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Burkina Faso: nel Sahel vi è un'epidemia di colpi di Stato

18-02-2022 14:56 - Opinioni
GD – Roma, 18 feb. 22 - Dopo Mali, Guinea e l’inusuale situazione della successione in Ciad, è il Burkina Faso il terzo paese dell’Africa Occidentale a subire un colpo di Stato. Anche in questo caso la componente militare ha scavalcato ed affossato quella civile. Nella capitale, il 24 gennaio, in diretta televisiva un ufficiale dell’esercito ha letto il comunicato redatto dal colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, mostrando poi una lettera di dimissioni firmata dall’ormai ex-presidente Kaboré, arrestato e ancora non rilasciato nonostante le pressioni da parte di ECOWAS.
Dopo il diploma all’Accademia Militare di Parigi e un master in criminologia sempre conseguito in Francia, Damiba era stato promosso a responsabile della sicurezza nella regione della capitale proprio da Kaborè per mantenersi vicino l’esercito dopo alcuni tentativi di rovesciamento. Il 24 gennaio, dunque, lo scacchiere dell'Africa Occidentale si complica ulteriormente, travolto da quella che in molti stanno definendo una vera e propria “epidemia” di colpi di Stato. Quello in Burkina Faso, inoltre, segue lo stesso schema dei vicini Mali e Guinea anche nelle caratteristiche dei suoi leader golpisti: tutti uomini dell’esercito con un importante percorso di studi in Francia.
Il ritorno alla democrazia in Burkina Faso è durato poco più di sette anni, dopo che Blaise Compaoré fu deposto nel 2014. Durante questo periodo il Paese ha però visto l'emergenza di una lunga e continua ondata di violenza di matrice jihadista. Il 2021 è stato difatti uno degli anni più complessi in questo senso: più di 1.184 episodi di violenza che hanno portato alla morte di 2.141 persone, tre gravi attacchi terroristici tra giugno, novembre e dicembre. Oltre alle vittime, vi sono più di 1,5 milioni di persone sfollate. La complessa situazione legata alla difesa nazionale ha dunque formalmente spinto i militari a sollevare Kaborè, incoraggiati anche da ciò che sta succedendo in tutta la regione.
Il blocco di 15 paesi che forma l’ECOWAS ha ora sospeso il Burkina Faso, in attesa che la giunta fornisca delle risposte chiare sul futuro del paese: vale a dire una data delle prossime elezioni ed il rilascio dell’ex-presidente Kaborè. Il colpo di stato ha certamente messo in crisi anche l’immagine di un importante attore esterno dell’Africa Occidentale, vale a dire la Francia. Solo poche settimane fa l’ambasciatore francese in Mali ha ricevuto una nota di espulsione con un preavviso di 72 ore, e nei giorni scorsi nel paese migliaia di persone sono scese in piazza per una manifestazione antifrancese. 53 soldati francesi sono stati uccisi. La paura in questo caso è che anche il Burkina Faso possa cadere all’interno della stessa spirale. Il rischio che Damiba possa seguire le orme di Doumbouya in Guinea e Assmi Goita in Mali è certamente dietro l’angolo: entrambi, infatti, sono stati attirati dall’orbita russa, affidandosi all’agenzia militare privata Wagner per garantire formalmente la sicurezza interna.
Assieme a tutto ciò, la comunità internazionale e gli attori più direttamente coinvolti devono sicuramente cominciare a dare delle risposte più chiare, o perlomeno attuare una strategia coordinata che cerchi di essere il più possibile coerente e netta, non limitandosi alle solite esternazioni di preoccupazione. Le sanzioni annunciate da ECOWAS nel 2020 contro l’insediamento dei golpisti in Mali sono state imposte più di un anno e mezzo dopo. La giunta del Ciad presieduta da Deby è chiaramente incostituzionale da ormai quasi un anno e in questo senso la pressione internazionale si è fermata a forti ma comunque inefficaci dichiarazioni.
Potenze internazionali, Parigi e Washington su tutte, hanno più volte tentato di dialogare con le giunte golpiste, richiedendo sì elezioni il prima possibile, ma allo stesso tempo discutendo sempre di counter-terrorism e misure finalizzate al controllo della sicurezza nel territorio nazionale, aspetto che viene ancora meno dopo il recente annuncio del ritiro francese dal Mali. Dopotutto, anche in Burkina Faso si è verificato lo stesso paradosso: la debolezza dell’esercito è diventata la causa che spinge i militari a prendere il potere. Parallelamente, anche Russia, Cina, Turchia e altri attori significativi stanno provando a ritagliarsi un ruolo nella regione, mostrando maggiore condiscendenza e supporto a questi gruppi. Lasciare il campo all’ingresso di attori esterni o peggio ancora, rischiare che diventi un’area sempre più fertile per i gruppi terroristici non è un’opzione per i Paesi occidentali.

Giulio Ciofini
Mondo Internazionale

Fonte: Giulio Ciofini
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