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A Natale Papa Francesco rivolge un pensiero agli Yazidi, chi sono?

27-12-2020 21:36 - Opinioni
Il Pavone adorato dagli yazidi. L’autrice dell’opera acconsente alla pubblicazione Il Pavone adorato dagli yazidi. L’autrice dell’opera acconsente alla pubblicazione
GD - Roma, 27 dic. 20 - Papa Francesco il giorno di Natale nel suo messaggio Urbi et Orbi in un passaggio ha detto: «Gesù Bambino porti conforto al popolo iracheno e a tutti coloro che sono impegnati nel cammino della riconciliazione, in particolare agli Yazidi, duramente colpiti dagli ultimi anni di guerra». Le parole del Pontefice richiamano l'attenzione sul dramma di questa minoranza religiosa che pratica il paganesimo in un Paese musulmano e abita prevalentemente nella provincia irachena di Sinjar, una città di medie dimensioni ai confini con la Siria.
In pochi avevano sentito parlare degli Yazidi (o Yezidi) prima del conferimento del premio Nobel per la pace a Nadia Murad nel 2018. Nadia è irachena, di religione yazida ed è stata per questo ceduta come schiava sessuale a vari mujaheddin, dopo che le truppe del Califfato entrarono nel 2014 a Kocho, il villaggio rurale dove abitava nell'Iraq settentrionale. La storia delle violenze subite e la fuga attraverso il Kurdistan iracheno per raggiungere un campo profughi e, poi, la Germania, dove attualmente vive, è raccontata nel libro autobiografico «L'ultima ragazza» (Mondadori, 2017).
I primi studi sullo yadizismo sono attribuiti in Italia a Giuseppe Furlani, assirologo e storico delle religioni, che ha guidato la spedizione di scavi in Mesopotamia nel 1933. Per le peculiarità di questa comunità abbiamo chiesto un approfondimento a Luigi De Salvia, presidente della sezione italiana di ‘Religions for Peace', che ha sede a Roma. Gli Yazidi si contraddistinguono per l'appartenenza religiosa e non etnica, essendo curdi, parlano il kurmanji, un dialetto curdo settentrionale, una lingua del ceppo iranico, diffusa nell'est della Turchia e in alcune zone della Siria, dell'Iraq e dell'Iran. In tale idioma viene trasmessa la religione che si presenta nei suoi fondamenti monoteista, sincretica ed esoterica.
Gli Yazidi credono in un Dio primordiale, che ha creato l'universo, e che si manifesta in Sette Grandi Angeli, il principale dei quali è Melek Ṭāʾūs, adorato come l'Angelo Pavone. Gli Yazidi non accettano convertiti, praticano il pellegrinaggio di sei giorni nel santuario a forma di trullo di Lalish, a nord di Mosul, le abluzioni sacre, l'interpretazione dei sogni e credono nella metempsicosi, cioè la trasmigrazione dell'anima da un corpo all'altro dopo la morte.
Per tutte queste motivazioni sono stati ritenuti nei secoli un setta di adoratori del Diavolo e sottoposti a persecuzioni. Per la comunità yazida siamo difronte ad una stigmatizzazione dell'alterità, ogni differenza in quanto diversità è pericolosa, perché mette in discussione il mito dell'omologazione identitaria rispetto alla religione dominante.
A marzo 2019, durante la ritirata verso l'ultima roccaforte del Califfato, a Baghouz in Siria, i combattenti hanno fatto trovare ai loro inseguitori due ceste con dentro cinquanta teste mozzate a ragazze yazide usate come schiave sessuali. Nadia Murad per i crimini contro il suo popolo ha chiesto l'istituzione di un Tribunale Penale Internazionale ah hoc.
Fortunatamente non tutte le storie finiscono nello stesso modo. Molti Yazidi si sono rifugiati nel Kurdistan iracheno ed in particolare a Erbil, dove abbiamo incontrato Manal che ammette di essere un'adoratrice dell'Angelo Pavone e rivendica la propria appartenenza. Manal è diversa da altre ragazze irachene, è lei che mantiene la famiglia lavorando per una compagnia internazionale. In precedenza faceva la cassiera in un supermercato, poi ha cominciato ad avere problemi per via del suo credo. Caduto il Califfato, i pregiudizi sono rimasti comunque verso questo popolo: il fratello ha dovuto lasciare la scuola, poiché i compagni lo emarginavano e lo picchiavano, ora rimane in casa come il padre che vive di lavori saltuari. Lei è felice, sa di essere fortunata per non essere stata tratta in schiavitù dai jihadisti, con il suo sorriso sincero e luminoso dichiara di voler emigrare, magari in Italia, perché “Too much problemes in Iraq”.

di Vincenzo Legrottaglie


Fonte: Vincenzo Legrottaglie
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