05 Maggio 2024
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Bosnia E.: amb. Di Ruzza ricorda i tre giornalisti uccisi a Mostar

01-02-2024 12:56 - Ambasciate
GD - Mostar, 1 feb. 24 - A 30 anni dalla morte in Bosnia Erzegovina, nella città di Mostar, dei tre giornalisti della sede RAI del Friuli Venezia Giulia, su iniziativa dell'Ambasciata d'Italia in Sarajevo, si è svolto a Mostar un evento per onorare la memoria di Marco Luchetta, Dario D'Angelo e Alessandro Saša Ota, uccisi il 28 gennaio 1994 durante il conflitto in Bosnia-Erzegovina. Come ogni anno, la ricorrenza è stata organizzata in collaborazione con le autorità della Città di Mostar.
Mentre erano intenti a realizzare un reportage per documentare le sofferenze dei bambini vittime della guerra nella ex Jugoslavia, i tre connazionali si trovarono in mezzo ad un conflitto d'artiglieria in una Mostar Est stretta d'assedio e vennero raggiunti da un colpo di mortaio che non diede loro scampo. Il bambino che si trovava al momento con loro, Zlatko Omanovic, pur colpito da alcune schegge, rimase invece illeso, trovando un provvidenziale scudo proprio nel corpo dei tre cronisti. Il piccolo Zlatko sarebbe stato poi il primo bambino assistito dalla Fondazione Luchetta-Ota-D'Angelo-Hrovatin, che opera tuttora a Trieste promuovendo iniziative sociali ed umanitarie, specie a favore di bambini e bambine vittime di conflitti.
La troupe della RAI era entrata a Mostar est, la parte musulmana della città, con un convoglio umanitario scortato dalla Missione ONU, dopo che era stato annunciato un cessate il fuoco, che, come spesso accadde durante quel conflitto, venne presto violato. Pochi mesi prima, nel novembre 1993, la guerra aveva impietosamente distrutto il Ponte Vecchio di Mostar, storico e suggestivo simbolo cittadino.
La sobria e toccante cerimonia, tenutasi proprio nello spiazzo ove la granata ha ucciso gli inviati RAI, è stata presieduta dall'ambasciatore d'Italia, Marco Di Ruzza, alla presenza del sindaco di Mostar, Mario Kordic. Presenti alcuni familiari delle vittime giunti dall'Italia, tra i quali Daniela Schifani Corfini, vedova di Luchetta nonché Presidente della Fondazione, il figlio Andrea, giornalista di guerra della RAI, e Milenka Ota, vedova di Alessandro Saša Ota.
Prima della commemorazione il gruppo dei familiari, accompagnato dall'ambasciatore, è stato ricevuto dal sindaco, che ha espresso loro il cordoglio e la vicinanza della città. Alla celebrazione hanno altresì partecipato esponenti della comunità internazionale (UE, OSCE e UNDP), il Console onorario italiano a Mostar, organizzazioni della società civile, alcune provenienti dall'Italia, mezzi di informazione e numerosi cittadini.
Varie corone floreali sono state poste ai piedi della targa che rievoca la memoria dei cronisti RAI. Nel suo intervento, l'ambasciatore italiano ha ricordato i tre operatori dell'informazione come esempio fulgido di un giornalismo libero, coraggioso e tenace, il cui obiettivo era documentare gli orrori di quell'assurda guerra fratricida e le drammatiche conseguenze che essa provocava alla gente comune, senza differenziazioni politiche, etniche o religiose. Un lavoro, dunque, nel quale la dedizione professionale e l'impegno civile andavano di pari passo.
"Il ricordo di Luchetta, D'Angelo ed Ota", ha affermato Di Ruzza, "sia motivo ispiratore per tutti coloro che si impegnano per portare avanti concreti processi di riconciliazione e pacificazione in Bosnia-Erzegovina. È fondamentale che il Paese possa stabilmente evolvere in una moderna società cosmopolita e pluriculturale, lasciandosi alle spalle la stagione degli odi etnici, per guardare con fiducia alla sua prospettiva europea, ora che la Bosnia-Erzegovina gode ufficialmente dello status di candidato all'adesione all'UE“.
A tale proposito, l'amb. Di Ruzza ha ribadito il convinto sostegno italiano alle aspirazioni europee della Bosnia-Erzegovina e dell'intera regione balcanica. Con l'occasione sono stati anche ricordati gli storici legami di amicizia che legano gli italiani alla Città di Mostar. Significativamente, l'Italia è stato il primo Paese donatore nell'azione di solidarietà internazionale che ha permesso la riedificazione del Ponte Vecchio, riaperto il 22 luglio 2004, e oggi emblema della ripristinata collaborazione cittadina tra le comunità cristiane e musulmane.
Emozionante ed incisivo il messaggio che Andrea Luchetta, figlio di Marco Luchetta e giornalista della RAI, ha letto a nome della famiglia: "Mostar per me e mia sorella è nostro padre. Mostar è l'empatia che ci ha insegnato a provare. Mostar sono gli uomini che hanno rifiutato di uccidere e i cittadini che hanno nascosto i perseguitati. Mostar è chi crede in una comune radice umana“.
A conclusione della cerimonia, l'ambasciatore insieme alla delegazione giunta dall'Italia ha visitato alcune associazioni di volontariato che operano nel territorio a favore di persone con disagio sociale, donne vittime di violenza e bambini con disabilità e le cui attività sono sostenute da ONG italiane.
Uno speciale di “Rai Est Ovest”, dal titolo “Mostar 1994-2024”, andato in onda il 28 gennaio, ripercorre le tappe del conflitto nei Balcani e ricorda l'impegno dell'Italia nel fornire supporto alla stessa città di Mostar e alla Bosnia Erzegovina in generale.
Intervistato nel corso del servizio, l'ambasciatore d'Italia a Sarajevo, Marco Di Ruzza, ha dichiarato che il sostegno dell'Italia si concretizza attraverso “una diplomazia aperta ed inclusiva che dialoga con tutte le componenti di questo paese, nel quale gli equilibri etno-religiosi sono estremamente complessi. Lo facciamo anche con una crescente presenza alla missione di stabilizzazione EUFOR e soprattutto avvalendoci di due grandi punti di forza: uno è la diplomazia culturale, l'altro la società civile”. Infatti, ha precisato l'Ambasciatore, “gli organismi della società civile non hanno mai smesso di lavorare in Bosnia Erzegovina; operano sovente come enti attuatori di progetti della Cooperazione allo sviluppo italiana, un'azione fondamentale perché parte dal basso, collega persone, collettività. Soprattutto parlano ai giovani per costruire una società più aperta e multiculturale, proiettata verso un futuro europeo e lontana dagli odi etnici che hanno insanguinato questo territorio”.
Il servizio racconta di una Mostar ancora ferita e solo parzialmente ricostruita. La città può però contare su finanziamenti della comunità internazionale e in particolare dell'Italia, che ha investito molto nella sua ricostruzione, primo donatore alla riedificazione del Ponte Vecchio.
In ricordo dei tre giornalisti uccisi a Mostar è nata una Fondazione – che ha poi aggiunto ai tre anche il nome di Milan Hrovatin, l'operatore Rai ucciso in Somalia insieme a Ilaria Alpi – dedicata all'accoglienza e la cura di bambini con malattie rare.


Fonte: Ministero degli Esteri
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