutivi, prima di poter presentare la domanda per richiedere il Reddito di Cittadinanza.
Questa clausola, secondo i funzionari della Commissione Europea, è contraria al Regolamento 2011/492 relativo ai servizi europei per l'impiego (EURES) e alla Direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
Pertanto, le prestazioni di assistenza sociale come il Reddito di Cittadinanza, secondo la Commissione Europea, dovrebbero essere pienamente accessibili ai cittadini dell'Unione Europea che sono lavoratori subordinati, autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente dalla loro storia di residenza.
Inoltre, sempre secondo le direttive europee dovrebbero poter beneficiare del sussidio tutti i cittadini comunitari che non lavorano per altri motivi, con la sola condizione che risiedono legalmente in Italia da più di tre mesi.
Infatti, la direttiva 2003/109/CE del Consiglio del 25 novembre 2003 relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, richiede che i soggiornanti di lungo periodo al di fuori dell'UE abbiano accesso a tale beneficio. Pertanto, il requisito della residenza di 10 anni si qualifica come discriminazione indiretta in quanto è più probabile che i cittadini non italiani non soddisfino questo criterio. Per questa ragione, il regime italiano di reddito minimo, discrimina direttamente i beneficiari di protezione internazionale, che non possono accedere al sussidio. Questo in violazione della direttiva 2011/95/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale.
Infine, il requisito della residenza, come previsto dalla legislazione italiana, potrebbe impedire agli italiani di trasferirsi per lavoro fuori dal Paese, in quanto non avrebbero diritto al reddito minimo al rientro in Italia.
L'Italia dispone adesso di due mesi per rispondere alle preoccupazioni sollevate dalla Commissione. In caso contrario, la Commissione può decidere di inviare un parere motivato.
Quindi smettiamola con le recriminazioni per i cittadini europei, per gli apolidi e per gli extracomunitari che percepiscono il RdC in Italia. La Commissione Europea dice che hanno diritto e basta!
A questo punto credo che non ci sia bisogno di fare ulteriori commenti ma chiamare la neuro e farla intervenire al più presto perché la situazione è grave. Serve subito un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio).
Ciro Maddaloni
Esperto di eGovernment internazionale


Fonte: Ciro Maddaloni
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