05 Maggio 2024
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Caso Zaki: riflessioni senza guinzaglio

21-07-2023 09:41 - Opinioni
GD - Roma, 21 lug. 23 - Il nostro Paese è da sempre in prima linea per la difesa dei diritti umani e si batte affinché vengano rispettati negli altri Paesi con i quali intratteniamo normali relazioni diplomatiche.
Questo accade non solo a tutela dei cittadini italiani che vengono discriminati all'estero, ma sostanzialmente anche per tutte quelle persone che non essendo italiane subiscono violazioni e tirannie da parte dei loro governi.
L'impegno del governo italiano nel caso del giovane egiziano Patrick Zaki è stato davvero molto importante ed ineccepibile dal punto di vista umanitario.
Consentitemi però alcune riflessioni che sono il frutto delle mie perplessità sulla intera vicenda, soprattutto comportamentale.
Patrick Zaki è nato e vissuto in Egitto dove ha fatto tutti gli studi, anche quelli universitari. Alle elezioni presidenziali del 2018 si è schierato attivamente dalla parte opposta all'attuale presidente Abdel Fattah al Sisi e questo sicuramente non gli sarà stato perdonato.
Nel 2019 Zaki è venuto in Italia per frequentare un master all'università di Bologna.
In occasione di un suo rientro in Egitto nel febbraio 2020 è stato poi arrestato con l'accusa di sovversione e diffusione di notizie false, di legami con la famiglia di Giulio Regeni.
Da quel momento è cominciato il suo calvario giudiziario, caratterizzato anche da violenze fisiche, durato 22 lunghi mesi.
In questo periodo i Governi italiani, anche su pressione dell'università di Bologna,
di Amnesty International e di altre associazioni umanitarie, hanno più volte tentato di intercedere per trovare una soluzione positiva a quella che è sempre stata considerata una persecuzione politica.
Lo scorso 18 luglio Patrick Zaki è stato condannato a tre anni di carcere e ciò avrebbe significato trascorrere in carcere altri 14 mesi.
Insomma, ogni speranza sembrava essere sfumata per Zaki, quando è arrivata la notizia della grazia concessa dal presidente Al-Sisi.
Ed insieme alla grazia è arrivata l'esultanza dei familiari, dei colleghi di Bologna, di quanti gli sono stati vicini e dello stesso Governo italiano.
Come era ovvio che accadesse, tutti ci siamo chiesti quale fosse la differenza tra il caso Zaki ed il caso della morte misteriosa del ricercatore friulano Giulio Regeni, che rimane ancora irrisolta.
Forse i Governi italiani non hanno fatto tutto il necessario per fare luce sull'intera vicenda?
I genitori di Giulio tacciono con grande sofferenza e dignità, ma sicuramente lo pensano.
Siccome il Governo italiano sta rivendicando il successo per il risultato ottenuto e parla di ottimi rapporti con il Governo egiziano, allora pretendiamo che presto si possa far luce in modo definitivo sulla vicenda Regeni.
E lo scrivo sinceramente con un moto di rabbia quando devo sentire in televisione la giusta esultanza di Patrick Zaki per la sua voglia di riabbracciare la "propria comunità italiana" dove, badate bene, ha vissuto soltanto pochi mesi. Esultanza espressa nella lingua inglese che non è proprio la lingua della comunità italiana a cui il giovane egiziano dice di appartenere.
Ma si sa ormai nel nostro Paese si vive nel tormento continuo di non dire cose fuori luogo, di non azzardare pensieri strani che ci facciano apparire razzisti al punto da fare, come è giusto che sia, l'impossibile per la tutela dei diritti umani degli stranieri rischiando, però, di dimenticarci dei diritti degli italiani e di alimentare un razzismo al contrario.

Franco Torchia
Analista geopolitico


Fonte: Franco Torchia
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