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Amb. Zazo: “Ucraina dipende totalmente da estero, per questo l'aiutiamo”

11-07-2023 16:08 - Ambasciate
Amb. Pier Francesco Zazo Amb. Pier Francesco Zazo
GD - Kyïv, 11 lug. 23 - L'ambasciatore d'Italia in Ucraina, Pier Francesco Zazo, ha avuto una conversazione con “Limes”, la rivista italiana di geopolitica, a cura di Lucio Caracciolo e Giuseppe De Ruvo, pubblicata sul numero “Lezioni ucraine”
LIMES: Da quanto tempo è in Ucraina?
- Amb. Zazo: «Sono arrivato nel gennaio 2021, ma avevo già lavorato in Ucraina circa vent’anni fa. Sono stato anche quattro anni e mezzo in Russia, e queste esperienze mi hanno aiutato a comprendere quel che è avvenuto nell’ultimo anno. Il fatto che io parli russo, essendo tuttora la lingua veicolare dei paesi dell’ex Urss è stato sicuramente un ulteriore vantaggio. Tra il 1999 e il 2002 ho conosciuto l’Ucraina di Kuoma, che era all’epoca un Paese completamente spaccato in due, un territorio di faglia come ben decritto da Huntington nel suo classico 'Lo scontro delle civiltà'. La parte occidentale, passata per il dominio austro-ungarico, polacco e lituano, aveva un tono sostanzialmente europeo, mentre le zone orientali del Paese erano essenzialmente filorusse. Il fiume Dnepr segnava una vera e propria barriera culturale, che divideva il Paese in due. Successivamente ho lavorato a Mosca, ma continuavo a seguire le vicende dell’Ucraina, anche perché è il Paese originario di mia moglie. Quando sono tornato a Kyïv nel 2021 ho trovato un Paese completamente diverso. In questi vent’anni si è fortemente rafforzato il sentimento d’identità nazionale. È stata la prima cosa che ho notato. Certo, nel 2014 c’è stata la rivoluzione di Majdan, ma il sentimento patriottico si era già gradualmente rafforzato durante questi trenta anni di indipendenza ed esisteva già da prima del 24 febbraio 2022. Inoltre guardavo spesso i programmi televisivi russi e la loro assordante campagna di disinformazione notando al riguardo come la descrizione che davano dell’Ucraina non corrispondesse a ciò che percepivo nella mia vita quotidiana. Ad esempio, i programmi russi sostenevano che la popolazione ucraina fosse russofoba. Eppure, sia a Kyïv sia visitando Kharkiv e Odessa, ho notato come in quelle zone la popolazione e i governatori parlassero in russo senza particolari problemi. Certo, stavano iniziando a utilizzare l’ucraino in misura maggiore, il Paese stava andando verso una sorta di bilinguismo. Ciononostante, lo sviluppo dell’identità nazionale era tangibile. Sono stato a Kharkiv e a Odessa poco prima dell’invasione e ovviamente ho chiesto cosa si aspettassero e come avrebbero reagito. La risposta è stata: «Ci difenderemo qualora attaccati». Vent’anni fa la risposta non sarebbe stata questa. C’è stato anche un cambio generazionale, ovviamente. Un’altra accusa infondata mossa dai mezzi di informazione russi è che l’Ucraina sia un Paese governato da nazisti nonostante alle ultime elezioni politiche i partiti di estrema destra avessero ottenuto meno del 2 % dei voti. Mi aveva colpito questo tentativo di falsare la realtà equiparando automaticamente il nazionalismo ucraino al nazismo, per poi così poter giustificare la necessità di dover procedere alla russificazione del Paese e cancellare la memoria nazionale ucraina».
«Oggi, i nostalgici dell’Unione Sovietica sono soprattutto gli anziani. Se guardiamo i risultati delle elezioni del 2019, vediamo che i russofili hanno preso circa il 9%. I giovani non hanno alcuna nostalgia dell’Urss. Il processo di desovietizzazione è stato molto rapido: vent’anni fa le strade a Kyïv avevano nomi russi, oggi hanno tutte nomi ucraini. Ovviamente, dal 2014 in poi il processo di desovietizzazione ha conosciuto un’accelerazione. L’Ucraina ha scoperto il pluralismo politico e ha vis- suto due rivoluzioni, quella «colorata» del 2004 e quella di Majdan. Inoltre, l’entrata in vigore dell’accordo di associazione e libero scambio tra Kiev e Bruxelles (2017) con la liberalizzazione dei visti è stato a mio avviso molto importante, insieme an- che alla nascita della Chiesa ortodossa autocefala d’Ucraina (2018). Con il colpo di mano in Crimea e l’apertura delle ostilità in Donbas Mosca ha definitivamente perso il cuore degli ucraini».
LIMES: Si immaginava l’invasione? Come ha vissuto i giorni immediatamente precedenti?
- Amb. Zazo: «Gli ucraini hanno sperato fino all’ultimo che la Russia non invadesse. I giovani non volevano nemmeno pensarci. Alla fine i russi erano il «popolo fratello». Certo, il timore cresceva, ma la maggioranza degli ucraini credeva che un’eventuale aggressione russa si sarebbe limitata al Donbas, al massimo a Odessa. I Five Eyes, in particolare Stati Uniti e Regno Unito, ci avevano avvertito di quello che sarebbe avvenuto. Anche noi europei abbiamo sperato fino all’ultimo di evitare l’invasione. Tuttavia eravamo molto preoccupati e, in particolare, speravamo che la guerra non arrivasse a Kyïv. Personalmente avevo delle brutte sensazioni, dovute ai messaggi di odio veicolati dalla tv russa – che parla alla pancia del Paese – e, soprattutto, al discorso che Putin aveva tenuto nel luglio del 2021, e che ha ripetuto sostanzialmente identico prima dell’invasione. Quel discorso verrà studiato dagli storici. Sentire Putin dire che l’Ucraina non esiste come Stato e che russi, bielorussi e ucraini sono un unico popolo è stato per me un campanello d’allarme».
LIMES: Molti suoi colleghi, in particolare gli inglesi e gli americani, avevano infatti riparato su Leopoli. C’era l’idea di mettere in campo una sorta di governo in esilio qualora Mosca fosse arrivata a Kyïv?
- Amb. Zazo: «Gli ucraini non sono stati molto contenti del fatto che le ambasciate britanniche e statunitensi si siano spostate a Leopoli. Abbiamo avuto diversi incontri con Zelens’kyj e Kuleba, che hanno invece lodato l’atteggiamento estremamente moderato ed equilibrato dei Paesi dell’UE. Effettivamente gli americani e gli inglesi erano abbastanza convinti che l’Ucraina non avrebbe retto l’urto dell’invasione. Tuttavia pensavano che la Russia non sarebbe riuscita a mantenere il controllo del Paese. Speravano, in particolare attraverso la guerriglia urbana, di trasformare l’Ucraina in una sorta di Afghanistan. Di certo nessuno si aspettava la straordinaria tenacia dimostrata dal popolo ucraino».
LIMES: Perché Putin si aspettava di essere accolto come un liberatore?
- Amb. Zazo: «È il problema delle dittature. Putin è circondato da cortigiani che non sono in grado di contestare le sue decisioni e, quindi, si è sentito dire quel che voleva sentirsi dire. C’è stato anche un gravissimo errore di interpretazione dei servizi russi e degli apparati. Guardando la tv russa, ho avuto infatti la sensazione che Mosca sia rimasta vittima della sua stessa sistematica campagna di disinformazione. Putin era sinceramente persuaso che gli abitanti russofoni dell’Ucraina orientale e meridionale avrebbero accolto benevolmente i russi. Il presidente russo legge soprattutto i rapporti dei servizi e non usa il cellulare: non ha tante fonti d’informazione. L’errore è stato illudersi che i russofoni fossero russofili. Come ho detto all’inizio, in questi venti anni l’Ucraina è cambiata e si è sviluppato un forte sentimento d’identità nazionale, anche tra coloro che parlano russo. Putin disprezza a tal punto gli ucraini da non aver minimamente immaginato che essi potessero maturare una propria identità nazionale. Ragiona ancora in termini di sfere d’influenza. Per lui è inconcepibile che un popolo voglia autodeterminarsi. Inoltre, i russi hanno da sempre un atteggiamento paternalistico verso gli ucraini, che non a caso sono definiti «piccoli russi». Questo fatto mi ha sempre molto colpito. L’Ucraina, in fin dei conti, era la seconda repubblica più importante dell’Unione Sovietica. Era il cuore dell’apparato militare, industriale, spaziale e agricolo. Questo atteggia- mento di benevolo paternalismo ha portato la Russia a sottovalutare gli ucraini e a sopravvalutare sé stessa».
«È un modo di ragionare tipicamente moscovita: nella capitale russa si respira ancora un’aria imperiale. Inoltre, bisogna sottolineare che la classe dirigente russa è particolarmente anziana. La gerontocrazia ha impedito alla Russia di comprendere che l’Ucraina è cambiata. Pensano di essere ancora ai tempi dell’Urss. È una cosa che Zelens’kyj ci ha detto spesso. Lui essendo russofono è stato eletto con la promessa di migliorare i rapporti con la Russia e, nel suo primo anno di governo, ci ha effettivamente provato, tentando di instaurare un rapporto paritario con Putin. Il presidente russo non l’ha mai permesso. L’ha sempre guardato dall’alto verso il basso, quasi con disprezzo. Per la nomenklatura russa era semplicemente inconcepibile impostare un rapporto paritario con un presidente che, fino a qualche anno prima, faceva il comico».
LIMES: Quando ha avuto l’impressione che gli ucraini sarebbero riusciti quantomeno a contenere l’invasione russa?
- Amb. Zazo: «Ricorderete come, nei giorni precedenti alla guerra, gran parte della popolazione delle città ucraine passasse le giornate a produrre bombe Molotov mostrando una feroce motivazione a difendere la propria libertà. In quel momento ho pensato che anche se i russi fossero entrati a Majdan non sarebbero riusciti a governare il Paese. Inoltre, da un punto di vista quantitativo, 150 mila uomini non potevano essere sufficienti per mantenere il controllo sull’Ucraina. I russi hanno tremendamente sottovalutato Kyïv. Dirlo col senno di poi è semplice, ma il piano russo era destinato al fallimento. Basta pensare che oggi i russi impegnano, nei vari fronti, più del doppio dei soldati che erano entrati in Ucraina il 24 febbraio, ma continuano ad avere serie difficoltà. Sono passati quindici mesi: l’attacco a Kyïv è fallito, quello su Kharkiv anche. Gli ucraini hanno ripreso Kherson, hanno riconquistato la regione di Kharkiv e i russi non sono riusciti neanche a privare l’Ucraina dell’accesso al Mar Nero. Anche l’arma energetica è ormai spuntata. Non sono nemmeno riusciti a imporre un black out totale sull’Ucraina. Noi ci eravamo organizzati con i generatori, proprio perché pensavamo che la Russia avrebbe potuto far saltare l’elettricità in tutto il Paese, così da far scappare all’estero milioni di persone provocando un nuovo esodo, che non c’è stato. Anche i sistemi di difesa aerea forniti dai Paesi occidentali stanno funzionando meglio. Insomma, per la Russia è stato un disastro completo sul piano militare».
LIMES: Quali sono le condizioni dell’Ucraina dal punto di vista interno? Che danni ha subìto e come può essere ricostruita in tempi brevi?
- Amb. Zazo: «Se le operazioni militari non hanno avuto successo, bisogna dire che la Russia è riuscita invece a distruggere l’economia ucraina, che dipende ormai interamente dagli aiuti internazionali, siano questi provenienti dagli americani, dagli istituti finanziari internazionali o dalla stessa Unione Europea, che contribuisce con 18 miliardi annui. Ci sono otto milioni di rifugiati all’estero e sei milioni di sfollati interni. Ciò insiste su una strutturale crisi demografica: prima della guerra l’Ucraina aveva circa 40 milioni di abitanti, oggi – anche se è difficile fare una stima – sono forse 30 milioni scarsi. Camminando per Kyïv, si vede chiaramente che sono rimasti soprattutto uomini. Di donne e bambini ce ne sono ancora pochi. Il Paese ha subito danni enormi, soprattutto a livello infrastrutturale. Tuttavia, mi ha molto colpito il fatto che la pubblica amministrazione non sia mai crollata, così come il sistema bancario, ferroviario e informatico. Anche nei giorni peggiori siamo riusciti ad avere un contatto continuo con il ministero degli Esteri ucraino. Magari non ci rispondevano subito, ma richiamavano. È innegabile però che il Paese – pur avendo indubbie potenzialità in particolare nei settori agroindustriale, minerario, energetico, metallurgico, militare, aerospaziale, nucleare e digitale, potendo inoltre contare sul vantaggio di una forza lavoro istruita – sia al momento in grande difficoltà. Per questo deve provare in ogni modo a entrare nell’Unione Europea».
LIMES: Data la situazione economicamente disastrosa, la guerra è sostenibile per Kiev? All’Ucraina conviene andarsi a riprendere il Donbas, dove sono rimasti quasi solo i filorussi?
- Amb. Zazo: «Il problema è che è venuta meno qualsiasi fiducia nei confronti dei russi. Gli ucraini credono che il congelamento del conflitto non possa avvenire poiché ritengono che il Cremlino rispetti solo il linguaggio della forza, non rispetti gli accordi e ricorra sistematicamente alla menzogna promuovendo narrazioni false. Putin è influenzato dalla visione fondamentalista e manichea del Russkj Mir, basata su un’asserita superiorità morale e spirituale nei confronti dell’Occidente, considerato materialista, corrotto e decadente e che nega soprattutto qualsiasi legittimità all’esistenza di uno Stato ucraino separato dalla madrepatria russa. Ciò sulla base dell’assioma per cui il mondo russo ha un centro politico (Mosca), un centro spirituale (Kyïv), una comune lingua russa e un’unica Chiesa ortodossa. Finché ci sarà Putin, che si sente investito del ruolo messianico di restituire alla Russia il rango di potenza imperiale, gli ucraini non si sentiranno sicuri. Certo, è del tutto evidente che Kyïv fa affidamento sugli aiuti finanziari e militari dell’Occidente. L’ultima visita di Zelens’kyj in Europa sembra essere andata anche piuttosto bene. Quella sul Donbas è una bella domanda. Bisogna tenere distinto ciò che gli ucraini dicono in pubblico da ciò che effettivamente pensano. Dopo Bucha e Mariupol, nell’opinione pubblica ucraina è subentrato un forte sentimento di odio verso i russi. Quindi è normale che Zelens’kyj parli di recupero integrale dei territori occupati dalla Russia con un ritorno alle frontiere del 2014».
LIMES: C’è la possibilità che dopo questa guerra l’Ucraina diventi una democrazia liberale di stampo occidentale?
- Amb. Zazo: «L’Ucraina è a metà strada. In questi trent’anni ha fatto senza dubbio dei grandi passi avanti. Agli ucraini va riconosciuto lo straordinario merito di apprezzare il pluralismo, la democrazia e la libertà e di combattere una guerra pagando un pe- sante tributo di sangue per la difesa di tali valori contro la grave minaccia rappresentata dalle autocrazie. Devono tuttavia continuare a proseguire sulla strada delle riforme e fare ulteriori progressi nel rafforzamento dello Stato di diritto e della lotta alla corruzione. Personalmente sono fiducioso, vedo nei giovani tanta voglia e forza di cambiamento. Stanno inoltre riemergendo le forze profonde della storia. L’Ucraina sta riscoprendo il passato cosacco con il suo spirito libertario e individualista. Il rafforzamento dello Stato di diritto, considerato la madre di tutte le riforme, non è certamente un passaggio facile e avverrà gradualmente. L’Ucraina ha i problemi tipici degli Stati dell’Europa orientale la cui storia, e non mi riferisco solo al passato sovietico, è sempre stata caratterizzata da un’assenza del sistema di contrappesi tra poteri, da una magistratura debole subordinata al potere esecutivo, tipica espressione dei regimi autoritari, con i servizi che hanno ancora un’eccessiva competenza in materia di indagini preliminari e attività ispettive in ambito economico. Da un punto di vista normativo andranno maggiormente allineati a quelli dei servizi occidentali. Il momento sembra favorevole poiché abbiamo notato un incoraggiante rafforzamento dell’influenza della società civile, insieme al forte ridimensionamento del potere degli oligarchi. Molti di questi sono scappati dall’estero, altri hanno subìto forti perdite a causa della guerra e dei loro forti legami con Mosca nei settori energetici e minerario. Gli ucraini hanno dunque una grande occasione. La Commissione Europea dovrà giudicare se l’Ucraina è in grado di avviare i negoziati di adesione entro la fine dell’anno. Ci sono sette raccomandazioni fatte dall’UE. Una riguarda proprio lo Stato di diritto. Devo dire che, nonostante la guerra, gli ucraini stanno continuando a fare un grande sforzo nell’attuazione delle riforme. È in corso una procedura di selezione e ricambio nella magistratura ispirantesi a criteri di meritocrazia e trasparenza ed è stato recentemente arrestato il presidente della Corte Suprema. Il fatto che il Governo stia inviando dei chiari messaggi volti a mostrare che non c’è impunità, anche ai livelli più elevati, è un segnale per noi positivo. Zelens’kyj non può fare diversamente con tutti gli aiuti che sta ricevendo. La vera sfida è rafforzare lo Stato di diritto, anche perché senza di esso non arriveranno gli investimenti stranieri necessari alla ricostruzione del Paese».
LIMES: Perché il governo di Kyïv promulga leggi che criminalizzano le opinioni difformi, come ad esempio quella sul «rafforzamento della responsabilità penale per la produzione e la distribuzione di prodotti informativi vietati», con pene di diversi anni di carcere?
- Amb. Zazo: «Bisogna tenere presente che partiamo da un contesto di guerra. Se parliamo di libertà di stampa, certamente la Russia è messa infinitamente peggio dell’Ucraina, anche se alle volte i servizi di Kyïv tendono a essere troppo zelanti nell’applicare la normativa sulla sicurezza nazionale. Ma parliamo pur sempre di un Paese in guerra alle prese con un aggressore, la Russia, che ha fatto proprio della disinformazione una delle sue armi preferite. Non siamo ancora ai livelli dei paesi dell’Europa occidentale, ma la nuova legge sui media è stata valutata favorevolmente dagli osservatori internazionali poiché è allineata con la normativa europea. Vi è dunque un miglioramento. Gli ucraini, ad esempio, hanno libero accesso a Internet. Per quanto riguarda la legge da lei citata, penso che vada monitorata soprattutto dopo che terminerà la guerra. Su un piano generale va evidenziato che l’opinione pubblica è oggi particolarmente polarizzata, compatta, molto nazionalista e antirussa. Rimango comunque fiducioso che l’Ucraina abbia imboccato la strada giusta, anche se andrà ovviamente prestata grande attenzione ai futuri progressi che verranno conseguiti dal Paese nel rafforzamento dello Stato di diritto».
LIMES: L’Ucraina entrerà nella NATO?
- Amb. Zazo: «Secondo Kyïv l’articolo 5 del Patto Atlantico rappresenta l’unico vero credibile deterrente nel lungo periodo. Gli ucraini sperano di ottenere una roadmap indicante le tappe di una futura adesione alla NATO. Hanno avuto la brutta esperienza del memorandum di Budapest e degli accordi di Minsk. Uno dei punti del piano di pace ucraino è che ci sia la garanzia della sicurezza dell’Ucraina grazie a paesi terzi. Di fatto, c’è già un rapporto di collaborazione molto stretto tra la NATO e Kyïv. Il tema è comunque divisivo tra gli Stati membri. È soprattutto prematuro da affrontare dato che l’Ucraina è in guerra. L’Ucraina si aspetta molto dal vertice NATO di Vilnius. Certamente più che una semplice conferma della politica della porta aperta nei suoi confronti da parte dell’Alleanza Atlantica e della promessa di un ulteriore rafforzamento del partenariato. Ma sarà difficile. Si è comunque riunita, nonostante il veto dell’Ungheria, la Commissione NATO-Ucraina, comunque un fatto rilevante. Inoltre è stato ulteriormente rafforzato il pacchetto di assistenza militare. Di certo dei futuri rapporti tra NATO e Ucraina si continuerà a parlare soprattutto a guerra finita. Gli ucraini pensano che a un certo punto saranno gli altri membri dell’Alleanza a volerli nella NATO. Del resto quello di Kyïv è l’unico esercito europeo in grado di padroneggiare l’uso di decine di sistemi d’arma sia occidentali sia sovietiche, oltre a essere l’unico ad aver combattuto una guerra su larga scala. Per quanto riguarda l’ingresso nell’UE, gli ucraini sono molto più fiduciosi. Sono molto grati all’Italia che, con il presidente Draghi e poi con il presidente Meloni, ha riconosciuto e perorato le aspirazioni europee dell’Ucraina, sviluppando una decisiva opera di convincimento verso Francia e soprattutto Germania nel riconoscimento a Kyïv dello status di paese candidato all’UE. Confidano pertanto che l’Italia possa svolgere un ruolo profilato nel facilitare un rapido avvio dei negoziati di adesione di Kyïv all’Unione Europea. Pensano di poter iniziare i negoziati di adesione, ma sono comunque consapevoli che essi avranno tempi lunghi e che non ci saranno alternative al prosieguo delle necessarie riforme strutturali. Hanno inoltre puntualizzato che non intendono «saltare la fila». Sanno che ci sono anche i paesi balcanici che sono in attesa da anni di poter avviare i negoziati di adesione all’UE».
LIMES: Che ne pensa dell’incursione di milizie filo-ucraine a Belgorod, in Russia? L’Ucraina cercherà di prendere dei pezzi di Federazione Russa a fini negoziali?
- Amb. Zazo: «Gli ucraini sono molto bravi a prendere di sorpresa i russi, ma credo che siano sostanzialmente mosse diversive. Non penso che abbiano alcuna intenzione di occupare parti di Russia. Per Kyïv la vittoria consiste nella liberazione dei territori occupati. Sanno perfettamente che gli armamenti che ricevono non devono essere usati per attaccare in territorio russo. Anche perché altrimenti smetterebbero di riceverli».


Fonte: LIMES
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