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Battesimo di Giorgia Meloni a Casa Bianca spiegato da amb. Castellaneta

23-07-2023 19:37 - Opinioni
GD - Roma, 23 lug. 23 - (Formiche.Net) -
Ecco perché la premier, in un’Europa vista dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, può essere considerata dal deep state washingtoniano come nuovo punto di riferimento a livello regionale. Il commento di Giovanni Castellaneta, già consigliere diplomatico a Palazzo Chigi e ambasciatore negli Stati Uniti.

Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, tra pochi giorni (giovedì 27 luglio) sarà a Washington, dopo essere stata invitata ufficialmente da Joe Biden, incontrando un presidente che sembra in grado di vincere la scommessa di rimanere l'inquilino della Casa Bianca ancora per qualche anno.
Da quando è diventata presidente del Consiglio, ci è voluto quasi un anno per “staccare il biglietto” per gli Stati Uniti; ma si può dire che il momento è quanto mai opportuno, ed è stato bene non forzare la mano, con il governo italiano che per una serie di circostanze potrebbe ora meglio approfittare di una fase favorevole guadagnando visibilità e rilevanza internazionale. Vediamo come e perché.
Meloni atterrerà a Washington DC accompagnata da una squadra di diplomatici di grande capacità ed esperienza maturata negli anni scorsi con incarichi di rilievo proprio tra Washington e New York e rafforzata dagli ultimi incontri internazionali in cui l'Italia è riuscita a giocare un ruolo importante. In questo periodo è riuscita ad emergere a livello europeo come leader di uno dei pochi governi stabili: Emmanuel Macron e Olaf Scholz hanno le loro “gatte da pelare” in Francia e Germania, mentre in Spagna all'indomani delle elezioni si cercherà un nuovo equilibrio, probabilmente sotto la guida di un governo conservatore guidato dal Partido Popular proprio nel momento in cui Madrid ha assunto il semestre di presidenza del Consiglio dell'Unione Europea.
Ecco perché Meloni, in un'Europa vista dall'altra parte dell'Oceano Atlantico, può essere essere considerata dal deep state washingtoniano come nuovo punto di riferimento a livello regionale. E sicuramente questo è uno dei motivi per cui Biden, da consumato politico qual è, al di là delle facili ironie sullo “Sleepy Joe”, dimostrando pragmatismo, ha già dimenticato le vecchie simpatie della presidente del Consiglio per la destra trumpiana (con la sua partecipazione alla convention del Partito repubblicano nel 2019) e che pure ancora emergono ogni tanto nel suo partito con qualche improvvida iniziativa, e la vede come leader di di sicuro affidamento nei prossimi anni, in un'Europa che si avvia ad avere un vuoto di leadership dopo la fine del tandem franco-tedesco, l'uscita del Regno Unito e l'emersione all'Est di un gruppo di Paesi capeggiati dalla Polonia refrattari a ogni tipo di convergenza europea nei settori della politica estera e della difesa.
Il ruolo dell'Italia a livello internazionale si è intanto rafforzato con la nuova compagine governativa uscita dalle ultime elezioni grazie alle sue componenti di tradizionale e più recente atlantismo, sui vari scacchieri che interessano gli Stati Uniti: dall'Europa orientale con la guerra in Ucraina, dove il nostro governo non è indietreggiato di un passo nel confermare il proprio sostegno a Kyiv, fino ai Balcani, che guardano con crescente interesse all'Unione europea sperando di accedere rapidamente e per questo contano sulla sponda italiana, respingendo per ora le lusinghe di altri Paesi al lavoro per stabilire forme di influenza antagoniste all'Unione europea, fino al Mediterraneo dove Roma sta cercando di assumere un ruolo di guida in Tunisia come in Libia. Nel colloquio allo Studio Ovale, Meloni avrà occasione per illustrare a Biden le linee guida del Piano Mattei per l'Africa, spiegando come si potrebbe creare un legame virtuoso tra le due sponde del Mediterraneo vantaggioso per entrambi. Nelle intenzioni del Governo (contando anche sull'azione fondamentale dell'Eni), l'Africa potrà aiutare l'Europa a ottenere la sicurezza energetica intraprendendo in cambio un percorso di sviluppo economico e sociale che possa al contempo portare a una normalizzazione dei flussi migratori. A tal proposito, è felice la coincidenza tra la missione di Meloni negli Stati Uniti e la Conferenza internazionale sulla migrazione in corso a Roma.
Oggetto della discussione non saranno solo le questioni europee e regionali, ma anche quelle extra-Ue e multilaterali. Innanzitutto, Meloni potrà discutere con Biden dell'agenda del G7 per l'anno prossimo, dato che la presidenza di turno sarà coperta dall'Italia e sarà dunque un'occasione importante per il nostro Paese per orientare le priorità dei governi occidentali su questioni per noi cruciali come migrazioni e sicurezza energetica. Meloni ha dimostrato attenzione anche per la regione Indo-Pacifica, che sarò sempre più cruciale a livello geopolitico ed economico. A questo riguardo, tuttavia, la premier dovrà gestire con cura una “patata bollente” ereditata dal governo Conte I e legata al rinnovo del memorandum d'intesa che lega l'Italia alla Cina attraverso la partecipazione nella Nuova Via della Seta, in scadenza a fine anno. Gli americani si aspettano una rettifica della deriva “filo-cinese” presa in quegli anni: a differenza di Paesi che, pur non avendo aderito alla Nuova Via della Seta, hanno rafforzato le proprie relazioni economiche con la Cina con investimenti miliardari (vedi Francia e Germania), l'Italia ha ottenuto ben pochi risultati concreti. Occorrerà trovare un equilibrio non semplice tra la lealtà da dimostrare a Washington e la necessità di mantenere buoni rapporti con Pechino.

Amb. Giovanni Castellaneta
Già diplomatico italiano negli USA


Fonte: Giovanni Castellaneta per Formiche.Net
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