05 Maggio 2024
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Ambasciate: Fedae–Ceuq, giudice accoglie ricorso dipendente ambasciata USA contro licenziamento

06-06-2022 17:22 - Ambasciate
GD – Roma, 6 giu. 22 – Il dipendente dell’ambasciata degli USA in Italia ha visto accolta la sua impugnazione contro il licenziamento. Con ordinanza del 17 Maggio scorso, il Giudice del Lavoro, Giuseppe Giordano, del Tribunale di Roma, ha infatti accolto il ricorso proposto da un dipendente italiano dell’ambasciata americana avverso il licenziamento per presunto superamento del periodo di comporto. Lo rende noto la federazione sindacale Fedae–Ceuq, impegnata nella difesa anche legale dei dipendenti delle ambasciate straniere attive in Italia.
Con il ricorso patrocinato dall’avv. Angelo Calandrini, responsabile dell’ufficio legale della Fedae – Ceuq, e dell’avv. Giovanni Casamento, il dipendente ha lamentato la nullità del licenziamento intimato rilevando l’erroneità del computo del termine da parte del datore di lavoro, l’ambasciata USA a Roma, relativo al periodo di comporto per malattia del lavoratore ma anche altri profili di illegittimità del suddetto licenziamento.
Al riguardo i legali del lavoratore hanno rilevato come l’ambasciata americana non soltanto avesse illegittimamente disapplicato l’art. 18 capo A della Disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle Ambasciate, Consolati e Rappresentanze diplomatiche che prevede un più lungo periodo di comporto per malattia di 18 mesi, applicando erroneamente il termine di 180 giorni, ma avesse altresì violato le prescrizioni imposte dalla Commissione Medica di Verifica dopo aver sottoposto il lavoratore a visita collegiale di controllo.
Secondo la stessa fonte sindacale, l’ambasciata americana, infatti, pur sapendo che la Commissione Medica aveva disposto che il lavoratore, affetto da una grave forma di maculopatia, non dovesse essere impiegato in attività che comportassero l’utilizzo di video terminali, aveva continuato a pretendere lo svolgimento della medesima mansione in questione aggravando così la già fragile situazione di salute del lavoratore.
Il ricorrente era addetto all’Ufficio Acquisti, mansione che veniva svolta mediante applicazione continua del lavoratore al video terminale, senza alcuna limitazione oraria e senza la possibilità di usufruire di pause ed intervalli. Attività che la Commissione Medica di Verifica aveva censurato e limitato disponendo testualmente «…l’esclusione di qualsiasi attività che comportasse l’utilizzo di video terminali, se non in via occasionale».
Nonostante il lavoratore avesse ripetutamente denunciato la sua situazione di salute al datore di lavoro, quest’ultimo anziché approntare le più adeguate misure a salvaguardia e a protezione della salute del dipendente in questione, lo licenziava.
Nel corso del giudizio il Giudice ha audito il ricorrente, mentre l’ambasciata americana non si è costituita in giudizio.
I legali del ricorrente hanno quindi rilevato come la condotta del datore di lavoro, che ignorando le prescrizioni imposte dalle Autorità sanitarie italiane (la Commissione Medica collegiale dell’Asl competente) aveva continuato ad impiegare il lavoratore ai video terminali per tutto il tempo della prestazione lavorativa, avesse di per sé causato, o quanto meno aggravato, la grave patologia (maculopatia) da cui il lavoratore era affetto determinando così un grave danno biologico alla salute del lavoratore e la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro per responsabilità che certamente non potevano imputarsi al lavoratore ma allo stesso datore di lavoro.
Il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma, in accoglimento integrale dei motivi di ricorso proposti, visto l’art. 1, comma 48, della l. 92/12, ha dichiarato il licenziamento impugnato illegittimo e, per l’effetto, condannato l’ambasciata degli Stati Uniti d’America al pagamento, in favore del ricorrente, dell’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto in misura pari a 12 mensilità, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per lo stesso periodo, ai sensi dell’art. 18, comma 4, nonché al pagamento dell’indennità sostitutiva prevista dall’art. 18, comma 3, pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori come per legge e alle spese processuali.
La Fedae – Ceuq è da anni al fianco degli oltre 4 mila dipendenti delle ambasciate, consolati, legazioni, istituti culturali ed organismi internazionali in Italia per assicurare e garantire la tutela dei diritti civili e fiscali dei lavoratori.

Fonte: Fedae–Ceuq
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